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panorama

Gigi Cifali

Napoli 1975
Vive a lavora a Milano
Studio visit di Nicolas Martino

Gigi Cifali ha studiato Fotografia all’University of Westminster a Londra e, dopo un lungo soggiorno lavorativo in Inghilterra, è tornato a vivere e lavorare in Italia. La fotografia per Cifali è una scelta estetica e politica volta a indagare, da un lato, la memoria individuale e collettiva della nostra storia recente e, dall’altro, a registrare poeticamente il disastro ambientale cui sono sottoposti i nostri territori.

Nella prima casistica rientra il progetto Images and Signs: Italy, 1969-89. Practices of Memory (2013-2015), un lavoro che ripercorre le storie della lotta armata e del terrorismo stragista degli anni Settanta. Cifali ha ritrovato e documentato i reperti storici di una delle pagine più drammatiche della nostra storia, conservati negli archivi giudiziari e resi il più delle volte invisibili alla memoria non condivisa di quegli anni. Fanno parte di questo lavoro Shirt A.M. – Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978) e Brown Blanket with Bullet Holes – Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978), rispettivamente la camicia indossata da Moro quando fu ucciso e la coperta nella quale venne avvolto il suo corpo, così come Renault 4 #1 #2 – Murder of Aldo Moro (Rome, 09.05.1978), fotografie della macchina lasciata parcheggiata a via Caetani il 9 maggio del 1978. Sono immagini che per la loro potenza espressiva, capace di ricostruire la memoria visiva di questo Paese e anche quella individuale – e in particolare quella della generazione nata alla fine di quel decennio – si aggiungono alle polaroid di Moro scattate dai brigatisti. E ancora, la mitraglietta Škorpion con la quale venne ucciso Moro e le bandiere con la stella a cinque punte. Gli abiti delle vittime della strage di piazza della Loggia a Brescia e i reperti delle azioni dei Nar e di Ordine Nuovo e quelli riconducibili alla morte di Pinelli dopo la strage di piazza Fontana del 1969. Se Francesco Arena aveva ricostruito la cella di Aldo Moro ‒ esposta al MAXXI nel 2018 ‒, e Rossella Biscotti aveva ripercorso le vicende del controverso processo 7 aprile del 1979 – al MAXXI nel 2010 e a Documenta nel 2012 –, qui ci troviamo di fronte a un’operazione più complessa, che ambisce a ricostruire ‘micrologicamente’ quel mondo che, rimosso e a volte evacuato troppo sbrigativamente, ci si siamo lasciati alle spalle, nel tentativo di riuscire a capire meglio quello nel quale ci troviamo a vivere oggi. E proprio sull’attualità si sviluppa, invece, l’altra linea di ricerca, quella che potremmo chiamare ‘ambientale’ e che indaga il disastro della terra dei fuochi. Se Yet to Be Titled (2021- in corso) e White Like the Seawater (2021) indagano paradossalmente i cromatismi, quasi commoventi, prodotti dall’inquinamento ambientale – si tratta di immagini prodotte tutte con l’utilizzo del banco ottico ‒ New Vesuvian Landscapes (2011-13) indaga invece le conseguenze dell’abusivismo edilizio, utilizzando un formato circolare che rimanda alla tradizione del paesaggio della Scuola di Posillipo della fine dell’’800. Tutti questi lavori insistono evidentemente su una relazione tra ambiente e politica, che a sua volta si ricollega a quella precedente sulla storia e la memoria, ricordandoci che solo l’impegno e la cura, individualmente e collettivamente, possono sottrarci ai mali prodotti dall’indifferenza. E, del resto, la cura è riscontrabile nel metodo stesso con cui Cifali riesce a produrre queste immagini, risultato di una pazienza certosina e quasi sempre perfette nella loro potenza espressiva. Rimane da dire che il lavoro di Gigi Cifali rappresenta un unicum nel panorama dell’arte italiana contemporanea. Quella che troviamo nel suo studio è una vera e propria miniera che ‒ pur avendo già suscitato l’attenzione di penne attente e importanti come quelle di Cortellessa, Venturi e Ferrari, e conosciuto occasioni espositive di prestigio in collettive alla Galleria Nazionale e e allo Stadtmuseum Baden-Baden – non ha ancora avuto un adeguato riconoscimento con un progetto museale e istituzionale che dovrebbe restituire, dentro un discorso critico e curatoriale proporzionato, la complessità del lavoro di questo artista. Un lavoro che per il suo valore culturale e politico meriterebbe di essere conosciuto, discusso, criticato e offerto al dibattito pubblico molto più di quanto non sia accaduto fino ad ora.