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La ‘neodimensione’ come spazio partecipativo
Dietro il lavoro di Giuseppe Stampone

Giuseppe Stampone, Acquerelli per non sprecare la vita, 2006, installazione di arte partecipativa con l’intervento di diecimila bambini, un anno di didattica artistica e didattica ambientale, quaranta comuni della provincia di Teramo

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Giuseppe Stampone è noto soprattutto per le sue opere figurative a penna Bic, nelle quali mescola e rielabora immagini dell’arte e no, del passato lontano e recente. Con esse crea delle atmosfere da realismo magico concettuale, in cui non vengono mai trascurate problematiche sociopolitiche correnti, come il nostro posto nel mondo ai tempi della globalizzazione. I suoi lavori sono dei fermoimmagine ammiccanti e inventati, in cui l’artista fa incontrare la storia dell’arte e le questioni urgenti relative alla geopolitica, ai disastri ambientali, alla migrazione e all’educazione. I riferimenti sono immagini preesistenti tratte dal web, quindi provenienti dalle cosiddette autostrade informatiche, quel mondo virtuale in cui tutto è praticamente ripetibile e ripetente all’infinito. Una dimensione o ‘neodimensione’, come la chiama Stampone, su cui l’artista opera per sottrazione, attraverso l’unicità e la non ripetibilità della sua pittura. Ciò lo porta ad autodefinirsi «fotocopiatrice intelligente», ammiccando a un significato paradossale che rovescia il senso, l’impiego e lo statuto della fotocopia. Si tratta di opere uniche anche quando diventano una ‘serie’ composta da lavori affini, come quelli in cui due bambini, africani o anche israeliani e palestinesi, ripresi di spalle, si tengono per mano indossando simboli identitari come la kefiah e la kippah, oppure la maglia dei loro calciatori preferiti come Gullit e Rijkaard, Zidane e Pogba, anch’essi migranti o figli di migranti, venendo colti nell’atto di osservare una città moderna e sterminata che si estende sotto di loro. Sono figure che guardano al futuro. Come il Viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich (che la serie di Stampone cita nella composizione dell’immagine) i due bimbi contemplano l’ignoto, in questo caso associato alla civilizzazione.

Il nostro presente si rispecchia nella realtà urgente e drammaticamente poetica dei due bambini che hanno intrapreso la strada della migrazione. Un’attualità che si compie nelle stesse preoccupazioni e memorie di Stampone, nato non in Italia ma in Francia, dove i genitori erano migrati negli anni Cinquanta. Gran parte dell’opera dell’artista, di fatti, sembra essere legata a questa esperienza, così come a quella della lingua scritta e parlata, su cui fonda gran parte della sua pratica artistica. Perché è proprio a partire dalla lingua condivisa o meno che si attiva la comprensione dell’altro. È anche a questo che servono quelli che possiamo definire Abecedari sbagliati legati al più ampio progetto laboratoriale Global Education, nato all’interno di Solstizio network che Stampone porta avanti insieme a Maria Crispal. È un progetto multidisciplinare che si serve della parola parlata, di quella scritta e disegnata, così come della verifica delle corrispondenze tra parola e immagine, che il più delle volte si traduce in equivalenze paradossali. In questo modo invita, perlopiù gruppi di studenti, a vivere esperienze pensate per questionare, tramite un’azione critica e ironica, la politica culturale occidentalocentrica che la globalizzazione ha reso non più unica nel mondo in trasformazione. Agli stessi temi si rivolge anche l’altro iconico progetto dell’artista, vale a dire la produzione di mappe geopolitiche dai molteplici significati, in cui immagini storiche e sociali sono messe in discussione dal pensiero di artisti iconicamente percepiti come amici, da Beuys ad Ai Weiwei.

Disegnare le strade del mondo globalizzato, allargandosi ai planisferi, fino a percorrerle, quelle strade, attraverso la costruzione di abbecedari partecipati composti in giro per il mondo, andando incontro a comunità diverse, è uno sforzo che trova compimento anche in progetti come Saluti da L’Aquila, del 2011. Qui, l’osservazione critica, etica ed estetica dell’artista produce un’opera che corrisponde a un percorso di denuncia rispetto al sisma che ha colpito la città abruzzese nel 2009. Immagini alle pareti dialogano con migliaia di cartoline poste su tavoli e precedentemente spedite attraverso l’Italia, a politici, uomini di cultura, dello spettacolo e dei media nazionali e internazionali. Si tratta di una collezione di immagini della città devastata, volte a comporre il ritratto sofferente di un centro urbano ormai fantasma, messo in ginocchio non solo dal cataclisma naturale, ma anche dalla disonestà e dall’indifferenza politica. Lo scenario è ancora la strada: il luogo che sembra il punto da cui l’artista osserva il mondo, ma anche il luogo da cui agisce, come nel progetto Acquerelli per non sprecare la vita, portato avanti dal 2006 e composto da interventi di natura eterogenea, dal disegno alla pittura, dalla scultura ai laboratori nelle scuole, nelle strade e piazze riempite da migliaia di persone. Si tratta, in realtà di una grande opera corale sulla necessità della salvaguardia dell’acqua, attivata anche attraverso azioni quali l’affissione di manifesti, come avvenuto a Bergamo e provincia nel 2016, in occasione della campagna sociale dell’azienda bergamasca Uniacque.

In ogni sua declinazione, l’opera di Stampone si dimostra volta sempre a creare comunicazione e condivisione con l’altro, facendosi arte pubblica anche quando si manifesta nei luoghi privati, in quanto contiene segni e contenuti volti all’attivazione di un network relazionale in cui il corpo-segno dell’arte si fa individuo-società.