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panorama

Giuseppe De Mattia

Bari 1980
Vive e lavora a Bologna
Studio visit di Elena Forin
1° luglio 2024

         

Ho incontrato Giuseppe De Mattia alla prima residenza del Nuovo Forno del Pane, al MAMbo, in piena pandemia, e ho iniziato a seguirlo da allora. Nel suo precedente studio visit, Lorenzo Madaro ha restituito con cura e precisione il vasto orizzonte della sua ricerca: a distanza di un anno circa dal suo testo proverò a raccontare gli sviluppi della sua indagine.

Il tema della narrazione è piuttosto presente nel panorama contemporaneo italiano e internazionale degli ultimi anni, e spesso prevede l’impiego di varie forme di archivio, l’alternanza di registri popolari e ufficiali, l’impiego di formule aneddotiche, l’attenzione ai saperi artigianali, agli oggetti e al loro valore simbolico. De Mattia si inserisce in questo ampio ambito di ricerca, declinando tali direzioni attraverso un linguaggio molto personale.

L’identità stilistica, così fortemente connotata, è nutrita dal vasto campo dei suoi interessi concettuali e visivi, oltre che dalla necessità di entrare in contatto con comunità specifiche secondo un principio che allinea sullo stesso piano il coinvolgere e l’essere coinvolto. Nelle pratiche partecipative spesso si parla dell’artista come mediatore, e questo lo pone inevitabilmente su un altro livello rispetto a quello del contesto; per De Mattia, invece, la partecipazione è funzionale a un rapporto tra coscienza e conoscenza, per cui deve essere sperimentata a livello personale. Lo snodo tra questi due fattori, che articola anche attraverso un’intelligente ironia, si ritrova in ogni suo progetto e la sua presenza è possibile grazie alla permanenza dell’artista nei luoghi, negli spazi, nelle tradizioni, tra le persone e nel culto degli oggetti che si legano a determinate situazioni. Certamente in questa sede non è possibile approfondire tale aspetto, ma un piccolo esempio può essere forse d’aiuto per tratteggiare meglio il suo approccio: da qualche tempo, attraverso progetti che sperimentano possibili analogie tra dinamiche espositive dell’arte e dei mercati rionali, è entrato in contatto con uno scrittore di prezzi e insegne per bancarelle, il cui modo di indicare su cartoncino importi e nomi risponde a una precisa cura nella presentazione del prodotto. Questo sapere calligrafico, la cui tradizione è ormai affidata solo a questo signore, va imparata, riprodotta e insegnata, non solo per farne proseguire la cultura, ma anche per favorire il mantenimento di un patrimonio visivo ed estetico rilevante, oltre che per sostenere un’attitudine valorizzante per i luoghi, le cose e le attività del quotidiano. È per questo De Mattia si sta impegnando ad apprendere, usare e diffondere questo sapere.

In tema di mercato, questa volta dell’arte, il soggetto dell’ultima mostra dell’artista (da Matèria a Roma, a cura di Vasco Forconi) è stato quello della gazza ladra, la specie animale che ruba oggetti per costruire wunderkammern mirabili e involontarie. Il percorso espositivo, che evoca certe chiacchiere critico-artistiche sull’autorialità e l’ossessione per il furto di idee nella produzione artistica, ha messo in dialogo opere sonore, aneddotica, installazioni ambientali e reliquie votive – e ha anche attivato un punto vendita condotto da artisti che partecipavano con propri manufatti a prezzi decisamente accessibili. Le abitudini viziose e i luoghi segreti sono invece i temi dell’installazione a COSMOS – CAC di Lisbona (a cura di Orsola Vannocci Bonsi e Mattia Tosti), luogo di rilevanza sociale e culturale della città. Nella stanza ‘segreta’, quella per i giocatori di carte, l’artista ha creato una decorazione di azuleios che riprende simbologie, immagini, formule e gestualità del gioco. Molta parte della decorazione è però mancante, come se il tempo e i furti avessero già fatto il loro corso, rendendo parziale una narrazione che col passare degli anni perde gradualmente la propria integrità.

Rispetto alle criticità, concordo con l’osservazione di Madaro: De Mattia può spingersi oltre, per mettersi alla prova con interventi ancora più grandi ed estesi.

A tal proposito va però anche detto che Quem não arrisca, não petisca di Lisbona, per quanto non particolarmente ampia, è di fatto un’opera monumentale, e così è anche il ciclo di interventi per MUST Museo Storico della Città di Lecce (2023 e 2024 nell’ambito di INA-Casa via del Mare. Nuovi spazi di socialità, a cura di studioconcreto), incentrati sulla ridefinizione delle relazioni sociali e comunitarie delle realtà urbane. La monumentalità che produce De Mattia infatti non riguarda tanto le dimensioni del progetto, quanto un senso di estensione che si esprime attraverso episodi, momenti, immagini e frasi apparentemente marginali, estrapolate da conversazioni dal tono spesso condivisibile, ma anche difficile o limitato: è a queste voci che De Mattia affida il compito di trasmettere una potente riflessione sugli stereotipi e sul pensiero collettivo.