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Arte, ricerca, educazione
Una nuova sinergia

L’artista Patricia Domínguez al Centro Dati del CERN durante la sua residenza con Arts at CERN, 2021, foto_Franciska Toeroek, ©CERN

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Parlare del sistema di formazione equivale ad affrontare un tema molto ampio che permette di intraprendere diverse possibili strade, lungo le quali si sono articolati molti discorsi, teorie e modelli. Tali strade sono state esplorate da studiosi e critici: non ci prefiggiamo, dunque, in questo testo di proporre modelli educativi, ciò che possiamo fare è piuttosto evidenziare alcune pratiche sviluppate all’interno di università, musei, aziende e centri di ricerca, che stanno gradualmente facendo emergere una nuova prospettiva educativa nella quale la pratica artistica e il ruolo della tecnologia nella società si uniscono a nuovi modelli teorici.

Per far ciò, ci concentreremo proprio sul rapporto tra arte e tecnologia. Perché, verrebbe da chiedersi… Per due ragioni principali: la prima è che oggi la tecnologia risulta dominante all’interno delle pratiche artistiche. Le nuove generazioni, più o meno direttamente, sono infatti fortemente influenzate da un sistema mediale pervasivo, che lavora all’interno del nostro quotidiano. La seconda è che il medium tecnologico, a differenza di media più ‘classici’, porta con sé alcune novità non ignorabili: il fatto che sia complesso, pensato non solo per un uso artistico, ma anche per tanti altri impieghi e, dunque, inestricabilmente legato a usi sociali e al mondo dello sviluppo tecnologico (fatto di aziende, centri di ricerca, ingegneri, tecnici, ecc.). Per dirla in parole povere, gli artisti, sempre più immersi in un contesto ipertecnologico, lavorando con tecnologie digitali, inglobano questo nuovo mondo, aprendo così nuove potenziali sinergie fra mondo della cultura e dell’innovazione.

Sorge spontanea un’altra domanda: che c’entra questo con l’educazione? Ebbene, la sinergia nascente tra dimensione artistica, culturale e tecnologica potrebbe aprirci interessanti panorami su nuovi possibili paradigmi educativi. Università, centri di ricerca, musei, aziende, prima entità separate, si incontrano oggi proponendo laboratori, hub di ricerca e di produzione, dove sperimentare nuove pratiche artistiche e modelli di studio innovativi. Guardiamo a ciò che stanno facendo le grandi aziende, sempre più impegnate nella costruzione di centri di ricerca che coinvolgono artisti e università. Lo vediamo con il progetto Artist in Residence di Microsoft: nel dipartimento Microsoft Research dell’azienda statunitense, troviamo residenze d’artista, ricercatori al servizio degli artisti, rapporti con università e centri di studio. Così anche nell’Adobe Creative Residency, o nel progetto Google Tilt Brush.

Questa storia non è nuova. Nel corso gli anni Sessanta, all’interno dei Bell Labs – laboratori di ricerca scientifica di proprietà della Società AT&T (oggi di Nokia) –, Michael Noll – ingegnere elettronico e ricercatore – cercò di elaborare con l’aiuto del computer immagini astratte molto basiche, generate da algoritmi ed equazioni matematiche. Quando Noll presentò i lavori presso la galleria Howard Wise di New York, gli addetti alle pubbliche relazioni e i legali dell’AT&T chiesero la chiusura della mostra perché l’esposizione avrebbe potuto sminuire l’importante lavoro scientifico svolto dal laboratorio[1]. I tempi, da allora, sono molto cambiati.

Arte, ricerca, innovazione

Le università sono istituzioni educative che hanno bisogno di costanti aggiornamenti. Nei Paesi anglosassoni la forte connessione tra modalità più practice based e altre più teoriche ha portato a diverse interessanti nuove forme di ricerca. Pensiamo al List Visual Art Center del MIT in Massachusetts. Il centro è un laboratorio creativo che offre agli artisti uno spazio per sperimentare liberamente, collaborando con ingegneri, scienziati e tecnici. Nato nel 1985 come museo d’arte contemporanea del MIT, il List oggi dispone di tre spazi espositivi nei quali si presentano ogni anno dalle sei alle nove mostre. Inoltre, all’interno della vera e propria università, sono presenti molti centri, laboratori e programmi multidisciplinari che riuniscono esperti per esplorare nuove frontiere intellettuali e affrontare importanti problemi sociali.

