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panorama

Giovanni Gaggia

Pergola 1977

Vive e lavora a Pergola

Studio visit di Marco Trulli

Giovanni Gaggia è un artista che si muove agilmente tra media diversi: disegno, scultura, fotografia e performance. Formatosi presso la Scuola del Libro di Urbino, l’artista sin dal 2007 ha fondato a Pergola Casa Sponge, residenza per artisti e progetto di promozione dell’arte contemporanea ai margini del sistema dei grandi centri. La sua pratica lo conduce spesso a lavorare a progetti stratificati e itineranti che mettono in dialogo performance, libro d’artista, disegno e cucito, in composizioni che problematizzano, talvolta, questioni sociali, politiche o storiche. Ne è un esempio Quello che doveva accadere, opera permanente per il Museo tattile Omero di Ancona, successivamente esposta anche al Museo Riso di Palermo.

Le sue performance sono state presentate in teatri, gallerie e festival e, nel 2019, ha aperto con una sua performance il padiglione Beverly Pepper, nell’ambito della Biennale di Venezia.

La ricerca di Gaggia si sviluppa secondo diversi assi linguistici, destinati a intrecciarsi e a convergere, a seconda dei lavori, talvolta in performance o in insiemi strutturati su diversi livelli. Il nodo tra poetica e politica è densamente al centro della sua ricerca, che spesso si concentra su questioni legate alla Storia e alla memoria (come in Quello che doveva accadere, lavoro dedicato a Ustica), al mito, alla religione o alla tradizione popolare. Ogni opera è una ritualità che l’artista mette in atto e che prevede il coinvolgimento del corpo come agente fondamentale, a testimoniare un’immersione totale nella pratica che, talvolta, assume connotazioni di carattere sciamanico, e della grande fascinazione dell’artista per Beuys. Performance e ricamo sono, nelle ultime opere, sempre più in dialogo serrato, dando vita ad arazzi, scritte ricamate e cuori suturati. Questi ultimi assumono nel lavoro dell’artista un forte ruolo simbolico, in cui il ricamo diventa cura, manutenzione degli affetti, riparazione. Nei disegni di Inventarium, in cui vengono ritratti gli oggetti appartenenti ai passeggeri della strage di Ustica, si comprende come il disegno sia una pratica fondativa, in cui l’artista rimette in vita la pregnanza di quegli oggetti per la memoria pubblica di un Paese.

La pratica di Gaggia è un processo aperto, in grado di innescare ogni volta collaborazioni di diverso tipo e giunge a costruire anche processi pedagogici ed educativi senza ordini gerarchici. Questa attitudine collaborativa, che si focalizza su temi nodali per il dibattito pubblico, come le questioni della memoria e della Storia, o del rapporto tra arte e società, restituiscono il valore della pratica dell’artista nello scenario attuale. Uno degli ultimi capitoli della ricerca di Gaggia è appunto, Quello che doveva accadere. Pratica, poetica, politica, mostra al Museo Riso di Palermo, termine di un progetto lungo e stratificato in cui l’artista ha esposto degli arazzi e realizzato un laboratorio su memoria e responsabilità civile con una classe di un liceo di Palermo.

Visitando gli spazi esterni di Casa Sponge, Gaggia mi mostra dei teli stesi ad asciugare dopo essere stati immersi nel fango, reperti delle recenti frane e smottamenti che hanno devastato le Marche, soprattutto in questa area. Questo lavoro, per ora alle fasi iniziali, è stato pensato dall’artista insieme a Rocco Dubbini, come dispositivo sensibile per registrare i traumi del paesaggio. Gaggia e Dubbini di recente hanno fondato un nuovo sodalizio artistico nell’installazione Golpe, esposta nell’ambito di una mostra a Rimini, incentrata sulla figura di Pasolini.

L’artista si misura col piano del tragico e del simbolico, spesso usando dei cuori che mummifica, ricuce o che fa sanguinare sui disegni. In questo, sembra più convincente la sublimazione del tragico che l’artista realizza nei ricami, in cui traspone su un piano nuovo il dolore e la sua memoria. I processi innescati lungo il suo percorso non sono ricerche isolate ma sedimentate nel tempo, che si rinforzano ed evolvono, come nella relazione tra il disegno e il ricamo che si evince nelle ultime opere.