Napoli 1990
Vive e lavora a Napoli
Studio visit di Alessandra Troncone
9 giugno 2022
Situato al piano terra di un palazzo nel cuore del rione Sanità, lo studio di Gabriella Siciliano è uno spazio condiviso con altri giovani artisti che qui si alternano a seconda delle rispettive necessità. Subito, ad accogliermi trovo Bathroom Dance (2021), installazione con tendine luccicanti da party realizzata in occasione di Exit Strategy, una mostra diffusa nei principali cinema di Napoli che poneva l’accento sulla chiusura delle sale nel periodo di lockdown.
A un primo impatto, la leggerezza mista a frivolezza con cui si presenta questa tenda colorata, ispirata a una scena del film Joker di Todd Phillips, sembra proporsi come un diversivo accattivante nel contesto urbano, un intervento decorativo che cerca la riuscita estetica più che farsi veicolo di un contenuto. In realtà, la pratica di Siciliano ruota esattamente intorno al contrasto generato tra la l’attrattività dei materiali che utilizza – addobbi da festa, ninnoli sgargianti, suppellettili glitterate – e il retrogusto nostalgico, malinconico, che questi elementi recano con sé. Un sottofondo che ricalca l’antico adagio “non è tutto oro quello che luccica” e che pone l’accento su dinamiche più complesse, in larga parte legate al contesto delle relazioni familiari e quindi al ricordo di un’infanzia che ritorna con le sue luci, ma anche con qualche ombra. Almeno altri due aspetti riconoscibili si rintracciano nell’opera dell’artista: le origini micronesiane della sua famiglia, che l’hanno portata ad avvicinarsi a procedure arcaiche e tribali, come ad esempio le diverse tipologie di intreccio utilizzate in La cura del tempo (2020), un arazzo di fili colorati in foil che riattualizza antiche pratiche di tessitura, e la sua formazione da ginnasta, cui si lega l’immaginario di paillettes e lustrini ma, soprattutto, una matrice performativa che resta al momento solo parzialmente esplorata, sebbene pronta a essere indagata ulteriormente. Quest’ultimo aspetto, associato a un’attitudine a lavorare site specific, emerge già dal primo lavoro su più ampia scala, Party Alone (2020), progetto conclusivo del suo iter formativo all’Accademia di Belle Arti di Napoli nel quale Siciliano ha utilizzato gli spazi abbandonati di un vecchio edificio industriale realizzando un percorso per ambienti allestiti a festa, ognuno con una propria atmosfera, fino all’evento performativo finale.
Al momento di questo incontro l’artista è impegnata nell’elaborazione di un progetto su commissione per la prossima edizione di Art Verona, nel quale tornano i temi dell’infanzia e del gioco associati a piccoli rituali di liberazione dal giogo di schemi imposti dalla società o anche autoimposti: una sorta di esercizio a esplorare strade parallele rispetto a quelle che sembrano predeterminate.
Sebbene il curriculum espositivo di Siciliano sia ancora scarno in termini di collaborazioni istituzionali e con gallerie, la realizzazione di progetti nati in relazione a contesti specifici (tra cui la partecipazione all’Art Performing Festival e l’installazione site specific Jump per Quartiere Latino a Napoli) descrive la volontà di mettersi alla prova scandagliando contemporaneamente il proprio vissuto e quello degli spazi che è chiamata a interpretare. A questo proposito, è rilevante citare A una madre (2019), installazione temporanea nata nel contesto domestico, nella quale l’artista ha rivestito la cucina e i suoi utensili con decorazioni dal sapore kitsch, trasfigurando l’ambiente e rendendolo inutilizzabile. Un’operazione di ‘guerriglia casalinga’, che nasconde l’invito alla madre a smettere per qualche ora i panni di custode del focolare domestico e a concedersi del tempo per sé. L’energia degli interventi di Siciliano risiede in questa doppia anima, nell’uso di toni leggeri a cui corrisponde sempre un affondo inquieto, nel tentativo (o esigenza) di esorcizzare problematiche personali e universali, costruendo un’attraente patina di superficialità. Seppur in assenza di una ricerca precisa e dalla direzione enunciata, va rilevata una coerenza di approccio che mostra una coesione dei temi trattati, lasciando intuire che, pur in maniera non dichiaratamente intenzionale, l’organicità di pensiero rispecchia quella processuale e formale.