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panorama

Raffaella Crispino

Napoli 1979

Vive e lavora a Bruxelles

Studio visit di Alessandra Troncone

Nonostante le origini campane, la prima formazione artistica di Raffaella Crispino è avvenuta in Sicilia, dove ha studiato Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Catania, per poi terminare gli studi a Napoli. Il successivo periodo di studi allo IUAV di Venezia ha costituito un passaggio cruciale per abbracciare la varietà di linguaggi e media che oggi caratterizza la sua pratica, così come fondamentali sono state le numerose residenze all’estero, tra cui quelle al CCA-Kitakyushu in Giappone (2008-2009), al JCVA a Gerusalemme (2010) e all’HISK a Gent (2014-2015). È proprio in Belgio che Raffaella Crispino vive dal 2011 ed è qui che negli ultimi anni è stata invitata a presentare i suoi progetti in rinomate istituzioni: il Musée des Beaux-Arts di Tournai che ha ospitato una sua mostra personale nel 2022, parte del festival Europalia e il Bozar – Centre for Fine Arts, dove sul finire dello stesso anno si è tenuta la sua performance Circles of Songs, a cura di Alberta Sessa.

La sua ricerca si muove sui grandi temi del dibattito storico-politico degli ultimi decenni: i fenomeni migratori, l’eredità del colonialismo, le questioni di genere. Allargando ancora di più il campo, le due parole chiave che possono essere ricondotte al suo lavoro sono “tempo” e “territori”: al centro delle sue opere vi è infatti l’attenzione a quelle convenzioni culturali e sociali che si sono cristallizzate su interessi economici e politici, come ad esempio in Time Zones (2015), dove le longitudini che dettano i fusi orari del globo sono trasformate in linee ricucite su organza che lasciano visibile il tessuto in eccesso quale possibili nuovi luoghi da esplorare. In termini di media, pur nella diversità delle scelte, emergono alcune costanti: l’elemento sonoro (quando non proprio musicale), l’utilizzo di tessuti, il video.

L’attualità delle tematiche affrontate e la loro connessione con il contesto belga hanno portato l’artista a far propria una metodologia di ricerca che incrocia varie fonti, rifacendosi in particolare a eventi storici – spesso affrontati con ricerche d’archivio che affondano in episodi ai margini della Storia ufficiale, ma che in qualche modo la condizionano – e a scambi multidisciplinari. Di conseguenza, anche l’invito ad agire in una cornice istituzionale diventa occasione per farsi domande sul passato, sull’eredità coloniale e su come questa riviva nelle stesse istituzioni sottoforma di patrimonio storico-culturale.

Al momento di questo studio visit si è chiusa da pochi mesi la mostra personale al Musée des Beaux-Arts di Tournai che ha visto la produzione di una serie di nuove opere in cui la storia del museo e della sua architettura si intreccia con la trasposizione in termini botanici di storie coloniali e di fenomeni di invasione e di integrazione, ma anche con la lettura dei testi di Silvia Federici sulla relazione tra la privatizzazione delle terre e le accuse di stregoneria nel tardo Medioevo, come emerge nel video Il mutuo appoggio (L’entraide) (2021). Contemporaneamente è in corso al Museum of Modern and Contemporary Art a Rijeka la personale dal titolo We Want Mirrors – A Journey Into the Matrix of Coloniality, sostenuta da Italian Council e curata da Branka Benčić e Matteo Lucchetti, che ripresenta opere storiche al fianco di quelle più recenti. Tra queste anche Laura, Sarah, Yara, Meredith, Chiara, Melania, Deborah, Veronica, Roberta, Pamela, Marianna, Elisa, Eleonora, Rosaria, Charlotte, Stefania, Donatella (2019), un lavoro dedicato ad alcuni tra i femminicidi più mediatici avvenuti in Italia negli anni scorsi, che ripropone i paesaggi dove sono avvenuti gli efferati delitti su unghie finte. È in corso, inoltre, la produzione per un nuovo progetto che sarà presentato al Petach Tikva Museum of Art di Tel Aviv, nel 2023, in una doppia personale con l’artista belga Hans Demeulenaere.

Nella molteplicità di riferimenti cui l’artista ricorre, il fulcro del singolo lavoro può risultare di non immediata lettura, specialmente dove vengano chiamati in causa più temi che, nell’intrecciarsi, arrivano a sovrapporsi l’uno sull’altro. Tale rete di rimandi, anche tra un’opera e l’altra, conferisce tuttavia a tutto il corpus una sua compattezza teorica e metodologica che, pur nella diversità di media e linguaggi, ritrova la sua coesione, in particolare nella produzione video, che sembra racchiudere in alcuni casi la sintesi contenutistica e formale dei vari progetti.