Cerca
Close this search box.

Stati di aggregazione in Sardegna
Tra formule storiche e crew contemporanee

Archivio EX Q, Balenanera, courtesy Leonardo Boscan

Parlare oggi di gruppi con lo stesso significato storico documentato dal dopoguerra è rischioso e limitante, inadatto a restituire la reale ricchezza e varietà di forme aggregative, aggregate, aggreganti, che hanno base in Sardegna. La ‘baumaniana’ società liquida non è un contenitore adatto alle forme concluse di gruppi accomunati da istanze variegate, ma legate e tese a una crescita sociale espressa da atti fondativi.

Studio 58, Gruppo A, Gruppo d’Iniziativa, Transazionale, Gruppo della Rosa, Plexus, hanno rappresentato l’espressione storicamente più efficace in Sardegna. Gli artisti, scelta la forma del gruppo, hanno espresso una volontà corale di cambiamento in una parabola prima anarchica, poi politica, infine metodologica, che ha esaurito il suo ciclo vitale con la caduta di valori utopici e aggreganti e la riaffermazione dell’azione solitaria e individuale della creazione.

Con gli anni Ottanta la volontà militante e politica, l’azione sociale, gli ideali utopici, la forma aggregante dei ‘gruppi’, conclusasi con il Centro Arti Visive, lasciava spazio alla ricerca individuale che confluiva in esposizioni pubbliche o presso importanti gallerie private come l’Arte Duchamp di Cagliari (inaugurata nel 1973) e la Chironi 88 di Nuoro (inaugurata nel 1966). Le ricerche sinestetiche e sperimentali, caratterizzate da nuove libertà espressive, sono state le premesse dei centri di ricerca tra gli anni Ottanta e Novanta, come i cagliaritani Spazio A, Foto 13, Stamperia l’Aquilone, Centro Man Ray e il movimento internazionale Plexus per giungere, nel XXI secolo, alla factory della Fondazione Bartoli Felter.

L’iperconnessione, il nomadismo, l’estrema fluidità di pensiero e di linguaggi hanno modificato la fenomenologia del gruppo e moltiplicato le possibilità di aggregazione temporanea, pronte a esaurirsi, date le premesse costitutive, nel tempo di una serie Netflix, lasciando poca letteratura e molte pagine social mai più aggiornate, residui di archeologia digitale da cui attingere per una futura ricostruzione storica.

Nel 2013, con il progetto Braccia, Alessandro Biggio ha messo in crisi il principio di autorialità e interpretato la crisi esistenziale dei nuovi collettivi, spingendo i limiti storici della loro definizione a un punto di disintegrazione fisica delle unità aristoteliche di tempo, azione e luogo.

In questa disamina non esaustiva, introduciamo l’argomento a cominciare dai ‘non gruppi’, ossia le crew di writers nate nella street art come forme neoaggreganti alle soglie del XXI secolo secondo modelli importati dalla sottocultura americana, fondata su principi affatto nuovi per l’arte (l’ingresso del graffito nell’Olimpo artistico è assai recente) e la cultura italiana o isolana, e per questo non assimilabile alla forma storica del gruppo, se si eccettuano i progetti partecipati di muralismo.

In effetti, le origini storiche non vanno confuse: il graffitismo è molto più recente rispetto al muralismo, che si vuole far nascere a San Sperate per volontà di Pinuccio Sciola, il quale a metà degli anni Settanta invitò il grande Siqueiros, tra i padri del muralismo messicano, ad abitare il ‘paese museo’, potenziando un progetto partecipato che ebbe lunga vita e grande rilevanza su tutta l’isola.

Dalle crew alcuni artisti fuoriescono portando a maturazione la ricerca tra graffiti e murales, questi ultimi visti come felice alternativa vernacolare, più per i centri storici dei borghi che per le periferie urbane. Le opere di Tellas, Crisa, Cirez, Skan, Casu, La fille Bertha, Manu Invisible e molti altri, popolanti strade, quartieri, città e paesi della Sardegna, sono spontanee, commissionate da associazioni di natura curatoriale, realizzate senza autorizzazione o finanziate da progetti sociali; spesso lanciano messaggi edificanti di crescita e rinascita, con differenti qualità e ricerche, saltando con disincantata accettazione dalle problematiche periferiche ai palazzi del potere.

