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panorama

Leonardo Boscani

Sassari 1961
Vive e lavora a Platamona
Studio visit di Nicolas Martino
17 marzo 2024

Leonardo Boscani si è formato come artista all’Accademia di Belle Arti di Sassari, dove si è iscritto in età già adulta, avendo alle spalle un’esperienza politica legata ai movimenti autonomi degli anni Settanta e Ottanta. Un artista relativamente giovane, dunque, nonostante l’età matura, nel quale sembrano riassumersi anche le contraddizioni di un territorio tanto ricco di intelligenze e talenti, ma altrettanto ‘colpevolmente’ povero di occasioni per i suoi figli. Spiego meglio: Boscani fa parte di una generazione di artisti che nella Sardegna degli anni Novanta ha disegnato una nuova scena che sembrava potersi affermare e quindi crescere grazie all’impegno virtuoso della critica e della politica. Impegno che prevedeva all’epoca l’apertura di un importante museo di arte contemporanea che avrebbe dovuto funzionare come palestra e volano artistico della città di Sassari, allora provincia particolarmente vivace. Dopo un quarto di secolo possiamo dire che quel progetto è naufragato e quel territorio sembra essere diventato simile a quella terra dei morti viventi raccontata da George Romero: pochi ricchi asserragliati nella loro cittadella senza alcun interesse per il resto del mondo, ma con la paura di essere depredati dal basso. Ecco, a far naufragare quella vivacità sono stati probabilmente quei pochi ‘ricchi’ che hanno drenato risorse non per far crescere il territorio, ma per arricchirsi ulteriormente, tradendo la collettività e le sue aspettative.

Certo Boscani, che nonostante tutto è sempre voluto rimanere a vivere e lavorare in quel territorio senza arrendersi all’alternativa della partenza, non è stato a guardare, ma forte della sua esperienza politica si è trasformato in un animatore della scena culturale cittadina ogni volta che le condizioni lo hanno reso possibile. Già protagonista di un’occupazione artistica, negli stessi anni del Valle a Roma e di Macao a Milano, da anni lavora al progetto di una casa di riposo per artisti e ora è impegnato a sviluppare una serie di residenze d’artista ‘galleggianti’ che dovrebbero circumnavigare l’isola, cambiando la prospettiva dalla quale chi arriva dal continente scopre la Sardegna. Questo impegno organizzativo è parte fondamentale della sua attività artistica, che lo ha visto partecipare a diverse collettive e personali negli ultimi anni, soprattutto nella vicina Corsica. Un lavoro, il suo, che ha al centro i temi della migrazione come condizione umana, della comunicazione e del ruolo dell’ideologia, della potenza utopica della fantascienza e delle contraddizioni politico-sociali del mondo occidentale e che si sviluppa attraverso l’utilizzo di diversi media che vanno dal video al disegno, dalla fotografia alla pittura, dalla performance al plotter, fino al recupero di forme di comunicazione militanti come i dazebao.

Lavori di grandi o piccole dimensioni che sono presenti in gran numero nel suo studio, accumulati negli anni o di recente produzione. Tra le sue mostre si segnala senz’altro quella del 2018 al Frac in Corsica e curata da Anne Alessandri, La condizione umana. Il catalogo realizzato per l’occasione permette di ripercorrere complessivamente temi e mezzi tipici di Boscani. Nello studio si può notare, invece, un’opera degli anni Novanta, un grande plotter esposto nel 1999 nella mostra Atlante. Geografia e storia della giovane arte italiana a cura di Giuliana Altea e Marco Magnani (della cui importanza strategica si è già parlato in altri studio visit). Nonostante l’età, questo lavoro che ritrae uomini con le maschere antigas richiama paradossalmente questi nostri ultimi anni, minati dalla pandemia e dalla paura sempre incombente dei disastri ambientali.

In generale quello di Boscani è un lavoro interessante che tratta temi diventati man mano sempre più scottanti, dalla condizione del lavoro artistico a quelli della post industrializzazione e dei rapporti geopolitici sempre in movimento, realizzati con un’ironia che non invita al disimpegno ma che si fa armatura necessaria contro l’orrore contemporaneo. Una produzione che merita senz’altro di essere riscoperta perché tutt’altro che datata e che probabilmente guadagnerebbe ulteriormente in qualità e incisività se riuscisse a trovare maggiori occasioni di circolazione e confronto. Una sfida difficile in un sistema dell’arte che disconosce i tempi lenti dell’isola, ma che forse vale la pena di tentare ancora.