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Dalla Bevilacqua agli atelier collettivi
Comunità di relazioni a Venezia*

Wash Your Art, Wash Your City, 2021, Extragarbo, foto Giulia Zichella.

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Il testo che segue nasce come proposta di orientamento sulle comunità di artisti giovani ed emergenti nell’area veneziana, e, quindi, dal centro storico della Laguna fino a Mestre.

Contestualizzando il mio ruolo, vista l’esperienza lavorativa presso la Fondazione Bevilacqua La Masa, mi piace richiamare l’importanza di questa istituzione, che esiste da oltre 120 anni, grazie al testamento di quella donna visionaria e appassionata che fu Felicita Bevilacqua, la quale immaginò una moderna factory: studi, spazi per le mostre, le industrie veneziane e per una collezione permanente da gestire secondo un attento programma di entrate economiche e affitti (in realtà  solo tenui pigioni per gli artisti giovani e poveri)[1].

Artisti assegnatari degli atelier della Fondazione, oppure partecipanti alla sua storica collettiva annuale, premiati, coinvolti in attività espositive anche sperimentali, alla chiusura di cicli di studi o laboratori e master, si ritrovano molto spesso nei collettivi che nascono per avviare un’esperienza nuova, più matura e consapevole.

Negli ultimi quindici anni, a questo fermento, spesso presente all’interno delle migliori dinamiche di emersione dell’arte contemporanea, si è affiancata una tendenza aggregativa nuova, più spontanea e diversamente ideologica, pragmatica, se vogliamo. Da una parte, manifestazione di un interesse reale di una nuova generazione che vuole creare connessioni di prossimità e scambi concreti di esperienze di produzione artistica, dall’altra, forse, sollecitazione e reazione al fenomeno dei social media e la ricerca di nuovi modi di abitare creativamente il quotidiano in città.

Immaginato da artisti sensibili e ispirati, che hanno scelto di vivere e lavorare a Venezia, Spazio Punchalla Giudecca, area ex Birreria Dreher, alterna, nei suoi spazi, padiglioni internazionali durante le Biennali e collaborazioni con le università d’arte, a iniziative dedicate ad artisti emergenti, come la recente materializzazione di lavori realizzati su Instagram, la divulgazione di pubblicazioni sperimentali, l’offerta di atelier temporanei. Proprio allo Spazio di Punch si sono visti, di recente, atelier temporanei di un gruppo di artisti che, aggregandosi in modo provvisorio per progetti, esiste da oltre dieci anni: Fondazione Malutta. Si tratta di un collettivo eterogeneo di circa trenta soggettività tra i venti e i quaranta anni che, con questo nome, organizza e partecipa a mostre, eventi, residenze, azioni, contaminando gallerie d’arte, spazi istituzionali e luoghi alternativi. Così si presenta: «Età, lingue native e strumenti creativi, spesso molto diversi, sono confini che il gruppo sfida costantemente: una confluenza di culture, generi e sensibilità eterogenee atte ad arricchire la qualità e favorire la ricerca collettiva».

L’associazione si pone come massivamente inclusiva, permeabile, aperta, beffarda, ironica, un’alternativa immaginifica alla Bevilacqua, come dimostra la pagina del loro sito che si prende gioco del logo istituzionale. Nel 2013 Fondazione Malutta assume lo status di Associazione nella Serenissima Repubblica di Venezia, per poi cercare una casa, una tana per sviluppare i propri progetti. Si propone di diffondere un patrimonio artistico in crescita, giovane e grintoso, attraverso mostre ed eventi in mutevoli vesti.

Inevitabile la filiazione e l’emergere di gruppi in prosecuzione e/o messa in opera di quanto appreso negli anni di studio: i curriculum indicano intersezioni tra percorsi teorici e pratici, itinerari formativi alla ricerca di approcci complementari tra l’eccellenza nelle tecniche artistiche dell’Accademia di Belle Arti, i visual studies e i metodi storico-artistici di Ca’ Foscari, e l’interdisciplinarietà tra design, moda e pratiche teorico-curatoriali dello IUAV.

Recentissima e promettente l’esperienza di Lama Farfalla. Anouk Chambaz, Angelo Licciardello, Pierpaolo Petruzzelli, Benedetta Fioravanti, Valentina Goretti e Giuseppe Di Liberto hanno deciso di lavorare in uno spazio nel quale il continuo interscambio di idee, incontri, condivisione divengono aspetti necessari.

