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panorama

Giuliano Lombardo

Roma 1971

Vive e lavora a Roma e a Beirut

Studio visit di Nicolas Martino

Giuliano Lombardo ha studiato filosofia, estetica per l’esattezza, e la sua formazione artistica non è passata per un percorso classico, niente liceo artistico né Accademia di Belle Arti. E si vede. Nel senso che Giuliano è un artista concettuale per eccellenza, per il quale l’opera, in quanto oggetto, è in fondo un resto o forse una scusa per parlare di ciò che sono o dovrebbero e potrebbero essere oggi il bello, l’arte, la creatività. Non è un caso che Lombardo sia redattore della rivista di “Psicologia dell’arte”, dedicata a un’indagine prettamente scientifica sull’arte, e che si dedichi, periodicamente, alla scrittura teorica di saggi. Nel suo percorso ha un’importanza fondamentale l’esperienza maturata nell’ambito dell’Eventualismo, l’ultima avanguardia italiana fondata significativamente nel 1977, prima della contro-rivoluzione estetica e politica degli anni Ottanta, e che ha attraversato sotterraneamente tutti i decenni successivi fino a oggi. In tutti i lavori che si possono vedere nel suo studio in via dei Pianellari risulta evidente l’impostazione scientifica di una ricerca che rifugge ogni romanticismo e quindi ogni luogo comune sull’arte, nel tentativo di indagare con gli strumenti della psicologia e della mediologia, un fenomeno come quello artistico che sembra essere antropologicamente un’invariante umana. Ma se l’influenza dell’Eventualismo è innegabile, ogni volta che guardo i suoi lavori mi torna in mente il fatto che Giuliano sia italo-americano e sia cresciuto facendo la sponda tra Roma e gli Stati Uniti. L’‘americanità’ di questo artista è riscontrabile nella mancanza di ogni metafisica e, come dicevo prima, di ogni romanticismo che è irrimediabilmente legato alle radici culturali dell’Europa. Gli Stati Uniti conoscono come uniche filosofie ‘originali’ il pragmatismo e l’empirismo, che non rispondono mai alla domanda “che cos’è”, ma piuttosto a quella, molto più materialista del “come funziona”. Eccola la radice di un lavoro che cerca di indagare, e quindi spiegare scientificamente, i meccanismi della nostra percezione, del fenomeno artistico e del concetto di bellezza, e che in qualche modo si richiama, per differenza, a indagini analoghe portate avanti negli anni Sessanta anche dai gruppi N e T. A caratterizzare l’originalità del suo singolare percorso, anche all’interno della strada tracciata da queste ricerche, è senz’altro il fatto che Lombardo sia cresciuto, anche lui come altri artisti già indagati in questa rubrica, nel clima contro-culturale della Roma dei primi anni Novanta, milieu al quale Giuliano ha partecipato attivamente all’interno dell’ala più situazionista e libertaria, con il progetto DisordinAzioni, che lo ha fatto conoscere nell’ambito artistico e movimentista di quegli anni. Una serie di azioni pubbliche, volte ad alterare la percezione e rivolte a un pubblico inconsapevole, messe in atto sempre in uno spazio urbano, e che solo successivamente, come spesso accade, le gallerie e le manifestazioni artistiche ufficiali avrebbero valorizzato attraverso un processo di più o meno (in)debita riappropriazione e recupero spettacolare. Nel suo lavoro è fondamentale anche il rapporto con la musica: oltre a video, performance, quadri e installazioni sonore, Lombardo è autore anche di diversi dischi e la componente sonora è parte fondamentale di molte sue opere. Recentemente ha realizzato il progetto Povero con l’intenzione di riflettere criticamente sui meccanismi di costruzione del brand e rendere evidente il portato altamente inquinante dell’industria del fashion. Nel suo ultimo progetto, al quale sta lavorando proprio nel momento in cui visito lo studio e che non ha ancora esposto, significativamente intitolato Non Binary, una serie di tele di grande dimensioni installate una a fianco all’altra, rompono la binarietà della comunicazione alterandola a partire dall’errore e da una serie di varianti matematiche. Sono opere che invitano ad abitare i confini, come fa l’antropologia, che non a caso vive una condizione liminare ma per questo estremamente interessante in quest’epoca di esplosione dei confini anche disciplinari. A una prima visione confermano il minimalismo di un artista che fa del rigore della ricerca la sua cifra estetica e che si distingue nel panorama contemporaneo proprio per questo. D’altra parte Lombardo ha fatto del rifiuto del lavoro una vera e propria strategia esistenziale, e questo lo ha portato spesso a ritirarsi ed essere meno presente di quello che dovrebbe. Dovrebbe, dico, perché a fronte di una molteplicità di proposte commerciali, improvvisate e istintuali, questo lavoro meriterebbe senz’altro una maggiore visibilità che però non può prescindere da un attivismo volontaristico. Ora che fa la spola tra Roma e Beirut, una delle città più interessanti del bacino del Mediterraneo, è possibile e probabile che il suo lavoro ne guadagni ulteriormente.