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panorama

Nicola Ghirardelli

Como 1994

Vive e lavora a Milano

Studio visit di Elisa Carollo

La pratica di Nicola Ghirardelli è animata da un interesse profondo verso i processi della materia, nell’attivare, liberare e rivelare le potenzialità estetiche intrinseche dei diversi materiali. Anche per questo con Ghirardelli non ci troviamo nel suo studio, dal momento che questo, negli ultimi mesi, è stato nelle botteghe degli artigiani, fornaci di ceramica o laboratori di vetro.

Il vocabolario visivo di Ghirardelli è alimentato da un costante prelevamento dalla realtà, in termini di forme storiche, artistiche o organiche. Collezionare forme e, spesso, sottoporle a un’erosione o corruzione nel tempo, è stata la base del suo lavoro fin dalle prime opere più mature, come il ciclo esposto qualche anno fa alla Manifattura Tabacchi. Se in tali lavori Ghirardelli si era però concentrato su una scultura/monumento più massiva, sia plasticamente sia nei rimandi storico-artistici, nelle sue creazioni più recenti, esposte allo spazio Sottofondo di Arezzo, i conflitti organico/artefatto si fanno più centrali, determinando così anche una maggiore vulnerabilità della forma scultorea. Realizzate tramite un assemblage di tecniche e materiali, le nuove opere affiancano la fusione d’alluminio a una tecnica primitiva di lavorazione della terracotta, il bucchero, utilizzata ancora dagli etruschi. In entrambi i casi l’elemento organico c’è, ma si consuma nel processo così che la forma risultante ne risulti solo reliquia, o scarto. In questo senso l’artista esplora anche la possibilità di “permanenza” delle forme, nella loro temporalità. Così queste braccia di alberi o di lampadari sospesi nella stanza mettono in scena a pieno tali tensioni fra naturale e antropico: fra creazione e distruzione della materia, come presenza auratica denunciano questo conflitto, esplorando però al contempo anche le potenzialità creative che vi derivano e che stanno all’origine del mondo materiale che ci circonda, e dell’arte stessa come prodotto culturale. Inoltre, se le sculture esposte alla Manifattura Tabacchi presentavano ancora forme in processo, qui l’artista riesce invece a scegliere quando arrestarlo e cristallizzare un risultato estetico finale. Questo è più evidente nell’unica opera a terra: un fragile arbusto spinato in fusione di alluminio dove le diverse combustioni a cui il materiale è stato sottoposto ne hanno determinato interessanti cromie, iridescenze ed effetti di rifrazione diversi, talvolta accostabili a quelli della superficie di qualche animale.

Uno degli aspetti più rilevanti di questa ricerca, all’interno del panorama della creatività italiana, è proprio la capacità dell’artista di attivare e rinnovare tutta una serie di know how artigianali spesso delocalizzati rispetto a centri di produzione più noti per tali tecniche, ed esplorare nuove interazioni e collaborazioni con maestranze locali per portare avanti questi saperi nel tempo.

Questa tensione costante verso l’esplorazione dei processi di trasformazione della materia e questa dedizione totale alla sperimentazione, possiamo dire che sia al contempo un punto critico, ma anche di forza, della ricerca di Ghirardelli a oggi. Un punto di forza perché vi è ancora uno spazio potenzialmente infinito per una evoluzione continua del suo lavoro, attraversando vari materiali e intersecando vari saperi artigianali. Ma, al contempo, questo può risultare anche un aspetto critico: infatti, sebbene rimanga costante l’interesse nell’esplorare le trasformazioni alchemiche della materia e le tensioni fra naturale e antropico che vi si manifestano, Ghirardelli non ha forse trovato, a oggi, una propria grammatica visiva identificativa, che appare ancora in continua metamorfosi come le lavorazioni che attraversa.

Foto di Giovanni Savi
Foto di Giovanni Savi