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panorama

Sissi

Bologna 1977

Vive e lavora a Bologna

Studio visit di Marco Scotti

Entrare nel cortile del Collegio Venturoli è illuminante. Fondato nel 1825 con il lascito e secondo il volere dell’omonimo architetto, quella che oggi è una fondazione si apre dietro la facciata di un edificio settecentesco di via Centotrecento a Bologna e continua a sostenere i giovani artisti con borse e studi. Qui ha sede anche lo studio di Sissi, che da quando ha diciotto anni lavora all’interno del palazzo cambiando spazi col passare del tempo: «all’inizio ero al piano terra, nella penombra come una bulbacea, ora prendo luce sull’altana, come fosse un nido». Si entra, infatti, da un grande scalone e si attraversa un percorso articolato su più stanze, vero e proprio archivio dell’artista bolognese, un’infilata di camere delle meraviglie che portano alla torretta, il punto più alto del palazzo, dove lavora quotidianamente. Ogni ambiente è organizzato tematicamente e conserva, perfettamente ordinati nell’accumulo, stampe fotografiche e negativi, ceramiche, installazioni e quaderni, preziose testimonianze di quando «una volta non disegnavo fuori da appositi libri, preparavo per ogni anno un volume: oggi queste pagine intense, che rimanevano aperte per giorni sul tavolo, sono tutte qui». Altre scatole sono destinate a conservare ogni genere di appunti, schizzi e bozzetti, un repertorio organizzato cronologicamente, sempre a disposizione dell’artista. Recentemente, un classificatore è stato destinato ai disegni di grande formato – in particolare le Fioriture linguali, “una botanica dedicata a un linguaggio che si annoda” – mentre gli abiti hanno un loro ambiente, una “cabina armadio” fatta di pezzi indossati durante performance così come di sculture indossabili, di tentativi di dar corpo al vestito. Arrivati al piano più alto ci sediamo a parlare con Sissi, ancora avvolti dalla quantità di lavori che fin dal primo scalino vengono letteralmente incontro al visitatore. Ha inaugurato da pochissimo Sguardo fisico, il monumento a Margherita Hack posto di fronte all’Università Statale di Milano, opera vincitrice di un concorso di idee e importante momento di confronto con la dimensione pubblica: «forse non siamo più pronti ad accettare l’idea di monumento, ma per me è stato molto semplice lavorare a questo progetto. È stato come uno statement, e attraverso il dinamismo ho trovato un punto di contatto con il soggetto rappresentato». Ritornano regolarmente in tutto lo studio le Anatomie parallele, lavori che attraversano tecniche, dal ricamo al disegno a china, pensati dal 2006 a oggi per costruire un linguaggio estremamente personale, dove l’invenzione linguistica e iconografica si sovrappone alla precisione – e all’ossessione – catalografica di un naturalista. Anatomia parallela è stata anche una delle performance che in questi anni ha portato in tour, mostrando un corpo che cambia rispetto al contesto, con il mantra “l’esterno muta, l’interno lo segue”.

Sissi ha da poco finito di allestire il suo lavoro alla mostra in corso allo CSAC Università di Parma, Storie di fili, progetto pluriennale dedicato al tessile e curato da Valentina Rossi tra gli archivi e i musei della città, che ha prodotto anche performance e libri d’artista. «Nel mio lavoro l’abito va lontano, si trasforma. E riappare ciclicamente: è come se vivessi delle fasi di muta attraverso il tagliare e il cucire, fasi che poi si fermano quando mi sono svelata ed esce una parte dura. Mi alterno così con le ceramiche». E lo studio è attualmente pieno di queste sculture in lavorazione, telai di ceramica – realizzati dalla Bottega Gatti a Faenza – attraversati da fili e tessiture, pensati per il prossimo appuntamento espositivo a cui Sissi sta lavorando, una mostra alla Galleria d’Arte Maggiore di Bologna. Sono pezzi che ripartono sempre dall’architettura del corpo, che utilizzano i tessuti come elementi di un’anatomia immaginaria e le trame per restituire immagini e disegni, dove il supporto è anche scultoreo e rimane visibile, guardando ai lavori di Maria Lai e alle culture antiche del Mediterraneo. «In questi nuovi lavori si tramano gli sguardi, si ricostruiscono gruppi identitari, si intrecciano le tecniche e i momenti della mia ricerca artistica»; la stessa tessitura è ripensata dall’artista, con un approccio che della tradizione prende solo i fondamentali mentre inventa punti e passaggi, arrivando nuovamente al disegno. Disegno che è pratica quotidiana: «è importante per me tenere un disegno all’aria per giorni, settimane, io disegno a pennino e posso stare ore senza staccarmi dal foglio. Dipende dal filo che sto seguendo». Il risultato è una messa in scena del passato personale, che per il momento si confronta quotidianamente con Sissi in attesa di essere lasciata andare fuori da questa casa. È la visualizzazione di una pratica artistica continuamente in divenire, in cui ogni lavoro è connesso e riparte dal precedente e che prevede un intreccio inestricabile con la dimensione personale e biografica, con un immaginario che costruisce tassonomie che riescono a rimanere coerenti nella loro imprevedibilità.