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panorama

Matteo Sanna

San Gavino Monreale 1984
Vive e lavora a Guspini
Studio visit di Nicolas Martino

Matteo Sanna, artista autodidatta, è nato in Sardegna ma ha lasciato l’isola piuttosto presto. Ha lavorato e vissuto a Napoli, Roma e Milano, prima di tornare in un piccolo paese nei pressi delle miniere di Montevecchio. Ha iniziato il suo percorso facendo l’assistente di galleria, entrando così da subito in contatto con il sistema dell’arte, e oggi lavora con diverse gallerie in Italia e all’estero facendo la spola tra la sua isola e l’Europa.

Parlando con Matteo delle ragioni del suo lavoro, e guardando con attenzione le opere nel suo studio, viene quasi subito da pensare a Sergio Atzeni, uno degli scrittori che con Giulio Angioni e Salvatore Mannuzzu ha dato vita alla nouvelle vague della letteratura sarda, scoperto nei primi anni Novanta dalla Sellerio e oggi tradotto in diverse lingue. In particolare, viene in mente il suo ultimo romanzo, Il quinto passo è l’addio, dove lo scrittore racconta il rapporto conflittuale con la sua terra d’origine e la difficoltà di lasciarla per inseguire il desiderio di scrivere. Sanna sembra essere attraversato dallo stesso spirito, che lo ha portato a ‘scappare’ dal suo luogo d’origine per poi tornare indietro, una volta cresciuto, ma con la valigia sempre pronta. In Matteo questa relazione conflittuale con la madre (ovvero quell’isola che sembra quasi un continente) a cui si è legati da un amore tanto viscerale che rischia di soffocare, diventa, più in generale, un lavoro analitico sulle origini, la casa, la memoria e l’identità di ciascuno di noi. Forse non è un caso che nel suo percorso artistico le occasioni espositive in Sardegna siano state davvero molto poche, a fronte di un lavoro svolto prevalentemente in giro per il mondo. Come se – al di là delle oggettive difficoltà – Sanna intuisse il pericolo di una relazione con ciò che ama e odia allo stesso tempo.

Nel suo ormai quasi ventennale percorso, Matteo ha utilizzato diversi mezzi espressivi, dall’installazione alla scultura, dalla fotografia alla ceramica, per arrivare più recentemente a una pittura lirica che si risolve soprattutto in lavori di dimensioni contenute, ma cariche di una forte tensione poetica ed espressiva. Per capire meglio il senso del suo lavoro conviene fare riferimento a una sua opera del 2010 dal titolo Comfortably Numb (Death to the People of Lot): si tratta di una casa ricostruita come una tipica villetta americana, un luogo che è allo stesso rifugio sicuro e luogo di oppressione ed emarginazione. La discriminazione di ciò che non è omologato inizia nella vita privata di ognuno di noi, per poi moltiplicarsi a livello sociale e politico. La paura di ciò che è ‘differente’ è strettamente legata a un rimosso che rimanda ai nostri affetti, spesso alla nostra infanzia e quindi a una ferita domestica o, potremmo anche dire, biopolitica. Di qui l’indagine a tutto campo sulla memoria, individuale e collettiva, che per Matteo diventa anche cicatrizzazione della ferita attraverso un’elaborazione poetica che fa della ruggine, della polvere, del frammento, il segno di un’elaborazione analitica restituita sulla materialità dell’opera. Materia che frequentemente rimanda al rapporto con l’origine, come nelle ceramiche, che recuperano una tradizione artigianale del suo paese natale, ma che Sanna restituisce volutamente imperfette (e fragili, come un fraintendimento), o come nelle pitture acquatiche e sabbiose, realizzate con gli elementi naturali di un territorio geologicamente unico.

Nello studio è possibile vedere i lavori in preparazione per la prossima personale che si terrà da NM Contemporary, intitolata Ladro di fiori e tutta giocata su un’ultima produzione pittorica. Sanna, soprattutto in questi lavori, riesce ad arrivare a una sintesi di grande efficacia nella quale la memoria personale e collettiva si fa espressione poetica che guarisce, senza che però, le tracce della malattia che ci ha colpito spariscano del tutto. Anzi, sono proprio queste tracce il segno di una consapevolezza profonda: non si guarisce mai e non si esce mai dalla lingua nella quale siamo compresi. Anche per questo sarebbe importante che Matteo Sanna riuscisse a trovare altre occasioni espositive importanti proprio in Sardegna.

Foto Lorenzo Cabib