La realtà di Urban Center nasce per intercettare queste energie e porsi come facilitatore tra l’azione spontanea della street art e il professionismo di categoria. Con la Galleria del Sale, risalente al 2014, assistiamo invece a un’attività programmata di azioni di street art con supporto curatoriale per la creazione di una vera e propria galleria d’arte contemporanea a cielo aperto.

Stimolare situazioni aggreganti è poi nella mission del collettivo di professionisti dell’arte, non necessariamente artisti, che con il progetto hOMe Network ha creato un punto di connessione virtuale tra artisti, artigiani, galleristi, manager e aziende da tutto il mondo. Un collettivo liquido che cambia connessioni in base alle necessità per sviluppare il progetto, promuoverlo e inserirlo nel mercato. Il network nasce in Sardegna ma prevede molti artisti nazionali e internazionali. Tutte le figure servono a potenziare le fasi di produzione, promozione e vendita. Dal punto di vista artistico il network eterogeneo prevede molti muralisti street artist, illustratori, incisori, fotografi, land artist, specializzati in nuove tecnologie. Per Daniele Gregorini e Paola Corrias, direttori artistici, il fundraising appare come condizione essenziale per lo sviluppo progettuale.

La sede fisica, Artaruga, oggi non esiste più, e questo contribuisce di fatto a creare un metacollettivo in bilico tra movimento in progress e società di servizi.

Zygmunt Bauman esprime il desiderio di comunità derivante dal senso di solitudine con cui l’uomo occidentale convive nella civiltà del consumo. Anche solo ‘abitare’ spazi comuni assume una valenza fortissima e incisiva nella pratica artistica, secondo i principi prossimi al tema del coworking.

Per anni nel mezzanino dell’ex liceo artistico di Cagliari convivevano gli studi di Veronica Paretta, Giulia Casula, Crisa, Cirez e Skan con il progetto Mezzopiano. Risolta dall’amministrazione comunale la questione dell’autogestione degli spazi con la chiusura dell’Ex Art per una ristrutturazione ‘strategica’ dell’edificio storico, il gruppo si sta ricostituendo a Pirri in un coworking che prevede l’ingresso anche di artigiani e designer. Il loro caso apre una riflessione sul rapporto tra artista, studio, comunità e necessità da parte delle amministrazioni pubbliche di favorire e sostenere l’apertura di studi condivisi per stimolare, come in tante città nel mondo, processi di rigenerazione e riqualificazione urbana.

Durante la loro attività, gli artisti hanno organizzato spesso delle aperture degli studi al pubblico per favorire la conoscenza della propria opera. Molto importanti anche i laboratori tenuti per gli studenti delle scuole, incentrati soprattutto sulle tecniche a stampa.

Quando nel lontano 1959, il gruppo Studio 58 rivendicava l’esigenza di portare l’arte contemporanea e il suo valore etico e dirompente nei piccoli borghi distanti dai centri di produzione culturale, preannunciava un’attitudine oggi sostenuta e incoraggiata dalle politiche comunitarie.

La nuova ruralità, che nella fase post-pandemica ha attivato e accelerato processi sempre più includenti, favoriti dalla iperconnettività, ha trovato nel collettivo sulcitano Giuseppefraugalleryuno dei suoi casi più significativi in campo artistico, formatosi quando questa pratica appariva ancora utopica e rischiosa.

La scelta di abitare spazi rurali è legata a una ricerca incline al senso civico e ai problemi di ecologia planetaria e disuguaglianza sociale, postcolonialismo e attivismo, una presenza spesso scomoda alla politica, ma essenziale per la crescita comunitaria, stimolata dalle pratiche relazionali sempre più protagoniste di azioni artistiche e forme laboratoriali.

Giuseppefraugallery nasce nel 2009 per volontà di Eleonora di Maino, Pino Giampà e Riccardo Oi. Da subito è chiara un’intenzione di radicamento territoriale.

Il collettivo ha sede nel villaggio minerario di Normann, tra Iglesias e Gonnesa, dove ha costituito un’associazione con i quaranta abitanti del luogo per prendersi cura dei siti appartenenti all’archeologia industriale territoriale.

