Padova, 1990
Vive e lavora a Milano
Studio visit di Edoardo De Cobelli
Un aspetto spesso sottovalutato nell’analisi del lavoro di un artista è il tempo. La rapidità o piuttosto la lentezza sono concetti naturalmente relativi, non esiste un tempo giusto per la produzione di un’opera. Eppure, il tempo dice molto sull’artista. Nell’epoca dell’immediatezza a tutti i costi, Giovanna Repetto è un’artista che concede a ogni progetto il tempo di porsi le domande adatte e la pazienza di trovare le risposte.
Nata a Padova e diplomata alla NABA, Giovanna è partita dalla fotografia, per domandarsi presto quale fosse il limite e il confine del mezzo fotografico. L’uso tradizionale del medium, rivolto a temi vicini come il paesaggio e il rapporto tra mondo naturale e componente umana, si è trasformato «nell’intento di fare fotografie dai formati non definibili», che cerchino di restituire la complessità della geografia o l’identità di un luogo, spesso non visibile. Un paesaggio che ha coinvolto l’artista fin dall’inizio è il paesaggio fantasma dei fiori recisi e mantenuti artificialmente in vita, per rendere la loro bellezza più duratura e commerciabile. Atmosfera n. 1 (Cristiano, Francesco, Sandro, Marika, Elvio, Andrea, Raffaella), racconta questo paesaggio decontestualizzato e le pratiche di postharvest physiology che lo creano e tengono in vita. Siamo a Venezia e i fiori, attraverso gli sguardi degli autori coinvolti, sono come i turisti, che compiono lunghi viaggi di pochi giorni per non radicarsi mai nella laguna, un ambiente diventato sempre più inospitale per la fauna autoctona.
Attraverso l’apertura delle opere a un punto di vista intersoggettivo, Giovanna Repetto ha negli ultimi anni definito il concetto di immagine atmosferica: un’immagine senza un punto focale, dove tutto e niente è messo a fuoco. L’immagine atmosferica è, al tempo, un approccio critico, uno strumento poetico e narrativo, spinto dal desiderio di restituire un fenomeno irriducibile ai suoi singoli elementi. Nata con la generazione digitale, attraverso il suo lavoro rispecchia le criticità dell’orizzonte post-mediale che contraddistingue questi ultimi anni, dove ogni distinzione tra un medium e un altro sfuma. Il computer può oggi incorporare la televisione e viceversa; lo smartphone ha assorbito la macchina fotografica. In questo contesto, Repetto si chiede non solo come possa l’immagine restituire uno spazio, ma quale possa essere “lo” spazio dell’immagine. La sua ricerca ci costringe a guardare oltre il concetto più tradizionale, considerandola nella sua prospettiva storica. Bisogna tener presente, suggerisce, che il concetto di immagine come lo intendiamo oggi si può estinguere, come un animale o una pianta. La particolarità del suo approccio emerge però non nella moltiplicazione degli strumenti, o nella capacità tecnica, comuni a più artisti, ma nella moltiplicazione delle voci, degli autori e degli sguardi che coinvolge nella definizione dell’opera finale. La sua pratica assume infatti un forte aspetto performativo e relazionale, fino a sfumare il concetto di autorialità, che nei titoli si perde includendo i nomi dei co-autori coinvolti.
In quest’ultimo periodo, la sua ricerca si è rivolta alla relazione che intercorre tra spazio virtuale e spazio fisico e alle nuove forme che l’immagine può assumere in questo orizzonte. In un progetto recentemente presentato a Palazzo Baccin, l’opera 5.1 circoscrive il perimetro di uno spazio virtuale. In particolare, quello delimitato da Guardian, un sistema che garantisce la sicurezza di movimento all’interno di un paesaggio 3d. Invertendo il rapporto tra reale e virtuale, Giovanna ha ricreato un recinto in ceramica, trasformando un limite invisibile proprio della rappresentazione in un’opera scultorea tangibile. In studio, invece, una serie in progress, sviluppata a partire da una residenza presso Dolomiti Contemporanee, è dedicata agli specchi, coperti da tratti di pennarello, come a volerne impedire il riflesso e conservare la memoria.
L’ambizione di estendere i confini di una rappresentazione oltre l’immagine fisica rende labile il limite tra narrazione soggettiva, documentazione oggettiva e opera poetica. Il coinvolgimento di voci e sguardi altrui, inoltre, amplia il raggio d’azione tanto da rendere il risultato meno netto, talvolta indeterminato, lasciando potenzialmente spaesato lo spettatore. Tuttavia, l’aspetto concettuale della ricerca di Repetto si sviluppa attraverso progetti ben definiti. Ogni opera si pone domande ben precise e delimita tematicamente o territorialmente il proprio campo di interesse, spingendo un passo più in là i quesiti che sempre l’accompagnano: fino a che punto si può estendere il confine dell’immagine? Come può riprodurre una visione più complessa?