Aversa 1972
Vive e lavora ad Aversa
Studio visit di Chiara Pirozzi
Mariangela Levita, dopo diversi anni di ricerca e di lavoro a Londra che l’hanno vista lontana dalla scena artistica campana, negli ultimi tempi ha trasferito il suo studio ad Aversa, cittadina della provincia di Caserta. Le esperienze acquisite durante la residenza all’estero non hanno affievolito l’interesse e i rapporti con il territorio d’origine, come dimostra una serie di produzioni realizzate per la città di Napoli. Esemplari di tale relazione fra l’artista e il territorio, sono alcuni progetti pubblici permanenti; come Uno sguardo sospeso (2007), un lavoro site specific per le scalinate interne del “Padiglione Palermo” dell’ospedale Cardarelli di Napoli, e Self-Definition, realizzato per la linea 6 della stazione metropolitana di Mergellina (2008).
La poetica di Mariangela Levita agisce nella relazione fra uomo, contesto e architettura, attraverso l’intromissione di tracce e segni minimi in grado di scalfire o ridefinire sistemi codificati. L’artista utilizza un lessico elementare, che procede dalla geometria al monocromo, dalla parola ai segni d’interpunzione che, nella loro essenzialità e universalità, sono in grado di riprogettare lo spazio attraversato e la sua funzione. Tale ricerca si risolve, nella maggior parte dei casi, in progetti ambientali di ampio respiro in cui lo spazio architettonico, definito nei suoi elementi essenziali – pareti, soffitto e travi – diventa oggetto d’interventi di pittura murale, oppure si trasforma in ottiche e filtri, come nel caso delle finestre, in grado di alterare le percezioni fra il dentro e il fuori.
I lavori di Mariangela Levita, in virtù della loro natura spesso commisurata allo spazio architettonico, aprono alla riflessione e al dibattito sul ruolo della committenza, sia essa pubblica o privata, nel sistema dell’arte contemporanea. Assodato il sostanziale sostengo agli artisti, in termini sia materiali sia espositivi, la committenza offre anche l’opportunità di attivare uno scambio formale e contenutistico fra artista e richiedente. La natura dei lavori di Levita agisce sovente in questi contesti e può risultare esemplare in tale dibattito, rispetto alle potenzialità e agli eventuali vincoli della committenza nella pratica artistica.
Mariangela Levita ha recentemente inaugurato la sua mostra personale presso il Museo d’arte Contemporanea di Bogotà, dal titolo FULL. L’esposizione si compone di interventi installativi e pittorici site-specific fra l’interno e l’esterno del museo. La mostra è stata concepita dall’artista con una serie di lavori disseminati sia nelle sale espositive sia in spazi interstiziali e di passaggio, canonicamente non destinati alla fruizione delle opere. Wall drawings dalle forme minime in bianco e nero accolgono il visitatore sin dalla parete esterna del museo, fino all’ingresso della toilette, nei colori che definiscono lo spettro solare, proponendo un’alterazione puntuale della temperatura cromatica e percettiva dello spazio. Una cifra stilistica, quella delle sue opere, molto precisa che si risolve nell’utilizzo di pattern dalle forme minime e geometriche.
Tali moduli rappresentano il punto d’arrivo di una ricerca compiuta e matura ma, in linea generale, potrebbero risultare limitazioni di ulteriori sperimentazioni formali, trasformandosi in griglie estremamente rigide da cui risulta difficile separarsi. La ricerca di Levita tuttavia convince per la sua attenta e costante analisi e interpretazione dello spazio, in particolare quello architettonico e funzionale. Pur agendo sul piano pittorico della bidimensionalità, dimostra un’attitudine ambientale e un rispetto per i luoghi nei quali interviene che, seppur ‘invasi’ dalla presenza dell’opera, non risultano subire mai un processo di camouflage.