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panorama

Vega

Francesca Pionati, Avellino 1990 e Tommaso Arnaldi, Roma 1993
Vivono a lavorano a Roma
Studio visit di Nicolas Martino

Vega è un progetto artistico animato da Francesca Pionati e Tommaso Arnaldi. Entrambi hanno alle spalle esperienze importanti nel mondo della produzione cinematografica e musicale e, insieme, hanno deciso di impegnarsi nella creazione di installazioni, video e performance, unitamente a un progetto curatoriale ed editoriale. Anche se entrambi stanno completando la loro formazione con studi post-diploma, in Olanda al Dutch Art Institute e allo Iuav di Venezia, le pratiche di Vega risultano fortemente radicate nel tessuto culturale romano e nelle sue memorie. Tra le mostre e le iniziative che li hanno visti protagonisti sono senz’altro da segnalare la bella personale che si è tenuta alla Fondazione smArt a Roma nel 2022 (a cura di Alicata, Drake e Gianni) – una sorta di prima ricapitolazione del loro lavoro – le collettive al MACRO tra il 2022 e il 2021 (a cura di Lo Pinto), dedicate a Remoria, la Roma rovesciata immaginata da Mattioli e alla figura ormai mitica di Carella, regista e poeta, animatore dell’Estate romana e della stagione dell’effimero. E poi la promozione delle pratiche curatoriali “Iniziative di II” – ispirate nel nome all’omonimo progetto pensato nel 1977 per il Teatro Beat ‘72 da Bartolucci, Carella, Benedetti e Cordelli – con le quali hanno promosso nel 2021 un primo appuntamento culturale post-pandemico e nel 2022 la pubblicazione del primo numero della rivista “Il Magazine”.

La poetica di Vega si potrebbe inserire tutta dentro quella che Reynolds ha chiamato “retromania” e Bauman definisce “retrotopia”, ovvero la nostalgia e la reinvenzione di un passato che paradossalmente si carica di aspettative, nel momento in cui il futuro smette di essere un orizzonte di liberazione e speranza a cui guardare con fiducia. Se la nostalgia, come ha ricordato recentemente in un suo bel saggio Ercoli, è il sentimento del nostro tempo, è anche vero che il futuro che è stato era tutto compreso dentro una teleologia che una volta secolarizzata ha drammaticamente contratto il rapporto tra spazio di esperienza e orizzonte di aspettativa, e che il futuro che sarà – al di là del “retrofuturismo” ‒ potrà rinascere solo da un radicale ripensamento del tempo e delle sue strutture nel nostro vissuto quotidiano e culturale. Il futuro, insomma, sarà il risultato di una sorta di terapia che sembra comprendere il ripensamento del nostro recente passato.

Viene da pensare proprio a questo vedendo uno dei lavori più belli e maturi di Vega Ememo, videoinstallazione ispirata al libro Remoria e realizzata con un immaginifico montaggio di materiali d’archivio, che ripensano l’identità di una città cresciuta su stratificazioni architettoniche e culturali spesso molto diverse, e che fanno della sua e della nostra memoria una sedimentazione mai conclusa e sempre ri-negoziabile. Nelle immagini che scorrono, la città che è stata e che sarà è attraversata da un protagonista virtuale che sembra essere quasi un redivivo Gerry, l’interprete del film L’imperatore di Roma di D’Alessandria. Lo stesso lavoro intorno all’archivio – un archivio contro la Storia si potrebbe dire, citando l’ultimo libro di Scotini – si ritrova anche alla base del progetto editoriale di Vega, che si sviluppa sempre attorno al montaggio di materiali che riguardano soprattutto la vita artistica e culturale romana degli anni Sessanta e Settanta. Florilegio è invece un lavoro del 2021 che si distingue per l’attenzione alla dimensione antropologica del rito, riallaciandosi alle riflessioni di De Martino sulla dimensione culturale della morte. Attualmente Vega sta lavorando a un nuovo progetto sui data center, le loro architetture e il valore geo-politico ed economico dell’archiviazione dei dati digitali.

Potremmo dire che fino ad ora il lavoro di Vega è ruotato intorno ad alcune parole-chiave come “archivio”, “memoria” e “rito”, il che rende le loro pratiche particolarmente in sintonia con il clima culturale di questi ultimi anni. Se da un lato però si potrebbe ravvisare il rischio che una certa nostalgia freni un oltrepassamento, è anche vero che il progetto è ancora giovane e che i suoi componenti hanno fondato il loro lavoro sullo studio e la ricerca, e questo fa ben sperare.