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Luoghi sull’orlo della dimenticanza
La poetica e l’obiettivo di Rosa Barba

Rosa Barba, Free Post Mersey Tunnel, 2010, tubi, suono, dimensioni variabili, courtesy Fondazione MAXXI, foto Musacchio Ianniello

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Minhocão – ovvero il «grande verme» – è un’autostrada sopraelevata che penetra e attraversa tutta l’area centrale di San Paolo ed è il punto di partenza di uno dei lavori più intensi dell’artista Rosa Barba, classe 1972, siciliana di origine ma cresciuta e formatasi in Germania, dove vive attualmente. Disseminate and Hold (2016), questo il titolo dell’opera dedicata all’enorme infrastruttura stradale brasiliana che ben illustra la capacità dell’artista di articolare una perlustrazione sui paesaggi plasmati dall’uomo, evidenziando ulteriormente quella sua attitudine che contempla in un unico flusso storia, politica, sociale, immaginario. La narrazione alla base di quest’opera ci fa comprendere quanto strutture complesse come un’autostrada, in grado di raddoppiare la capacità di traffico nel cuore di una metropoli, non siano altro che grandi illusioni, nelle quali si mescolano agende politiche e utopie futuribili, sogni infranti ma anche oscuri malaffari e tanti paradossi sociali. Nel suo lavoro, sin dalle prime opere, ha dimostrato di prediligere video e scultura, concentrandosi su storie dimenticate o narrazioni di cui si sta perdendo memoria per poi immergersi in una ricerca che prende in considerazione testimonianze e documentazioni relative a brandelli di realtà. A queste storie, spesso, Rosa Barba aggiunge delle trame non interpretative in senso stretto, perché il suo lavoro di ricerca non è mai fine a sé stesso, non è mai un’operazione stilistica. Per far questo spesso realizza installazioni in cui film e storia assumono forme scultoree, spazi anch’essi sperimentali, in cui la materia prima del lavoro è il film, declinato e dilatato in differenti scale e rapporti, tra proiettori sospesi e molte altre soluzioni che di volta in volta è in grado di adottare, come si è visto in tante mostre personali degli ultimi anni – quelle al Reina Sofia di Madrid e all’Hangar Bicocca di Milano nel 2017, alla Kunsthalle di Brema e al Konsthall di Malmö cinque anni dopo, alla Neue Nationalgalerie di Berlino nel 2021 e a Lubiana in tempi recenti – e nelle sue frequenti partecipazioni a rassegne internazionali, tra cui le biennali di San Paolo, Sidney e Venezia (nel 2007, 2009 e 2015). Altre volte si serve di tracce sonore, come in uno dei suoi lavori più riusciti, Free Post Mersey Tunnel (2010) proposto di recente in Italia nella mostra corale orchestrata da Hou Hanru al MAXXI di Roma (nella cui collezione permanente è conservata l’opera), in cui un drappello di tubi metallici diffondono i suoni registrati nei tunnel al di sotto del fiume Mersey. I tubi creano una sorta di architettura, di spazio visivo e di occupazione preminente, quasi violenta, come a sottolineare un’idea sommersa di catastrofe, di luogo metamorfico. Una vera e propria mappatura dello spazio, quindi, che coinvolge lo sguardo ma anche l’udito, rovesciando un apparente ordine delle cose con un suono compresso proveniente dalla città e percepito dal basso. Rumori, tracce sonore, voci: nell’indagine di Rosa Barba tutto diventa parte di una grande costruzione e la sua idea di strada – uno dei temi primari del suo discorso – affiora prepotentemente senza mai cadere in una logica di rappresentazione sterile o prettamente documentaristica. Rosa Barba è artista che attinge a un repertorio di dati che però interpreta sempre, non si lascia mai contagiare dalla veridicità apparente e neppure dalla loro freddezza calcolata.

Spesso fa uso della pellicola 16 mm, poi riversata in digitale, forse proprio per avviare una riflessione sempre più legata alla dimensione intima, così come a strategie di frammentazione che partono dal gioco e che ridistribuisce nella sua ricerca. Il suo discorso registico, infatti, è in qualche modo in contrapposizione rispetto alle metodologie proprie del cinema in senso stretto, perché sconvolge nelle intenzioni lo status quo del cinema, adottando un pensiero più espanso. La forza generatrice del lavoro di Rosa Barba risiede proprio in questa sua competenza, anzi vocazione, nella sua dimensione della messa in scena, nel suo desiderio di intervenire sul medium.

Le due opere qui citate, concepite in due momenti molto lontani del suo percorso professionale, ci permettono di comprendere quanto Rosa Barba abbia costruito un discorso radicale, rigoroso e mai ovvio. La strada per lei è un generatore attivo di realtà.

Riferimenti bibliografici

AA.VV., Rosa Barba. From Source to Poem, Hatje Cantz, 2017
AA.VV., Rosa Barba: In Conversation with, Mousse Publishing, 2011