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panorama

Rebecca Moccia

Napoli 1992
Vive e lavora a Milano
Studio visit di Francesca Guerisoli
23 aprile 2024

Il mio interesse per il lavoro di Rebecca Moccia è precedente allo studio visit di Edoardo De Cobelli, effettuato un anno fa. Tra gli elementi alla base del suo lavoro già messi in luce, trovo particolarmente rilevante la capacità dell’artista di produrre opere che sono – come le ha definite – «termometri della realtà», evidenziando quanto la sua pratica condensi questioni sociali e politiche che tuttavia traduce in modo poetico e non didascalico. Se Moccia si rifà alla realtà contingente e si serve di pratiche analitiche proprie dalla sociologia e dell’antropologia, tuttavia il suo non è un lavoro dimostrativo, né tantomeno intellettualistico o concettuale: l’interesse è generare situazioni estetico-visive che fanno leva sull’emotività, sulla sensibilità. Soprattutto nelle opere in cui la materia presenta elementi visivi e tattili, è essa stessa soggetto prima ancora che oggetto dell’opera.

Facendo un esercizio di scomposizione, il lavoro dell’artista si può accostare a quello di Ann Veronica Janssen rispetto alla dimensione della materia scultorea, che gioca con la percezione dello spazio ed evoca temperature. L’attitudine e il carattere politico della sua pratica la avvicina invece al duo Claire Fontaine, così come a Hélio Oiticica (in Brasile, Moccia ha ultimato gli studi, con un lavoro di ricerca sul neoconcretismo).

Rebecca Moccia lega in modo poetico la dimensione individuale con quella sociale e politica, mettendo sempre al centro la pratica critica. Parte da una domanda di comprensione della realtà attuale, da strumenti e pratiche sociali e politiche precise e le decontestualizza innalzandole a un livello generale pur mantenendone visibile il riferimento specifico. Tale elemento è evidente nell’ampio progetto Ministry of Loneliness (2021-in corso), partito da una borsa di ricerca dell’Italian Council che ha portato poi a un finanziamento per mostra, a un libro e infine a un film realizzato con Careof.

Gli ultimi lavori esposti al pubblico fanno parte di Ministry of Loneliness. Tra questi, l’arazzo Un corpo che si infiamma, realizzato in collaborazione con Giovanni Bonotto. Si tratta di un collage di frammenti di immagini termiche tratte da un reportage fotografico dell’artista, lavorate con lana e plastica che, grazie alle loro qualità materiali, creano sensazioni termiche di caldo e freddo, e filati iridescenti, che rimandano alla luminosità del digitale. L’interesse per la sperimentazione dei materiali, dei tessili in particolare, che ha condotto alla creazione di opere dal chiaro impatto estetico mosse da suggestioni di attivismo politico, ha portato alla commissione di un’installazione site-specific per la Fondazione Zegna, che inaugurerà a maggio 2024. Il progetto presenta un’indagine sui cambiamenti psicofisici e sociali legati alla crisi ecologica in corso, a partire dall’ambiente montano in cui si colloca la mostra. Tessuti Zegna e nuovi tessuti saranno i mezzi alla base di un lavoro che verrà aggiornato durante il periodo espositivo. Moccia, infatti, vestirà lo spazio di Casa Zegna modificandone la temperatura a seconda della stagione. Sarà inoltre allestita una videoinstallazione multicanale con dettagli di interviste raccolte in un periodo di ricerca nelle alpi biellesi, tra l’Oasi Zegna e il lanificio.

Il 20 marzo ha inaugurato l’ultimo capitolo di Ministry of Loneliness, intitolato The Loners, un’installazione site-specific presso Cripta 747 a cura di Elena Bray e Iacopo Prinetti, sul rapporto tra cittadini e politica. L’artista ha ‘collezionato’ numerose strutture di cabine elettorali nel mondo e le ripropone come grammatica di un fitto percorso espositivo. L’intenzione è di generare un senso di solitudine e segretezza, nonché di evocare la dimensione fisico-architettonica del rapporto con la politica, che spesso consiste esclusivamente nel momento del voto. Le cabine, tutte diverse, sono inoltre caratterizzate da specifici elementi significanti aggiunti per suggerire una particolare atmosfera.

Un limite della pratica tra arte e attivismo abbracciata da Moccia sta nella possibile assunzione del materiale sociale o politico come forma vuota, percepibile solo nella sua dimensione formale. L’artista prende le distanze da questa modalità, sottolineando il suo interesse nel creare opere che agiscono a livello emotivo. Non fa uso dell’indagine sociologica, che è solo strumento dell’opera e materiale per la costruzione sensoriale dei suoi ambienti.

L’attenzione verso gli aspetti formali, nonché la sperimentazione di materiali eterogenei anche nell’ambito di un unico progetto fa emergere un certo grado di determinazione e la capacità di muoversi con consapevolezza tra le diverse dimensioni espositive.