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panorama

Paolo Bufalini

Roma 1994
Vive e lavora a Bologna
Studio visit di Marco Scotti

«Per me lo studio è un luogo dove conservare i lavori, lavorare sugli allestimenti. La produzione manuale spesso avviene altrove». Nel grande spazio recuperato da un passato industriale da Alessandro Brighetti, e ora condiviso anche con Valentina Furian grazie al progetto del Nuovo forno del pane del Comune di Bologna e del MAMbo, i lavori di Paolo Bufalini sono allestiti sparsi, offrendo al visitatore spaccati di un’indagine sull’immagine contemporanea, su rituali magici e alterità tecnologiche, su inquietudini collettive e dimensioni personali. Tra i suoi primi lavori, due cuscini che simulano un respiro sincronizzato, una riflessione su una sorta di “animismo tecnologico”. L’estrema semplicità è ottenuta grazie a due batterie e due schede wireless nascoste all’interno: «Per me era essenziale averli perfettamente silenziosi. Ho lavorato con diversi tecnici da quando ho iniziato a pensare il lavoro, in occasione della mia residenza al MAMbo per la prima edizione del Nuovo forno del pane. Mi interessava l’idea di questo respiro che dal corpo si trasmette all’oggetto, lasciandolo come abitato da una presenza. Lavoro sull’aspetto più intimistico, così come su quello più metariflessivo. L’idea del dispositivo che anima un corpo». Attualmente poi, la ricerca dell’artista si sta aprendo all’utilizzo di materiali biografici, elementi personali che restituiscono umanità, autenticità a discorsi più ampi sugli elementi tecnologici e sulla natura dell’immagine. Quasi una verifica, portata avanti su materiali dalla valenza personale. Land of Nod è uno dei progetti più recenti di Bufalini. Curato da Matteo Mottin e Ramona Ponzini di Treti Galaxie e realizzato come risposta alla commissione OmniArtVerse, laboratorio al debutto dedicato all’arte digitale – una serie di linguaggi ancora inesplorati per l’artista –, lavora sulla registrazione dei dati biometrici della compagna di Bufalini durante il sonno: «Federica ha dormito indossando un body dotato di elettrodi tessili, uno strumento biomedicale la cui funzione è quella di generare data report. Durante un’intera notte l’azione è stata quella di realizzare un ritratto attraverso i dati biometrici (respiro, battito cardiaco, movimenti del corpo), e questa è l’opera digitale, mentre la volontà di raccontare ha avuto come esito una fotografia, uno dei miei primi lavori con l’immagine bidimensionale, che ritrae appunto il suo sonno da una prospettiva zenitale». Il tema è sempre l’indagine del rapporto con la tecnologia, coadiuvata da una tecnologia dell’immagine ottocentesca come la fotografia, per arrivare poi a un NFT. «È un modo per spostare il contenuto altrove, per tematizzare lo strumento che si utilizza».

Questo lavoro è stato esposto nella recente mostra nell’artist-run space bolognese Gelateria Sogni di Ghiaccio, Beloved, curata da Condylura, a fianco di una serie di piccole sculture in stagno, nate dal ricordo infantile di una pratica rituale provata durante un Capodanno a Salisburgo: gettare stagno fuso nell’acqua fredda, generando forme casuali da cui prende le mosse una sorta di divinazione in vista del nuovo anno; «mi interessava che queste forme diventassero un testo leggibile, quasi un geroglifico». La terza opera in mostra, Tricksters, era invece un frigorifero contenente 240 lattine di energy drink, personalizzate grazie alla stampa di una foto, sempre della compagna, ritratta bambina durante un carnevale a Venezia.

Riflessioni sul tempo, sull’identità e sull’inafferrabilità di alcuni elementi. Il lavoro di Paolo Bufalini si muove in equilibrio tra una messa in discussione del passato, e delle sue modalità di documentazione, e la consapevolezza dell’impossibilità di prevedere il futuro in ogni sua forma. «In tutti i miei lavori c’è una componente di virtualità». Ritornano allo stesso modo estrazioni di dati, confronti con logiche astratte, approcci analitici e ribaltamenti di prospettive: una continua tensione tra polarità opposte, con improvvisi momenti di tranquillità.