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panorama

Lamberto Teotino

Napoli 1974

Vive e lavora a Roma

Studio visit di Daniela Trincia

È in una delle vie principali del rione Monti che Lamberto Teotino ha scelto di sistemare il suo organizzato e molto curato studio (fino a non molto tempo fa, anche abitazione). Nonostante i natali napoletani e alcune inflessioni venete, è ‘romanissimo’, cresciuto da una nonna stampo ‘sora Lella’. Inserito nel volume The New Collectible Art Photography di Susan Zadeh (2013), tra gli artisti che nel decennio hanno indagato l’immagine fotografica in modo nuovo e originale; vincitore del Premio Combat con l’opera Mary Shelley (2013), nel 2018 ha presentato, alla Galleria Nazionale di Roma, il video Surrendering, con le musiche di Ennio Morricone e, nel 2021, ha partecipato alla mostra The Families of Man al Museo Archeologico di Aosta.

Brevissimo elenco della sua più recente attività che attesta come sia un artista ‘a metà’. Sebbene nasca come pittore (con una formazione prima al liceo artistico, poi all’accademia di belle arti), tuttavia è fotografo – ma non fotografo; videoartista – ma non videoartista; performer – ma non performer, essenzialmente impegnato in una ricerca sull’immagine. Non astratto, radicalmente figurativo (agli esordi ha molto risentito dell’influenza di Bacon), e profondamente concettuale, ben presto ha focalizzato che le tematiche da lui affrontate riguardavano una «dimensione aliena / fantascientifica». Visione che meglio si esprime con la tecnica fotografica e il video, perché il digitale si presta alla ricerca che intende affrontare per la sua prospettiva futuristica. Dopo essere passato da un’analisi sull’identità, e quindi sulla body art, ha percepito che a interessarlo è una dimensione altra, non terrena, dapprima ottenuta attraverso fermo-immagini dei video da lui girati, poi attingendo direttamente dal web. Quindi, utilizzando le diverse tecniche artistiche, lungamente studiate e indagate, le ha attraversate e fuse mediante l’uso della fotografia, della quale, però, ha superato la griglia che condiziona lo stesso strumento fotografico (tempi di esposizione, messa a fuoco, diaframma), utilizzandolo alla stessa stregua di un pennello con i tre colori primari, potendone sfruttare le infinite combinazioni.

In seguito, proprio dalla visione di migliaia di immagini di archivio, passando dal colore al bianco e nero, ha individuato quello scarto magico, l’enigma, dentro il quale si apre un intero mondo. Da una errata piegatura della carta, deriva un’immagine altra (Sistema di riferimento monodimensionale)che, nello spostamento di contorni e spazi di una fotografia, e muovendosi in quella porzione di immagine nascosta, crea un fastidio visivo che obbliga a una visione più attenta, alla formulazione di diversi interrogativi e, al tempo stesso, torna alla monodimensione, all’1D che, per sua definizione, è completamente differente dal 3D.

Attualmente la sua indagine è costantemente rivolta sull’immagine che non c’è, sull’assenza, ma anche sulla presenza di un’apertura, dopo i lavori raccolti sotto il titolo 1816. Un anno singolare e quanto mai emblematico: un anno senza estate, con distruzione di raccolti, morte di bestiame, diffusione di epidemie, alti livelli di cenere nell’atmosfera che costrinsero le persone a rimanere chiuse in casa; dal web, ha individuato ritratti a olio realizzati durante quell’anno e, in essi, ha distinto dettagli di parti rovinate; ingrandendoli, li ha presentati sotto forma di stampa artistica, fondendo e sovrapponendo due tecniche che, a una più attenta visione, dichiarano la loro diversità. Ora si sta dedicando a una ricerca sul video di archivio, con First Experiment on Failure of Quantum Gravity, filmati che riproducono all’infinito degli esercizi fisici, e con Surrendering, video ripresi dal dark web dove l’uomo sfoga la sua cattiveria sugli animali.

L’utilizzo di immagini dal web di epoche passate, in bianco e nero, oltre a suscitare un immediato senso di nostalgia, appare come una prassi consumata, finanche smagliata, dall’ampio uso che già negli anni Novanta del secolo scorso ne fu fatto. Inoltre, l’impiego di determinate fotografie, fa apparire i suoi lavori politicamente impegnati. In realtà sono le trappole artistiche che Lamberto Teotino dissemina. Innanzi tutto, perché ciò che maggiormente lo interessa è che le sue opere possano suscitare uno spostamento percettivo, far cogliere la magia, provocare una reazione, offrire aperture, un tempo sospeso. Quindi, una ricerca sull’archivio che ha dato sostanza a un corpus di lavori, realizzato in un arco di dieci anni, perfettamente racchiuso in quella che lo stesso Teotino ha definito The Trilogy of Archive: tre distinti gruppi di opere che partono dall’indagine di fotografie in bianco e nero, nel quale ha inserito anche l’aspetto installativo e performativo, all’esame di immagini di dipinti d’epoca per concludersi con una ricerca del video.