Altro esempio interessante è il programma Arts at CERN di Ginevra. Fondato nel 2011, ha la missione di favorire il dialogo tra artisti e fisici, invitati entrambi alla sperimentazione su temi attuali e chiamati a intraprendere un percorso comune: dall’indagine nel contesto di una nuova ricerca, alla produzione, fino alla condivisione dei risultati. Inoltre, ha all’attivo un programma di residenze artistiche, di mostre ed eventi per proporre un dialogo più ampio. In Francia si trova poi Le Fresnoy – Studio national des arts contemporains, un istituto di formazione, produzione e distribuzione nel campo delle arti audiovisive e digitali. Il suo scopo è consentire a giovani artisti provenienti da tutto il mondo di creare utilizzando risorse tecniche professionali in un ambiente senza dipartimenti, aperto a tutte le forme di espressione. Il suo campo di lavoro, teorico e pratico, è aperto a tutti i linguaggi audiovisivi, dai media tradizionali, ottici ed elettronici (fotografia, film e video) all’elaborazione digitale.

Nel Regno Unito è presente la School of Digital Arts (SODA) della Manchester Metropolitan University, inaugurata nel 2021. L’obiettivo di SODA è quello di creare un ambiente dinamico e innovativo per l’arte, il design e la produzione digitale, nel quale poter esprimere le proprie idee tramite linguaggi creativi differenti. Associato al progetto SODA è anche Modal, un centro d’arte, sviluppato su più spazi, corrispondente alla sezione più prettamente dedicata allo sviluppo artistico della scuola, che propone mostre, coproduzioni, workshop, ecc.

Citiamo inoltre la piattaforma di ricerca e sviluppo della Serpentine Gallery di Londra, che ha l’obiettivo di riunire le operazioni di back-end e di front-end della galleria in un unico incubatore, per agevolare un dialogo riflessivo che può portare a un progresso consapevole. In America si trova invece NEW INC, progetto fondato nel 2014 dal New Museum di New York: è il primo incubatore culturale gestito da un museo che promuove l’innovazione, la collaborazione e l’imprenditorialità di persone che lavorano all’incrocio tra arte, tecnologia e design. NEW INC, attraverso un programma annuale costituito da workshop, tavole rotonde e gruppi di lavoro, ospita creativi provenienti da diversi ambiti che vogliono ampliare le proprie capacità di promozione e sostegno del lavoro. Qui, possono esplorare e catalizzare nuove idee, contribuendo al proprio personale sviluppo e a quello dell’ecosistema NEW INC. Inoltre, hanno la possibilità di presentare la propria ricerca a esperti del settore, finanziatori, direttori creativi e curatori durante la giornata del Demo Day. Molto importante è anche il programma S+T+ARTS della Commissione europea, una piattaforma che mira ad affrontare sfide sociali, ambientali ed economiche attraverso lo stretto legame tra tecnologie e pratiche artistiche. S+T+ARTS è convinto che la collaborazione tra scienza, tecnologia e arte possa aprire nuove visioni e prospettive per la ricerca e le imprese. Per questo offre residenze d’artista e supporta progetti pilota.

Forse in Italia, per via di una legislazione più rigida, che divide ancora pratica (accademie di belle arti e conservatori) e teoria (università) è più difficile sviluppare questi tipi di modelli. Troviamo però delle eccellenze, come lo IULM di Milano, che, nelle arti contemporanee, sta portando avanti un approccio innovativo, capace di coniugare il modello accademico più classico con una forte attività sul territorio e con la promozione di attività di ricerca che si sviluppano a partire da progetti che coinvolgono aziende, musei, ecc. Basti citare l’edificio IULM Open Space, Contemporary Exhibition Hall di 800 mq dedicato a mostre ed eventi, e lo IULM AI Lab.

Altro interessante esempio è l’Università Bocconi, che ha scelto di investire nella Bocconi Art Gallery (BAG) per avvicinare il mondo universitario a quello culturale e artistico.

Sempre in Italia è da citare l’impegno di MEET – Digital Culture Center di Milano che negli anni ha sviluppato appositi progetti di ricerca in collaborazione con università, accademie e con aziende del settore tecnologico. Sembra quasi, dunque, di vedere una forza che spinge verso un punto di unione centrale: arte (musei, centri d’arte, ecc.), ricerca (università, accademie, ecc.) e innovazione (aziende del settore tecnologico). E lo vediamo nel moltiplicarsi di progetti in questo senso da parte di tutti e tre gli attori in gioco, come il progetto Re:Humanism dell’azienda Alan Advantage, o i progetti del Sony Computer Science Laboratories di Parigi e Roma, grandi eventi come la Maker Faire Rome – The European Edition, e così in tutto il mondo. Un nuovo modello educativo nella speranza di poter promuovere anche in Italia (con l’augurio che si creino strutture adatte) finanziamenti e visione futura.


[1] M.A. Noll, The Beginnings of Computer Art in the United States: A Memoir, in «Leonardo», 1, XXVII, 1994, pp. 40-41.