Questo approccio deriva dalla volontà di riportare al centro della propria pratica una forma di dialogo senza la necessità di costituirsi in un collettivo.

Giuseppe Di Liberto è stato in passato assegnatario di un atelier a Palazzo Carminati della Fondazione Bevilacqua La Masa (come Enrico Antonello l’anno scorso) e cofondatore di Default, gruppo nato da un laboratorio dell’Accademia dedicato alla ‘pittura espansa’ alle ricerche sul suono e sull’elettrico, e all’estetica dei circuiti. Afferma Elisa Barbieri: «Si tratta di un laboratorio aperto dove l’unione di linguaggi e ricerche si muove fra artisti provenienti da diversi territori che hanno come base Venezia. Nasce nel 2017 all’interno del Laboratorio di Pittura C, Accademia di Belle Arti di Venezia, ora è un laboratorio nomade che utilizza spazi diversi come modo per instaurare reti, con l’obiettivo di autoprodursi, ai limiti del solito flusso di distribuzione. Default si lega all’idea di un fare artistico al di là dei limiti del supporto, proponendo azioni estetiche con l’utilizzo di infiniti mezzi espressivi, portando avanti un insieme di discorsi e strategie legate a codici non predefiniti».

Tra le comunità più note e numerose, non contenibile in spazi comuni come un’aula o una stanza, va ricordata quella dell’Atelier F di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, caratterizzata da un sodalizio spirituale che vede studenti più giovani ritrovare ex allievi in periodici workshop ideati per favorire uno scambio elettivo di esperienze.

Si costituisce prima come laboratorio aperto di pittura e disegno tenuto da Carlo Di Raco e Martino Scavezzon a Forte Marghera per poi trasformarsi, negli ultimi anni, nell’Extra Ordinario Workshop, imponente atelier nel padiglione Antares di Marghera-Mestre al Vega, spazio messo a disposizione dall’agenzia Vulcano. Si definiscono, nelle parole di Carlo Di Raco, come «Un movimento e una scuola», «Un artista collettivo» oppure «Un organismo con una vita autonoma» [2] .

Di fronte a un tale riconoscimento collettivo, va ricordato che esistono sensibilità che necessitano di dimensioni differenti per esprimersi, spazi più misurati a precise attitudini, e quindi ritmi di lavoro condivisi. Questa l’atmosfera dell’atelier di Chiara Enzo, Marta Naturale, Laura Omacini, Marta Spagnoli a Mestre; un tono di voce le accomuna: «Condividere uno spazio comune ci permette di mantenere un dialogo sempre aperto sul nostro lavoro, e anche su tutto ciò che ad esso gira intorno. Ci mettiamo in discussione, ci scambiamo critiche costruttive e cerchiamo di risolvere insieme le questioni che ci mettono in difficoltà. Soprattutto, evitiamo di ricadere nel solipsismo, verificando continuamente che il nostro discorso artistico non rimanga nella sfera privata ma sappia parlare all’altro e raggiungere una dimensione pubblica».

Altri gruppi, molti provenienti per gemmazione dall’Atelier F, hanno inaugurato degli spazi a Mestre negli ultimi anni, attratti dagli affitti bassi e da un’offerta cresciuta con la crisi del commercio per i piccoli negozi. L’associazione forse oggi più strutturata, nata nel 2017 a Venezia, e che ora agisce in altre due sedi,  una seconda a Mestre e una terza sempre a Venezia, è zolforosso: pittura soprattutto, ma non solo. Esperienze con il video, la performance, l’installazione, e tanto attivismo, capacità organizzativa. Zolforosso ha partecipato in modo concreto ai progetti di messa in rete degli spazi indipendenti a cui si è accennato in precedenza.

Filippo Rizzonelli, tra i fondatori, descrive in questo modo la specificità di questo luogo, anche concettuale: «Che cosa è zolforosso? Zolforosso è uno spazio nominato. E cos’è lo spazio? Lo spazio è una dimensione, un luogo astratto, un posto particolare, un contesto. L’unità di esistenza, natura e materia non può che darsi attraverso esso e nel tempo. La ricerca di un rifugio in cui sviluppare il proprio intimo potenziale creativo ─ e il desiderio di confrontarsi con l’altro ─ in un processo esemplarmente visivo e cinestetico, sostanziano il movimento immaginativo che spinge l’artista dell’oggi a convergere in studi d’arte condivisi».

