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panorama

Woc

Flavio Rossi, Torino 1995
Vive e lavora a Torino
Studio visit di Francesca Disconzi e Federico Palumbo (Osservatorio Futura)

Woc ha alle spalle la classica formazione artistica: liceo e Accademia di Belle Arti, entrambi frequentati a Torino. La città, in particolare la scena street e underground fatta di graffiti e serate di musica elettronica e la comunità artistica legata alla dimensione degli spazi indipendenti, ha un’influenza attitudinale sul suo lavoro. La pratica poliedrica di Woc ruota intorno al concetto allargato di cultura visiva: essa ci fornisce una visione totalizzante dell’iconosfera nella quale siamo attualmente immersi. L’artista infatti non cambia metodologia a seconda del lavoro cui si approccia: che sia la copertina di un disco, di un flyer di una serata o di un quadro bidimensionale per una mostra. La matrice di tutti i lavori è infatti quella delle suggestioni contemporanee, senza distinzioni di registri o tematiche. In questa logica tutto può essere rielaborato, compresi testi estrapolati da pagine social come Twitter e Facebook, che vengono trattati alla stregua di immagini.

Molte volte è riscontrabile una certa iconicità e sottile nostalgia delle reference, poiché il processo di selezione messo in atto dall’artista verte su immagini che sono già sedimentate nella memoria collettiva. In questo caso il quadro a spray de Il picchio picchiarello o una veduta de La casa dell’omicidio di Cogne sono da intendere, concettualmente e iconograficamente, allo stesso modo. La tecnica spray crea un filtro (strumento inflazionato nel linguaggio social) e svela tutta la sua potenza: nonostante la foschia sull’immagine, essa si mostra sempre per quel che è realmente, rivelandosi nella nostra mente.

La ricerca di Woc è descrittiva della contemporaneità e mostra inediti approcci nei confronti dell’immenso atlante visivo contemporaneo. In particolare, essa ruota attorno all’analisi delle immagini intese come veicoli di messaggi, di sensazioni ed emozioni. Il suo lavoro inscena tutte le principali caratteristiche che reggono tale dittatura visiva e di come le immagini esercitino una fascinazione in noi, indipendentemente dal contesto dal quale provengono e dal contenuto che, inizialmente, portavano con sé.

Il processo di digitalizzazione massiccia e l’ascesa del web ha fin dagli albori un’influenza sul lavoro Woc. Su questa scia evolutiva del linguaggio visivo e digitale, la sua ricerca si sta strutturando attualmente per essere meglio percepita attraverso i device. Ciò che interessa l’artista è riuscire a creare opere perfettamente fruibili dallo schermo, senza la partecipazione fisica, pur partendo da una formalizzazione pittorica. L’aura dell’opera, il caldo e il freddo della percezione si vanno a perdere in favore della dimensione digitale, coerentemente con la fruizione della gran parte di immagini nella nostra vita quotidiana. Nonostante vi sia prima un’immagine che prende vita nel mondo analogico e che viene successivamente digitalizzata, il monitor diventa medium e parte integrante del lavoro, poiché metodo per veicolare lo stesso in modo completamente diverso. L’interesse di Woc è quello di accorciare ulteriormente la distanza concettuale che c’è fra pittura e digitalizzazione, approccio che non ha nulla a che vedere con le precedenti proposte della net art, le quali svelavano piuttosto il codice e la parte più nascosta dell’hardware e del software.

L’emergere del web 3.0, nello specifico degli NFT, e il conseguente avvicinamento dell’artista a tali piattaforme con la loro precisa estetica, hanno plasmato inoltre la scelta delle immagini e la formalizzazione del lavoro, come dimostrano due lavori molto diversi tra loro come Sonny (Foundation NFT Series), 2022 e School (Objkt NFT Series), 2023.

Alcuni punti critici possono essere individuati nella volontà di non darsi un ruolo preciso. La poliedricità del lavoro di Woc può nuocere sia a livello di posizionamento che di organizzazione del lavoro. Ciò che più ci convince, invece, è l’aderenza con il contesto contemporaneo attuale: il digitale non inteso come filtro ma come parte del lavoro stesso offre una visione altra e inedita del medium pittorico che, continuando su questa strada, può rivelare inedite possibilità.

foto Davide D’Ambra
foto Davide D’Ambra