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panorama

Matteo Vettorello

Venezia 1986

Vive e lavora a Milano e a Venezia

Studio visit di Edoardo De Cobelli

Lo studio di Matteo Vettorello, dopo qualche tempo in condivisione con gli artisti dello studio Armenia, è ora elegantemente sistemato in un locale nel denso quartiere artistico tra Città Studi e Porta Venezia, a Milano. Le opere di Vettorello sono spesso dei paradossi: a volte nascono già obsolete, non curandosi del proprio senso; sono sculture che in realtà sono strumenti e viceversa, e infine misurano cose immisurabili, come i sentimenti, attraverso sistemi assolutamente misurabili e biometrici. Lo stesso Matteo Vettorello, d’altronde, è paradossale, artista riservato, in privato e in società ma che, attraverso il suo lavoro, mette in contatto le persone.

Muovendosi tra Milano e Venezia, negli ultimi anni ha realizzato una serie di opere che dialogano con il pubblico, spesso collocate in contesti pubblici, come Edicola Radetzky e il parco di Citylife a Milano. Le sculture si fondano su un approccio relazionale e comportamentale a partire dalle interazioni con e tra gli spettatori coinvolti. A determinare la natura del coinvolgimento è naturalmente il dispositivo, che dà forma alla scultura.

Pressione simpatica, l’installazione che mi ha fatto incontrare il suo lavoro nel 2019, calibrava i battiti cardiaci di due persone disposte frontalmente, fino al raggiungimento della stessa frequenza. Accesa e funzionante, l’opera mostra il suo ingegno meccanico attraverso una struttura trasparente di vetro e ferro, come molti dei suoi lavori, che esibiscono il corpo tecnico. La sinergia è messa in campo anche nel più recente R.B.V.O.T.L. (Rilevatore di benessere del vicinato per ottimizzare la tranquillità di un luogo), scultura capace di creare un vortice acquatico attraverso la voce congiunta di tre partecipanti. Lo spettatore diventa fruitore e l’opera un dispositivo di comunione quasi rituale, che non di rado richiede tempo, ritmo e concentrazione a sconosciuti in dialogo tra loro.

Dietro ogni opera di Vettorello, i meccanismi fisici e elettromagnetici che costituiscono la scultura servono per visualizzare qualcosa di raramente afferrabile, come gli stati d’animo o il loro riflesso fisiologico. La misurabilità non è tuttavia un’oggettivazione – e qui superiamo il principio di sintesi e utilitarietà della meccanicistica – ma è un principio di consapevolezza e condivisione sensibile. Come lo stetoscopio medico trasforma un dato vitale in un dato sensibile, le opere di Vettorello restituiscono e dipingono aspetti altrimenti inosservabili se non attraverso uno strumento tecnico, manifestandoli, però, attraverso l’interazione. La macchina cura e avvicina, perché l’artista la trasforma in un dispositivo per ‘stare e sentire’, nel qui e ora del momento performativo.

Nel nuovo studio, Matteo sta lavorando su un principio di serialità mai affrontato dalla sua ricerca. Attraverso il supporto della stampante 3d, la riproducibilità degli elementi che compongono le sue opere, finora uniche e frutto di un’elaborata artigianalità, le trasformerebbe in oggetti maggiormente condivisibili, quasi domestici.

Si potrebbe argomentare che le macchine di Vettorello misurano alcuni tra i pochi dati che ancora riusciamo a tenere per noi, dunque strettamente personali. Il nostro timbro, il nostro battito. E per cosa? I titoli rimangono a questo proposito criptici e, allo stesso tempo, esplicativi. Cosa può fare il Sintonizzatore di decongestione ambientale, o il Rilevatore di benessere del vicinato? Dietro alle loro peculiari declinazioni, i dispositivi sono creatori di momenti di connessioni e relazioni.

In un orizzonte sempre più digitale, i software sono usati dall’artista per avvicinare, piuttosto che allontanare, le persone. Guidati da un’azione all’apparenza banale, come l’emissione di un suono, le sculture abbracciano il principio di partecipazione dell’opera d’arte, cogliendo il senso più profondo di un termine troppo spesso abusato.