Milano 1986
Vive e lavora a Roma
Studio visit di Davide Lunerti
14 marzo 2024
Nel suo precedente studio visit, Lara Demori descriveva la pratica di Tommaso Spazzini Villa come un tentativo di «rendere visibile l’invisibile», aspetto che ho voluto approfondire ritornando nel suo studio. Demori lo raccontava attraverso Radici, serie di opere in cui l’artista disegna, sulle pagine di libri cardine della cultura letteraria mondiale, una tempesta di ramificazioni arboree: percorrendo la carta come terminazioni di un sistema nervoso, le radici sondano le profondità della parola scritta, facendo riemergere connessioni intertestuali e significati reconditi, criptati dallo scorrere del tempo. Così come gli alberi radicano in silenzio nelle profondità invisibili del sottosuolo, i testi antichi condensano al loro interno un patrimonio vasto quanto impercettibile. «Quando penso a un albero», spiega l’artista, «penso al tronco e alla chioma; non penso a tutto ciò che è al di sotto e che sostiene ciò che è sopra, perché non vedendolo non riesco a ‘tenerlo dentro’. Disegnare è un modo per provare a farlo». Un discorso che sembra rievocare quel racconto di Sant’Agostino dove un bambino tenta di contenere il mare intero versandolo in una buca scavata sulla sabbia, diventando così il simbolo della tensione dell’uomo a ‘comprendere’ le cose infinite e imponderabili. Tommaso scava nella sabbia con una matita, per disseppellire i tesori nascosti nel profondo; porta in superficie l’odore terroso delle energie antiche, lente, silenziose e insondabili. Il disegno riesce a mettere in visione ciò che la mente da sola non riuscirebbe a contenere; la sua pratica artistica non diventa quindi solo rappresentazione, o traccia, ma strumento attivo d’indagine, che, trasformando res cogitans in res extensa, gli permette di potersi avvicinare e toccare con mano connessioni altrimenti precluse, nonostante siano, o forse proprio perché sono, a un palmo dai nostri occhi.
Per circa una decina d’anni, Tommaso ha lavorato nel suo studio ‘in solitaria’, per potersi concentrare sull’elaborazione e il consolidamento di una propria linea artistica, senza mostrare il suo lavoro o misurarsi attraverso sguardi esterni. Solo di recente, con una serie di mostre e progetti, si sta affacciando alla scena a lui contemporanea. Importante in questo senso la mostra bipersonale con Marcela Calderón Andrade alla Galleria Mattia De Luca nel 2022, che ha inserito il lavoro di Tommaso in un confronto internazionale, facendo emergere nel dialogo la fascinazione verso gli aspetti di pluriformità e complessità del mondo naturale, soggetto centrale nei lavori dell’artista. Più che dall’influenza di altri artisti o da riferimenti alla scena attuale, però, rimane evidente come il punto di partenza del suo operare provenga da una spinta interiore, dalle profondità della sua percezione personale, allenata e contraddistinta da un forte rapporto con la letteratura. Un riferimento artistico preciso potrebbe ritrovarsi nel lavoro di Félix Gonzáles-Torres, di cui l’artista ha realizzato, nel suo studio, una rivisitazione ‘amatoriale’ dell’opera Untitled (Perfect Lovers) (1987-1990), dove i due orologi gemelli si sono entrambi fermati. La vicinanza con la sua pratica sta nel forte potere comunicativo esercitato attraverso l’utilizzo di immagini e gesti molto semplici,capaci tuttavia di innescare in modo efficace un grande coinvolgimento emotivo in chi osserva.
Particolarmente sorprendente in Spazzini Villa è proprio questo aspetto: come da uno sguardo interiore, personale, soffermato su un soggetto minimo, riesca a muovere e raggiungere tanti; senza mai scadere nel banale, nel moralistico o nel teatrale, mantiene nel suo operato una sensibilità disarmante. Ne è un esempio Battito (2022), installazione composta da una lampadina collegata a un orologio che misura la pressione di chi lo indossa, attraverso il quale il mio battito cardiaco illumina a scatti lo studio per alcuni minuti. La luce della lampadina ha illuminato a intermittenza per quattro mesi l’interno delle rovine del castello d’Evoli, pulsando al ritmo del cuore dell’artista, registrato in tempo reale ovunque egli si trovasse, riportando vita in un luogo abbandonato. L’artista porta così il nostro sguardo su qualcosa di semplice e quotidiano, ma di cui siamo scarsamente consapevoli, come l’attività continua e incessante di un organo che non smette mai di pulsare per la durata di una vita intera. In Autoritratti (2018-2022), progetto che l’ha visto finalista al Talent Prize, questo processo di consapevolizzazione diventa pratica partecipativa: lo spettatore è chiamato a scegliere una frase che lo rappresenti, estrapolando le parole da una pagina assegnata dall’Odissea, dall’Eneide o dalle Metamorfosi. All’eredità culturale inestimabile e inesauribile dei testi antichi si aggiunge così l’interpretazione intima di una persona del Ventunesimo secolo, in un’azione che mostra come l’infinito non solo si possa toccare, ma che possiamo entrare a farne parte.
Sebbene padroneggi pittura e disegno, i media che l’artista utilizza si diversificano, declinandosi a seconda del progetto, in un approccio di tipo installativo. Proprio in questo momento, l’artista sta lavorando a un progetto che poggia su basi tecniche completamente differenti dai precedenti, ovvero il sonoro: una ricerca che mira alla registrazione e sincronizzazione di un coro di canti religiosi di differenti credi, etnie e culture, in un’operazione di sincretismo canoro che metta in luce la necessità umana al dialogo interiore, al compianto e all’elevazione spirituale.
Come forse si percepisce, il lavoro di Spazzini Villa procede per intuizioni e salti, per lampi di un motore interiore. L’asistematicità che caratterizza questo procedimento può rendere impossibile costituire una ricerca che avanzi su basi critiche continuative, che permetterebbero invece un’organicità maggiore sugli approcci formali e sulle urgenze esplorate.
Eppure, la sincerità del suo moto creativo comporta necessariamente questa modalità, avulsa da un percorso lineare, incasellabile e ordinato, lontana da dinamiche di produttività, riconoscibilità o commerciabilità. L’assoluto trasporto che muove Spazzini Villa nella concezione dei suoi lavori è però tale da riversarsi in chi ne fa esperienza, rendendo ogni opera un coinvolgente attivatore empatico.