Cerca
Close this search box.

panorama

Piotr Hanzelewicz

Lodz (Polonia) 1978

Vive e lavora a L’Aquila e a Tornimparte

Studio visit di Marco Trulli
aprile 2022

Lo studio di Piotr Hanzelewicz è un piccolo box nel seminterrato di un condominio residenziale nella periferia di L’Aquila. In realtà, un altro spazio utilizzato come studio è nel paese abruzzese in cui risiede, Tornimparte. Hanzelewicz, per raccontare il suo lavoro e la sua vita nel capoluogo abruzzese, cita anche l’impegno profuso nella promozione culturale e artistica in città e della sua collaborazione attiva con l’artista Davide Serpetti, in un territorio che si percepisce piuttosto isolato rispetto alla scena artistica.

Nel suo studio coesistono gli strumenti di precisione che si utilizzano per realizzare le banconote insieme agli strumenti musicali e agli amplificatori. Hanzelewicz parte sempre da una teorizzazione molto costruita dell’operazione agganciando in maniera discorsiva elementi diversi che, per accostamento o per contrasto, generano costellazioni di significati e di suggestioni che alimentano l’immaginario del suo lavoro. Questo impianto teorico si articola in opere dai formati diversi, dalle conferenze performative alle opere su carta, su cui spesso ricalca, imprime e ricava l’immagine con procedimenti di trasferimento chimico o fisico. In alcuni casi questo impianto concettuale è tradotto sul piano performativo in maniera asciutta e potente ma, talvolta, sembra rimanere concluso su un piano teorico. La sua ricerca si concentra principalmente sull’analisi delle convenzioni, interpretate come sistemi arbitrari che regolano il senso comune, i valori condivisi e i rapporti di forza all’interno della società. Per questo la continua decostruzione delle convenzioni economiche che l’artista mette in atto, sia dal punto di vista materiale sia semantico, è uno dei punti fermi della sua ricerca degli ultimi dieci anni, in quanto si sofferma sulle attribuzioni di significato del denaro nei diversi contesti geografici e sociali attraverso l’analisi del linguaggio. L’origine stessa del nome “moneta”, che l’artista racconta nella performance Storia volatile, è il frutto di una combinazione di elementi casuali e allo stesso tempo altamente simbolici, che già in epoca romana hanno definito questo termine. Attraverso un excursus narrativo delle vicende dal tono ironico, tra le oche del Campidoglio e l’attacco dei Galli a Roma, l’artista ricostruisce l’etimologia dei nomi delle valute, dimostrando come molta parte della nostra società sia costruita su elementi contraddittori e, di fatto, arbitrari e anche virtuali. Una nuova versione di questo lavoro è la ‘con-formance’, La cosa volatile, realizzata nel 2021 al MAXXI L’Aquila, in cui l’artista affida la narrazione a un simulatore vocale del suo telefono, rimanendo fisicamente presente e immobile per la durata della performance, a emulare la smaterializzazione delle vite e il rapporto fittizio, e al contempo condizionante, che abbiamo istituito con il denaro e con l’economia. Lo stesso nome dell’opera è stato scelto per la predilezione nei confronti della parola “cosa”, che consente una lettura aperta a diverse interpretazioni ed è associata, nel titolo, al concetto “verba volant” e di volatilità del denaro. Dal punto di vista materiale, il suo lavoro sul denaro si concentra sul ritaglio della banconota statunitense da un dollaro ripetuto in maniera diversa per cento volte. La manipolazione della banconota avviene attraverso la tessitura di ritagli di banconote mai entrate in circolazione (fior di stampa) con altri ritagli di banconote circolate: il risultato è una serie di banconote alterate che interrogano la convenzione del denaro, il suo valore vincolato a processi virtuali, ad autorizzazioni che regolano i processi capitalistici globali, eppure assolutamente immaginari e arbitrari. La cartamoneta, dunque, diventa un territorio creativo in cui l’artista opera, anche con volontà di smitizzare la sua iconicità, decostruendo e ricostruendo l’immagine di George Washington cento volte con infinite variabili. In maniera diversa l’artista lavora sulle monete da un centesimo e con la loro materialità, ricavando in negativo strutture geometriche derivate dai processi di ossidazione delle monete impressi sulla carta. Le monete da un centesimo incarnano la soglia di confine con un’economia virtuale che è costruita su contraddizioni e disfunzioni di sistema, se consideriamo che il lorobcosto di produzione è superiore al loro valore (4,26 cent). Il lavoro di Hanzelewicz, dunque, agisce attraverso la reiterazione di gesti avvalendosi di calchi e ritagli che producono una serialità difforme e irregolare in cui simboli, forme e significati dell’economia sono messi in discussione nella loro natura ambivalente, con l’obiettivo di riflettere sul ruolo del denaro e del suo potere nelle nostre vite, nei nostri sogni e desideri. Le nuove fasi della ricerca dell’artista si concentrano sempre di più sulla virtualità esasperata attraverso cui molti processi della nostra vita si sviluppano e, in questo, l’artista tende a giocare sul confine del ridicolo o del contraddittorio con la tendenza a umanizzare la dimensione tecnologica che pervade le nostre vite.