Cerca
Close this search box.

panorama

Kinkaleri

Collettivo artistico costituito a Firenze nel 1995 da Matteo Bambi, Massimo Conti, Marco Mazzoni, Gina Monaco, Luca Camilletti, Cristina Rizzo

Studio visit di Marco Scotti

Kinkaleri – oggi Massimo Conti, Marco Mazzoni e Gina Monaco, tre dei sei membri fondatori – è un collettivo attivo a Prato. Li incontro in uno spazio unico, qualcosa che è molto più di uno studio: hanno infatti la loro base operativa dal 2001 nello spazioK, capannone che è parte dell’ex-area industriale Campolmi nel centro storico della città. Uno spazio di prova, una sede operativa dove poter anche allestire e mettere in scena i lavori del collettivo, che ha trovato poi negli anni una serie di dimensioni nuove, rivolte alle residenze: dal 2013 lo spazioK è Centro di residenza regionale e ospita regolarmente artisti nazionali e internazionali che lavorano principalmente negli ambiti della danza e della performance. A tutto questo si aggiungono gli eventi, con rassegne curate da Kinkaleri, come Is It My World? e Body To Be. «Un modo di rendere evidenti una serie di nostre scelte, legate a performance con cui trovavamo similitudini, non tanto estetiche ma di approccio alla scena», racconta Marco Mazzoni. «Uno spazio che risponde alle nostre necessità, come ogni studio d’artista in fondo. 300 metri quadri attrezzati, autonomi per quanto riguarda suono e illuminazione, dove poter elaborare indipendentemente la nostra progettualità», conferma Massimo Conti.

Lo spazio inteso, appunto, non solo come luogo dove produrre gli spettacoli, le scene, gli oggetti, i set fotografici, ma in senso più ampio come ambiente dove lavorare di continuo su scambi e pensieri, soprattutto grazie a inviti e a partecipazioni a bandi nazionali. «Sono residenze che a volte mettono in campo una ricerca pura, non strettamente finalizzata a un esito definitivo. Andiamo a ricercare quelle figure che sono in una fase intermedia della sperimentazione», ci racconta Marco Mazzoni.

Ma cos’è Kinkaleri oggi? Leggendo la presentazione sul loro sito web, un collettivo che «opera fra sperimentazione teatrale, ricerca sul movimento, performance, installazioni, allestimenti, materiali sonori». Le costanti nel tempo sono quelle di un gruppo che guarda con curiosità, e al tempo stesso si muove tra i linguaggi e modalità espressive, con una particolare attenzione al corpo. Un approccio prezioso nel contesto contemporaneo, che soprattutto nella pratica performativa trova i suoi esiti. Ma spazia verso la danza, il teatro, per arrivare a modelli di curatela e all’arte pubblica: basti pensare a W, progetto pensato per Bologna. Il primo cartello con la lettera W, versione capovolta di quelli destinati a indicare l’ingresso di una metropolitana, era nato con Wanted. Intuizioni sul mondo in attesa che diventino una costruzione compiuta, un progetto partecipato ideato dal collettivo per il sottopassaggio di piazza Maggiore nel 2007 e commissionato dall’associazione culturale Xing. Il segnale luminoso indicava l’ingresso all’ambiente dove si succedevano incontri ed eventi live, e con le successive edizioni del festival ne sono apparsi altri: oggi questi – un po’ come Metro Net di Martin Kippenberger – rimandano a una città immaginaria, a trasporti impossibili ma perfettamente credibili vissuti quotidianamente dai cittadini. «Non c’è una linea unica nel nostro lavoro, di volta in volta mettiamo tutto in discussione: linguaggio, soggetti, riflessioni», ci racconta Marco Mazzoni. Un dato evidente, ad esempio, è l’utilizzo di altri performer sulla scena, non più riservata esclusivamente ai membri del gruppo. «Ogni performance necessita di persone specifiche, le cerchiamo di volta in volta».

Al momento è sulla distribuzione di alcuni lavori che Kinkaleri è attivo, Otello e HellO° prima di tutto, le due produzioni – insieme a Inferno, rilettura dantesca rivolta ai ragazzi – ancora profondamente legate alla loro ricerca in divenire. Sempre sul corpo e sulle relazioni possibili sono attivi una serie di laboratori, e non si fermano le rassegne curate sulla performance contemporanea, come Body To Be,che in collaborazione con il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, proprio questo mese ha visto in scena, nella città di Prato, Michele Di Stefano / mk e Michele Rizzo, e negli anni ha ospitato figure come Jérôme Bel, Cesare Pietroiusti, Cristian Chironi e Tino Sehgal.

Uno dei punti di forza di Kinkaleri continua a essere il muoversi tra i linguaggi, l’evitare categorie così come una voluta riconoscibilità stilistica. «Non c’è mai stata una strategia, è stata una cosa naturale», ricorda Massimo Conti, «è il nostro grado di libertà e la nostra difficoltà rispetto a quello che viene percepito, almeno in Italia». È ovvio che ci siano dei rischi, con un linguaggio predominante, ad esempio, è facile essere classificati, e ogni volta che il collettivo ha studiato modalità differenti, anche antitetiche, si è trovato ad affrontare il pericolo di “non appartenere più”, di non avere rapporti stabili con committenti e istituzioni. «Oggi ogni progetto continua ad avere quella sfocatura su tre persone», ci racconta Massimo Conti, «la parte artistica viene affrontata di volta in volta tra di noi, non c’è una linea o un metodo. Il confronto è fondamentale» conferma Gina Monaco. Pioniere fin dagli anni Novanta, oggi il collettivo prosegue coerentemente, senza cambiare modalità progettuali, a lavorare sul tempo presente, spaziando dal palcoscenico dei teatri alle sale di musei e gallerie.

Foto Jacopo Benassi