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panorama

Iulia Ghiţă

Olteniţa (Romania), 1986
Vive e lavora a Roma e a Catignano
Studio visit di Daniela Trincia

Immersa nel silenzio dei vigneti, la limonaia dell’azienda agricola Terre di Varano di Elena Petruzzi ospita una parte dello studio Iulia Ghiţă: qui, i lavori di grandi dimensioni; nella sua abitazione, quelli di misure più contenute. Laureata all’università d’arte di Bucarest, nel 2009 si è trasferita a Roma per frequentare l’Accademia delle Belle Arti. Con mostre anche al di fuori del territorio italiano, sono le esposizioni per il Premio Roma Centro Storico e Romain alla Temple University che hanno un particolare senso. Mentre nella prima ha realizzato un’installazione con anfore di vetro e acqua, con elementi che creavano delle reazioni, attestando come nella sua produzione si senta libera di spaziare tra media diversi, nella seconda, composta da una serie di quattro acquarelli (Milk), avvalorava, invece, un certo scarto artistico: infatti, anche se utilizza media differenti (dal video alla fotografia, all’installazione), la pittura è il mezzo più rapido che le consente di azzerare il tempo tra il ragionare e il sentire. Attraverso essa esprime le proprie ricerche, traduce le immagini della mente, traspone qualcosa di molto più interiore. Benché avverta una certa indipendenza dei propri sentimenti rispetto alla vita esterna, come se fosse un’esistenza parallela, nei suoi lavori contrappone sempre la velocità del quotidiano alla fermezza delle emozioni, spesso confinate in una parte periferica della percezione, quando, invece, sono una via di conoscenza e di una scoperta interiore.

Contraria all’inseguimento di “un’idea nuova”, Iulia Ghiţă si pone in quell’ampio filone di riflessione sulla pittura quale mezzo artistico e comunicativo, sperimentandolo in forme diverse per portarlo alle estreme conseguenze. A partire proprio dalla tecnica nonché dal supporto e, non da ultimo, dalle dimensioni. Di base utilizza l’acquarello, su una carta particolare, che le consente di stendere contemporaneamente anche l’olio o la tempera su grandi formati. Puntando tutto sul colore, mette in relazione immagini in movimento (grande è l’influenza del cinema, basti vedere Abstract Life) per arrivare all’essenzialità, all’immagine unica, alla staticità, avendo, come punto di arrivo, l’astrazione. Mentre, nella doppia videoproiezione sincronizzata di Running Angle, Ghiţă sperimenta come utilizzare l’arte anche in campi diversi, per superarne i limiti e, nello stesso momento, raccontando molto di sé, della sua vita familiare. Ad essere ripreso durante la vestizione e svestizione rituale, infatti, è suo padre, nella solitudine dell’altare. L’artista tende ad alternare periodi di totale immersione nella pittura a momenti di sperimentazione dell’immagine con altri media. Attualmente, infatti, è impegnata nella serie Paesaggi, realizzati attraverso il video. Dopo Paesaggio 1 e 2, nei quali pone il suo sguardo su diversi dettagli della natura presentati in una videoinstallazione nella quale alcuni frammenti si sovrappongono a disegni (Life from Herself), in questo specifico periodo sta effettuando delle riprese in una riserva di lupi nel Parco Nazionale d’Abruzzo.

Ritraendo soggetti familiari, quali bambini o fiori, con tonalità armoniose, senza cesure e contrasti, la sua pittura può apparire squisitamente contemplativa, finanche decorativa. Ma sono proprio questi “paesaggi dell’anima” che innescano una connessione più ampia, un riconoscimento, un’identificazione con quelle emozioni che appartengono a ognuno di noi. Dando espressione al sentire, crea atmosfere senza tempo, in un costante presente, dove si mescolano e amalgamano ricordi personali con memorie collettive. È bloccare, cristallizzare quell’attimo, quell’emozione, quel dettaglio, affinché non si perdano nel flusso dell’esistenza, ma anche dare importanza e attenzione a quelle quotidiane ed essenziali sfumature, che, altrimenti, passerebbero inosservate.