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panorama

Rebecca Moccia

Napoli 1992

Vive e lavora a Milano

Studio visit di Edoardo De Cobelli

Ho incontrato Rebecca Moccia diverse volte negli ultimi anni, durante la residenza a Casa degli Artisti, a Milano nel 2021, ma anche fuori dallo studio. Questi incontri sono stati ancora più significativi per capire chi è e cosa fa, come le manifestazioni politiche in strada, che sono vicine al suo lavoro quanto lo può essere lo studio. Rebecca è un’artista transdisciplinare che parte proprio dal contesto socio-culturale, rivolgendo la sua attenzione in particolar modo alle declinazioni emotive e degli stati emozionali che si manifestano all’interno di un determinato luogo o contesto, in ragione di ciò che le circonda. Dal 2020 ha partecipato attivamente alla fondazione di AWI – Art Workers Italia, ed è proprio durante le prime proteste romane nella Capitale che ci siamo effettivamente conosciuti, dove era ospite presso l’artist-run space Castro. Al momento invece si trova a Nagoya, in Giappone, dove sta portando avanti una ricerca sulla solitudine e il suo legame con la politica iniziato a Londra, nel contesto di una prima residenza sostenuta dall’Italian Council.

Il progetto, prendendo il nome dal dicastero istituito da Theresa May nel 2018, si intitola Ministry of Loneliness. La solitudine è considerata, dall’artista, l’altra faccia dell’apparato neoliberale della felicità che contraddistingue la società in cui viviamo. Di fronte a una società trasparente e positiva, che reprime tutto ciò che è negativo e non conforme al principio di produttività e profitto, emerge sempre più evidente il costo collaterale in termini umani. La quarantena ha fatto emergere i limiti di una privatizzazione e medicalizzazione della sofferenza come metodo; invece della rivoluzione, sostiene Rebecca, abbiamo sperimentato depressione e solitudine. La sua ricerca si è allora rivolta verso l’unica sofferenza non diagnosticabile come malattia e che per questo è stata, finora, scarsamente considerata: la solitudine.

Le opere di Rebecca Moccia sono dei termometri della realtà: strumenti che cercano di comprendere da punti di vista subalterni le sfaccettature che la definiscono nel suo insieme, attraverso un principio di relazione. I colori, le sfumature, le gradazioni che spesso occludono la vista dei dettagli o di un’immagine ne svelano un’altra, che si legge e interpreta attraverso unità di misura diverse rispetto a quelle abituali. Così avviene in Ministry of Loneliness, dove la documentazione delle esperienze che ha vissuto è tradotta attraverso una camera termica; o nell’installazione Rest Your Eyes, dove le immagini proiettate vengono sfocate da un filtro opacizzante. La scelta di ‘nascondere’ le immagini riflette una volontà politica di limitare l’immediatezza estetica e il senso della vista e di spostare l’attenzione su un altro piano. Così come una volontà politica è quella che accompagna la sua ricerca comparata in diversi Paesi: Gran Bretagna, Canada, Giappone e Italia intorno al tema della solitudine. In un momento storico in cui è poco comune difendere un’ideologia o un’idea al di là delle tematiche di genere, in Rebecca Moccia l’attivismo, seppur mai sbandierato nella sua pratica, è parte integrante del senso di essere artista.

La seconda fase del progetto che sta attualmente svolgendo in Giappone, consiste in attività di ricerca sul campo e in una serie di filmati per un’installazione ambientale che verrà presentata all’ICA di Milano il prossimo anno. I filmati includono: “il parlamento”, un’intervista a una figura del Dipartimento della Solitudine giapponese, “le scogliere di Fukui (note per i suicidi)” e “gli appartamenti dove avvengono le Kodukoshi (morti solitarie)”, che sono molto diffuse.

In questi anni la ricerca di Moccia si è ampliata e il supporto dell’Italian Council le ha permesso di estendere i confini del suo approccio metodologico. Tuttavia, la ricerca sociologica si unisce alla riflessione artistica in un risultato che rende difficilmente distinguibile la prima e la seconda, in particolare dove la sociologia è suggestione e non metodo e la ricerca frutto di un approccio documentativo ancor prima che opera. Ma il progetto è ai primi passi e il tema scelto è coraggioso e di assoluto rilievo. Affrontare un argomento così complesso è una sfida tutt’altro che facile e va reso merito all’artista di averlo messo in evidenza e affrontato, in attesa della restituzione finale nella forma di mostra e pubblicazione.