Numerosi gli interventi artistici e ambientali realizzati in questi quasi quindici anni di attività: dopo i primi interventi con e nei presidi operai (Rockwool, Invisibili) e le azioni di attivismo politico e ambientalista, nel 2014, a Iglesias, il collettivo ha realizzato come opera d’arte pubblica una scuola civica d’arte contemporanea.

La scuola ha sede in un edificio del centro storico di Iglesias, ha un carattere permanente, non coincide con un’azione o intervento artistico specifico ma è sempre attiva all’interno della comunità e del territorio. Completamente gratuita, non riceve finanziamenti pubblici e produce una costante azione di radicamento e di mediazione attraverso percorsi di ricerca e formazione, residenze per artisti e curatori, incontri pubblici e progetti d’arte pubblica e sociale.

Uno di questi progetti è stato il progetto CIVICA (percorsi d’arte pubblica e partecipata al Civico Mercato di Iglesias) nato dalla sinergia tra il collettivo e il Consorzio Operatori del Civico Mercato (CO.CI.M).

Il progetto, per volontà del collettivo non totalmente sviluppato, ha previsto il recupero di tre facciate dell’edificio (con l’intervento di Stefano Boccalini Civica Terra in Civico Mercato e Palmira di Flavio Favelli) e tutto il pavimento (con le sedici parole chiave per la sostenibilità e la partecipazione civica) realizzato dal collettivo stesso.

I vuoti urbani e la loro necessaria rigenerazione sono il pretesto per ritornare a una dimensione metropolitana e spostarci nella Sardegna del nord, per esaminare gli spazi occupati, potenzialmente generatori di energie creative e pratiche radicali, per una dimensione tanto efficace quanto condizionata dagli interessi di mercato. A complicare ulteriormente la vita degli spazi occupati, i rapporti con le istituzioni: il sistema antagonista stimola un’azione di resistenza e creazione potente ma temporanea, un sistema accondiscendente depotenzia e disinnesca l’effetto aggregante della barricata creando non poche difficoltà al mantenimento e alla gestione nel quotidiano. A Sassari L.E.M. Laboratorio di Estetica Moderna è stato immaginato e aperto da due grandi dell’arte in Sardegna, Leonardo Boscani e Pastorello, fuori dai recinti dell’Accademia sassarese, per offrire ai giovani artisti un luogo/palestra, dove aprirsi e connettersi al mondo. Nel 2010 l’esperienza L.E.M. è in parte confluita nell’occupazione dell’Ex Questura di Sassari con la nascita di EX Q. Boscani, Pastorello e Annalisa Enea hanno proseguito la loro azione urbana improntata sul libero movimento di energie, favorendo forme aggregative tra giovani artisti.

Tra le opere più interessanti ricordiamo l’operazione artistica collettiva Black Fish del 2010, contro il disastro ambientale causato dalla multinazionale E-on. L’operazione è consistita nella realizzazione di un grande pesce, simbolo di inquinamento globale, realizzato con l’utilizzo di sacchi di sabbia contaminata. L’esperimento del collettivo è risultato il più prossimo alle formule maturate dai gruppi storici, pur occupandosi di temi contemporanei come quello ecologico.

L.E.M è stato un cantiere aperto che ha colmato i vuoti di produzione culturale, uno spazio di incontro, dibattito, informazione, purtroppo oggi concluso e privo di una degna corrispondenza.

Interessante riscontro va dato anche all’individuazione di una ‘costante’ nella ricerca pittorica, ascrivibile a una corrente di stampo pop-surrealista e nuova figurazione, su cui aleggiano inquietudini comuni, che trova in alcune collezioni private, come Mameli e Demara, un suo preciso disvelamento. Artisti come Pastorello, Silvia Argiolas, Giuliano Sale, Narcisa Monni, Silvia Mei, Irene Balia, Paolo Pibi, ne fanno parte.

Riferimenti bibliografici

G. Altea, M. Magnani, Pittura e scultura dal 1930 al 1960, Ilisso Edizioni, 2000.
E. Carbone, Il 58 da Franz, i primi ribelli, Artigrafiche Pisano, 2016.
L. Meloni, Le ragioni del gruppo. Un percorso tra gruppi, collettivi, sigle, comunità nell’arte in Italia dal 1945 al 2000, postmedia books, 2020
AA.VV., Arte contemporanea in Sardegna (1957-2017), Magonza Editore, 2017