Fanno parte di zolforosso Luisa Badino, Caterina Casellato, Celeste Dalla Libera, Greta Maria Gerosa, Manuela Kokanovic, Hetty Laycock, Angelo Licciardello, Gabriele Longega, Nicolas Magnant, Rob van den Berg, Runo B, Riccardo Vicentini, ma il loro numero muta rapidamente.

Azioni artistiche e curatoriali vanno di pari passo e la riflessione teorica diventa pratica culturale con l’associazione Extragarbo.

Un tentativo di definizione: «Extragarbo è un collettivo e una piattaforma di produzione artistica e curatoriale fondata nel 2019 a Venezia da Est Coulon, Cosimo Ferrigolo, Gaia Ginevra Giorgi, Edoardo Lazzari, Leonardo Schifino, Theresa Maria Schlichtherle e Giusy Guadagno».

Il progetto scaturisce dalla condivisione di ricerche e pratiche eterogenee sui linguaggi delle arti sceniche e performative. Extragarbo si definisce come soggetto ibrido, sistema di supporto e promozione per i progetti ideati dai suoi membri e per le loro collaborazioni. La varietà di estetiche e formati riuniti sotto questo nome costituiscono un’identità prismatica accomunata dalla condivisione di desideri e di un solido posizionamento politico. I vettori e le linee di tensione che indirizzano i progetti collettivi intersecano tematiche rilevanti non solo sul piano estetico-artistico, ma anche su quello socio-culturale: la creazione di uno statuto de* lavorat* dell’arte, il ricorso a una progettualità situata (nello spazio pubblico e nella dimensione locale), l’autoformazione come pratica politica di condivisione (di bisogni ed esigenze specifiche relative a ogni comunità).

Connesso ad Extragarbo, ecco Bardadino. Si raccontano come «uno studio condiviso e spazio culturale indipendente nato a Venezia, a novembre del 2020. Ospita un gruppo di artist* e professionist* dell’arte che hanno deciso di rimanere a vivere in città come pratica di resistenza, con l’intento di contribuire alla ricostruzione di una comunità attiva in laguna. Quotidianamente lo spazio svolge la funzione di studio multidisciplinare e, a cadenza irregolare, diventa un luogo aperto a una comunità diffusa, ospitando eventi transdisciplinari legati alla musica, alle arti performative e alle letterature radicali. Bardadino in pochi anni di promozione di pratiche artistiche di giovani autori e autrici attive sul territorio nazionale, ha attivato un processo di microeconomia e di collaborazione con realtà culturali, spazi indipendenti e un gruppo di professionalità eterogenee da tutta Italia. La sua sede è in calle della Pietà 3716a, Campo della Bragora, sestiere Castello. A oggi, contribuiscono al progetto Edoardo Aruta, Nicola Bertolo, Elena Della Corna, Silvia Faresin, Cosimo Ferrigolo, Melania Fusco, Edoardo Lazzari, Cristiano Focacci Menchini, Margherita Mezzetti, Tommaso Pandolfi, Giulio Polloniato, Michela Salvi».

Le persone, i luoghi e i gruppi citati agiscono dal basso con un alto grado di autonomia e libertà; agitano la tradizione del contemporaneo alimentando un dibattito che per alcuni dovrebbe raggiungere le istituzioni (comprese quelle artistiche come la Bevilacqua) per aiutarle ad aggiornarsi, mentre per altri dovrebbe continuare a svolgersi in totale autonomia e autosufficienza, per preservarne il senso e garantire il mantenimento di quella freschezza istintiva che produce cultura emergente.

In territori il più possibile permeabili al sensibile, generatori di pensieri e opere sempre nuove, perché differenti e instabili, può germogliare la migliore arte contemporanea.


*Ringrazio per i preziosi dialoghi: Edoardo Aruta, Elisa Barbieri, Chiara Enzo, Giuseppe Di Liberto, Edoardo Lazzari, Francesco Maluta, Augusto Maurandi, Corinne Mazzoli, Filippo Rizzonelli, Paolo Rosso.

[1] G. Bianchi, Traccia per un’iniziale storia degli studi della Fondazione Bevilacqua La Masa, in Atelier Venezia. Gli studi della Bevilacqua La Masa, 1901-1965, a cura di S. Cecchetto, Grafiche Veneziane, 2018, pp. 32-49; S. Coletto, Attualità degli studi. Dagli anni Novanta ad oggi, in ibid., pp. 208-223.
[2] Redazione di «Artribune», video Extra Ordinario. Giovani artisti in mostra a Marghera, in https://www.artribune.com/television/2020/10/video-extra-ordinario-marghera/. Ultimo accesso 5 febbraio 2023.