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panorama

Miriam Montani

Cascia 1986
Vive e lavora a Torino
Studio visit di Osservatorio Futura (Francesca Disconzi, Federico Palumbo)
22 marzo 2024

Miriam Montani nasce e passa parte della sua vita in Umbria, dove collabora con l’artista Franco Troiani alla curatela di diverse mostre. L’esperienza suscita in lei un interesse per la dimensione collettiva e per la collaborazione, attitudine che riporterà in due progetti da lei fondati: Sciame Project (2016) e Carrozzeria delle rose (studio fondato a Milano nel 2021 e spostato da circa un anno a Torino).

Dopo una breve esperienza a Perugia, Montani si trasferisce a Venezia dove vive per quasi nove anni, frequentando i corsi dell’Accademia di Belle Arti. La città ha un’importanza fondamentale nella sua formazione, diventando per lei una vera e propria scuola di pensiero. Successivamente l’artista si trasferisce a Milano, città che l’avvicina a una dinamica completamente diversa, fortemente rivolta alla professionalità e all’impegno artistico. Attualmente vive e lavora a Torino.

La ricerca di Montani può essere definita poliedrica, densa e diversificata. Essa si concentra principalmente sull’essenza della materia viva o, di contro, sulla fine del suo ciclo vitale, con la conseguente trasformazione (fisica e di significato) che ne consegue. Si tratta di un lavoro che utilizza la stessa sostanza del mondo per farne riaffiorare il significato puro e poetico, nell’idea che la verità si possa manifestare proprio attraverso la materia.

L’interesse per elementi spesso deperibili porta inevitabilmente l’artista a ragionare sulla morte; in alcuni casi questo processo può assumere un ruolo quasi terapeutico, come nel caso di Impermanenze (2016), un lavoro dedicato al terremoto del 30 ottobre dello stesso anno, verificatosi nella sua terra natale. Il processo messo in atto da Montani, che potremmo definire alchemico, non è quindi legato alla rappresentazione ma piuttosto alla fuggevolezza dell’immagine stessa e alla sua riemersione. L’artista ha inoltre un forte interesse per la scrittura e per la poesia, spesso legata all’azione (Inversioni di volo I, 2020), nonostante consideri parola e immagine due elementi separati.

La processualità di Montani, che nasce da un personale contatto con il mondo, la conduce verso l’idea del ‘riportare in superficie’, tema che ha molto a che fare con le pratiche del contemporaneo. I lavori dell’artista implicano diversi livelli di lettura, a volte particolarmente attuali, pur utilizzando elementi ancestrali e simbolici. Nonostante alcune opere possano sembrare delle ‘prese di posizione’, non si tratta mai di dichiarazioni esplicite, bensì di un discorso molto più complesso e stratificato, lontano da un’idea di rappresentazione e di formalizzazione fissa. Montani è inoltre in grado di riattualizzare tecniche antiche interrogandosi sul processo stesso e sulla metodologia, senza tuttavia incappare in una formalizzazione fredda o fine a sé stessa.

Nell’ultimo anno l’artista sta tornando a ragionare su alcuni lavori iniziati in precedenza, come Lacrimosa, pianto senza dolore (2023) realizzato a partire dalla lavorazione della pelle di cipolla, essiccata e processata, sulla cui superficie sono tatuate cicatrici di familiari o persone con le quali è entrata in contatto; in questo caso, le lacrime scaturite dal rapporto diretto con la materia diventano mezzo per superare il trauma e il dolore. La necessità di rimettere mano ad opere precedenti sembra essere un’esigenza di quest’ultimo periodo, riallacciando così il rapporto con materie già utilizzate come il metallo, gli acidi e il fuoco. Ancora una volta notiamo che si tratta di elementi alchemici in cui l’idea stessa di laboratorio, quindi di trasformazione, ha un ruolo particolarmente importante.

L’artista fa difficoltà a ‘delegare’ parti di produzione anche quando il lavoro avrebbe bisogno di maestranze precise. La dimensione artigianale può diventare allora un punto di debolezza.

La sua ricerca, tuttavia, matura ed è sempre presente una coerenza di fondo, nonostante la moltitudine di media adottati. Lavorare con elementi fortemente simbolici, che non sono mai didascalici o scontati e la maestria nel trattare materie deperibili per trasformarle in qualcosa di altro, sono ulteriori elementi di valore che caratterizzano l’opera dell’artista.

Foto di Davide D’Ambra
Foto di Davide D’Ambra