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panorama

Nicola Vincenzo Piscopo

Napoli 1990

Vive e lavora a Napoli

Studio visit di Alessandra Troncone

Sulla linea di confine tra i quartieri popolari della Sanità e della Vicaria, Atelier Alifuoco – spazio condiviso da artisti che qui si sono insediati con i propri studi – è diventato un luogo di attrazione per la scena dell’arte napoletana, anche grazie al progetto Quartiere latino, che si apre ad artisti più e meno emergenti della città con commissioni site specific per il palazzo. Lo studio di Nicola Vincenzo Piscopo, tra gli animatori dell’iniziativa, occupa uno di questi spazi. Piscopo ha studiato al liceo artistico e poi all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Il linguaggio pittorico occupa una posizione centrale nel suo lavoro, sebbene questo sia spesso in dialogo con gli strumenti della comunicazione digitale, in un gioco di reciproci rovesciamenti che rivela una riflessione costante sul tradimento delle immagini, in un contesto e nell’altro. La sua esperienza lavorativa nella scuola primaria lo ha portato, inoltre, a sviluppare un acuto senso di osservazione nei confronti di dinamiche che coinvolgono i più piccoli ma che si prestano a un’analisi generale sui condizionamenti imposti dalla vita vissuta davanti agli schermi.

Nonostante la giovane età, la sua produzione presenta un corpus di opere già notevolmente ricco, che parte dal 2009-2010 con il progetto In-significante, un gioco di associazioni ‘magrittiano’ tra parola e immagine che si rifà all’impostazione di un meme e che sfocia in Altrimenti (2010-’11), un catalogo di parole che finiscono per “mento” e che partono dal suo mento. L’ironia di questi primi lavori si sfalda in Krampfanfall (2013), ciclo di dipinti di matrice più espressionista che accentua, al contrario, il senso del tragico, legandosi a momenti difficili della sua storia personale. Tra i lavori dei primi anni va menzionato anche Street Views (dal 2014), documentazione visiva di un finto viaggio in giro per il mondo che richiama la pittura di paesaggio di stampo ottocentesco, fondandosi però sulle immagini fornite dalla funzione di Google maps che permette di teletrasportarsi in luoghi vicini e lontani. Dalle vedute di Scampia ai campi di grano con corvi dell’Île-de-France, le citazioni dalla storia dell’arte si incontrano con gli indizi ben visibili della fonte digitale dell’immagine, generando un interessante cortocircuito.

Il valore del lavoro di Piscopo risiede nell’interrogazione costante dello statuto del linguaggio pittorico in relazione alla riflessione sul consumo delle immagini in epoca contemporanea. Alcune sue operazioni si pongono come una vera e propria ‘apologia della pittura’, con l’intento di dare a questa una funzione pratica e dunque mescolando ancora una volta le carte tra soggetto, mezzo e oggetto (a questo proposito, dipinge il suo autoritratto che poi utilizza in formato fototessera su documenti ufficiali). Oltre alla sua ricerca artistica, gli va riconosciuto un importante slancio nel creare occasioni di condivisione e aggregazione per la comunità artistica emergente, che torna nei progetti di stampo curatoriale, quali &Project e, appunto, Quartiere latino.

Tra i progetti artistici più recenti, DAD (2020), ritratti di bambini restituiti attraverso il filtro dello schermo durante il periodo della didattica a distanza, e il ciclo Collirio (2021), oggetto di una mostra personale alla galleria Marrocco a Napoli. Come progetto perennemente in corso, la raffigurazione pittorica della data dell’anno a venire che si sovrappone a quella dell’anno precedente sotto il titolo Cassandra perché, come lui afferma, «bisogna sempre stare avanti come artisti».

Rispetto alla produzione più recente, proprio i dipinti di Collirio,che occupano buona parte delle pareti dello studio, appaiono connotati da una matrice surreal-pop che rende il discorso sulla bulimia delle immagini troppo esplicito e per certi versi ridondante, sebbene sia precisa intenzione dell’artista soffermarsi in questo caso su una dimensione più sensoriale della pittura. Maggiori punti di forza risiedono invece nella dimensione più analitica della sua pratica pittorica, nel mescolamento con altri linguaggi e nell’approccio di natura concettuale che contiene anche quella nota di ironia e ossessione della Conceptual Art storica, come ad esempio nel progetto Doxamaniac, un account instagram che rimarca l’evanescenza del limite tra opinione e verità, intercettando la forma dell’hashtag in oggetti comuni e luoghi urbani, fino a inventarla completamente, quale risultato di una forma di manipolazione creativa che ricalca ciò che accade nella realtà.