Cerca
Close this search box.

panorama

Gianni Moretti

Perugia 1978

Vive e lavora a Milano

Studio visit di Marco Trulli

L’incontro con Gianni Moretti avviene nel suo studio di Corciano, nei pressi di Perugia, in una vecchia casa di famiglia nella quale lo scorrere del tempo sembra sospeso. L’artista ormai da molto tempo vive lunghe fasi dell’anno a Milano, mantenendo però vivo il legame con l’Umbria e continuando a sviluppare progetti sul territorio. Uno dei punti salienti del suo percorso è sicuramente la realizzazione di Anna – Monumento all’attenzione per Sant’Anna di Stazzema, intervento monumentale tutt’ora in corso di realizzazione da parte della comunità, in cui si articola, in maniera organica, uno dei temi cardine della sua ricerca: la decostruzione delle forme del monumento pubblico.

In una prima fase del percorso la sua ricerca si è focalizzata sulla definizione di installazioni che si soffermano su stati di fragilità e transitorietà restituiti attraverso spolveri, carte trasparenti e strutture instabili. La fase più recente si è evoluta e strutturata intorno a un ripensamento delle forme del monumento, attraverso una prospettiva intima che tenta di costruire una chiave d’accesso personale alle storie. Ogni lavoro, in effetti, scaturisce dalla sfera intima, degli affetti, per il bisogno di immedesimarsi in una storia, dedicarvi attenzione, ripercorrerne i traumi. Il lavoro di Moretti si sviluppa spesso attraverso la relazione con una storia o con un contesto e indugia sulla sparizione o la frammentazione dell’immagine, sulla forza immaginifica di forme evanescenti e in transizione, in grado di aprire interrogativi su come ogni storia, in qualche modo, ci riguardi da vicino. La pratica dell’artista comporta tempi di ascolto e attenzione a storie e traumi (come nel caso di Sant’Anna di Stazzema); un’immersione che diventa totalizzante e che, proprio per questo, conduce l’artista a realizzare lavori stratificati e densi. In alcuni di essi la pratica relazionale è forma costituente della poetica e porta l’opera verso direzioni imprevedibili, talvolta senza un particolare controllo dell’autore.

Questa pratica attiva di decostruzione del monumento, in piena continuità con altri riferimenti celebri di post monument, ha condotto l’artista verso la possibilità di verificare come il monumento diventi un atto sensibile di accoglienza e coinvolgimento del pubblico. Di fronte a un trauma il nostro corpo tende a tutelarsi e proteggersi, Moretti si interroga su come le forme scultoree possano indurci a entrare in una forma di relazione e connessione con il dolore delle storie di cui parlano, immaginando un investimento totale del corpo e non solo della psiche. In questo ultimo periodo l’artista si è concentrato su una ricerca legata al trauma delle violenze contro i minori, per l’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. Gli studi esposti sono variazioni di una struttura che disegna un passaggio, un percorso di cura di una ferita insanabile. Proprio per arrivare al disegno di una forma in grado di assolvere a questa dimensione terapeutica l’artista sta seguendo una serie di incontri e confronti con alcuni specialisti. Un altro lavoro esposto in studio è Cinquemilanovecentosedici minuti per Orlando, un omaggio alla storia del giovane partigiano ucciso dai nazisti Orlando Orlandi Posti, che l’artista ha scoperto nel Piccolo museo del diario di Pieve Santo Stefano. Le lettere scritte dal giovane nelle carceri di via Tasso sono state riscritte dall’artista incidendo delle lastre di ottone; il tempo dedicato alla riscrittura porta l’artista a immedesimarsi nei pensieri e delle paure di Orlandi Posti.

Su una parete dello studio un disegno su una fotografia in bianco e nero riproduce due sedie dorate, progetto per un monumento da realizzare a Venezia, come celebrazione di un incontro, ovvero il luogo dove Moretti ha conosciuto il suo compagno, scomparso prematuramente. Due sedie che, durante il giorno, si confondono tra le altre presenti in una piazza e che di notte, ormai isolate, si rivelano come una visione, come uno spazio ospitale, aperto a ogni possibilità di incontro.

A livello estetico l’utilizzo dell’oro appare una costante nella sua produzione, alludendo all’incorruttibilità della materia, oltre a essere un riferimento naturale per diversi episodi cruciali della storia dell’arte, ma rischia di diventare una cifra fin troppo riconoscibile e ricorrente del suo lavoro.

La stratificazione di tentativi e riflessioni, alla base di ogni opera, spesso si risolve in interventi poetici minimali che non risultano concettualmente forzati e che nelle dimensioni monumentali diventano spazi esperienziali, di riflessione e cura dei traumi della Storia, delle storie che ci riguardano.