Grosseto 1986
Vive e lavora a Roma
Studio visit di Nicolas Martino
Leonardo Petrucci ha studiato Pittura all’Accademia di belle arti di Roma dove si è diplomato discutendo una tesi sul rapporto tra alchimia e arte. A Roma ha tenuto la sua prima personale, in coppia con Bruno Cecccobelli nel 2011, nella galleria di Pino Casagrande che allora aveva sede al Pastificio Cerere, dove Petrucci continua a lavorare in uno studio che si trova proprio tra le mura della Fondazione. Una scelta non casuale che testimonia una continuità poetica, oltre che affettiva, con una parte importante della storia dell’arte in questa città a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. Magia sembra essere la parola chiave intorno a cui si sviluppa il lavoro di questo artista che esprime un’affinità elettiva con alcuni protagonisti della stagione appena ricordata, Ceccobelli senz’altro, ma ancora prima e forse soprattutto Vettor Pisani e Gino De Dominicis che, insistendo su questi temi, avevano forzato i limiti dell’arte concettuale. Una magia da intendere nel senso che traspare dalle pagine di Ernesto De Martino, autore mal compreso a suo tempo e oggi sempre più un ‘classico’ del Novecento. alla luce della crisi che attraversa il nostro mondo. La modernità, lo sappiamo, ha privilegiato un approccio razionale alla realtà, relegando altre dimensioni nel ghetto esecrabile della mancanza di sviluppo o di ‘lumi’. Basterebbe andare a rileggersi alcune pagine dell’eurocentrico Hegel, soprattutto quelle dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, per rendersi conto del pregiudizio che ha pesato sul magismo. Certo, lo avevano già capito altri nell’Ottocento, quando una parte del romanticismo provò a superare i limiti di una cultura che si voleva tutta figlia della rivoluzione scientifica, ma si potrebbe anche ricordare il ruolo della magia nel rinascimento, prima che Cartesio e poi Hobbes spianassero la strada alla conquista della cultura e del potere politico da parte della borghesia in ascesa, o si potrebbe pensare al ruolo dell’alchimia in alcune declinazioni delle avanguardie storiche, o ancora ripensare al ruolo riconquistato dalla magia alla fine degli anni Settanta, proprio quando i limiti di quella modernità tutta razionale e borghese ormai non reggevano più, sottraendosi, con buona pace di Habermas, a ogni riformabilità. E proprio lì trova radicamento il lavoro di quegli artisti che intorno al valore gnoseologico e terapeutico della magia iniziano a lavorare, come fa in questi nostri anni Leonardo Petrucci, quando quella stessa crisi si è rivelata pienamente per quello che è, come aveva già detto De Martino ne Il mondo magico, ovvero una crisi di civiltà. È quando si aprono queste faglie che la magia diventa necessaria per arginare la crisi della presenza e quindi evitare il pericolo di non riuscire più a esserci, a orientarsi in un mondo che gli sviluppi della fisica quantistica hanno rivelato non essere più quello che si era pensato. Ora scienza e magia procedono insieme, proprio come succede nel lavoro di Petrucci, che ruota intorno ai concetti della geometria sacra, della cabala e dell’astrologia, attraverso la costruzione di enigmi linguistici e matematici. Una serie di progetti che prendono vita sulla soglia di un mondo che, quando finisce, si interroga sulle sue origini, come in Panspermia (2019-2022), una serie di oli su tela applicata su tavola, per lo più di piccole dimensioni, e come era già accaduto nella personale Once Upone a Time presso la Galleria Gilda Lavia nel 2019, con una serie di lavori che insistevano su uno scarto laterale rispetto alla nostra idea del tempo. Se il tempo non è una dimensione separata dallo spazio, non scorre e non ha una direzione, come dimostrano le ricerche scientifiche e filosofiche più avvedute, ci si rivela in tutta la sua attualità una sapienza antropologica tanto antica quanto post-moderna, proveniente da un’epoca nella quale c’era un tempo senza tempo. Ecco allora che nello spaesamento nel quale ci muoviamo, l’artista torna a essere un alchimista che gioca con la trasmutazione della materia, un mago come il Filemazio di Guccini, intento a osservare il cielo e fare oroscopi. Leonardo Petrucci ha recentemente esposto la sua Tessitura cosmica, all’Istituto italiano di cultura di Santiago del Cile, come vincitore del bando Cantica 21, e sempre nel 2021 ha vinto il Premio Michetti con l’opera Sol 2081 (2019).