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panorama

Matteo Montani

Roma 1972
Vive e lavora a Bologna
Studio visit di Chiara Pirozzi
6 marzo 2024

Matteo Montani si forma nelle Accademie di Belle Arti di Urbino e Roma e inizia la sua attività nel 1997, definendo nel tempo una specificità pittorica che lo conduce all’utilizzo della carta abrasiva come supporto e alla realizzazione di monocromi a olio. Per l’artista, l’utilizzo della carta abrasiva serve a far ‘aggrappare’ il colore e a trattenerlo; si tratta di suggestioni provenienti dall’ambiente urbano e dal paesaggio in generale, inteso come luogo fisico che si trasforma in luogo dell’anima. Da diversi anni Montani ha spostato il suo studio a Bologna, presentando i suoi lavori in esposizioni personali e collettive, in Italia e all’estero. Le sue opere sono parte di collezioni pubbliche e private, come la Fondazione VAF di Francoforte, il Museo Andersen di Roma e il MAR di Ravenna.

La pratica dell’artista risponde all’esigenza di indagare il concetto di immagine, intesa come manifestazione dell’esperienza sensibile e che, in quanto tale, ha la capacità di lasciarsi percepire non solo dallo sguardo. La pittura di Montani si esplicita in forme astratte che tracciano, al contempo, il segno indicale di una realtà fenomenica. Le sue astrazioni, dunque, attingono a un immaginario collettivo familiare che conduce ad associare forme e colori al paesaggio naturale, alle luci di albe e tramonti, percepibili nel cielo come sul mare.

Il processo esecutivo risulta gestuale e performativo, portando l’artista non solo a spostarsi intorno al supporto scelto ma anche a muovere quest’ultimo fra le braccia, lasciando alla tecnica e all’esperienza della gestualità la capacità di far scivolare il colore con equilibrio e bilanciamento. In questi termini, Montani si inserisce in una tradizione pittorica ben salda nel panorama artistico italiano e non solo, partecipando al dibattito contemporaneo sull’attualità del linguaggio pittorico.

Da diversi anni ha aggiunto all’uso della carta abrasiva il più tradizionale uso della tela come supporto delle sue sperimentazioni su materiali e tecniche. Tale duplice ricerca è stata recentemente presentata in due personali realizzate presso la Elkon Gallery di New York e la galleria Luisa Catucci di Berlino.

Le sue sperimentazioni indagano ultimamente il concetto di ‘corpo pittorico’, con l’uso di tecnologie digitali in grado di far immergere l’osservatore nelle pieghe e nelle crepe del colore steso su tela, così come nei cosiddetti dipinti in sparizione, in cui l’artista rende manifesta l’opera soltanto dopo aver adeguatamente bagnato la parete e di cui si ricorda il wall drawing realizzato nel 2017 negli spazi della Galleria Nicola Pedana. Lo stesso processo è costitutivo dell’opera realizzata nel 2020 sull’edifico che ospita la Fondazione Giacomo Manzù ad Ardea, realizzata grazie alla vittoria al PAC – Piano per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura. L’opera rappresenta un arcobaleno e per l’artista si tratta di un lavoro in divenire su cui continuerà a intervenire attraverso l’aggiunta di un testo.

Le opere di Montani risultano essere caratterizzate da una cifra stilistica molto precisa che rende riconoscibile l’autore attraverso i suoi lavori; se nel corso della sua carriera ha mostrato propensione per immaginari spinti verso una sfera ulteriore, viceversa nelle ultime produzioni il suo sguardo appare proiettato su una visione terrena e concreta. In questo processo ha ceduto talvolta a forme piuttosto leziose, seppur nell’ambito di una costante sperimentazione su forme e contenuti.

La sua ricerca propone un’ampia sperimentazione sul linguaggio della pittura e delle tecniche pittoriche, riuscendo a mettere in dialogo tradizione e nuove istanze, generando valore sia nel dibattito critico e culturale sia nell’interesse del mercato.

Foto di Matteo Piacenti