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panorama

Francesco Bertelé

Cantù 1978
Vive e lavora a Canzo
Studio visit di Alessandra Troncone

Lo studio di Francesco Bertelé a Canzo, nella provincia comasca, è luogo di ricerca e produzione, ma anche di archiviazione: lo spazio destinato ai lavori in corso (con tanti progetti in divenire che coinvolgono i media più diversi) trova un contrappeso nei numerosi scaffali che accolgono elementi di varia natura destinati a rientrare in futuri processi creativi, facendo dello studio stesso una possibile Wunderkammer. Nonostante l’esistenza di uno studio ‘fisico’ (anche soggetto di Frommystudiotomystudio, progetto presentato a Napoli nel 2014), l’artista sostiene un’idea di ‘studio diffuso’ in relazione alla sua pratica: «Per me lo studio è dentro il mondo», e guardando al suo lavoro tale affermazione suona ancora più convincente, laddove l’aspetto relazionale arriva a rivestire un ruolo di prima importanza, sia appunto nello spazio fisico sia in quello virtuale.

I suoi progetti si articolano in una dimensione installativa che include, in alcuni casi, anche una componente multimediale e performativa che invita lo spettatore a una possibile immersione a livello percettivo: esempi sono L’île flottante, presentato alla Biennale internazionale di Sinop in Turchia nel 2012; Vasto mondo, per la mostra di riapertura del Centro Pecci di Prato, La fine del mondo nel 2016; A lingua trova a gente, per la mostra A House Halfway alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino nel 2017; e il progetto Hic sunt dracones, vincitore dell’Italian Council nel 2018, installazione interattiva immersiva in realtà virtuale che restituisce un’esplorazione dell’isola di Lampedusa, compiuta dall’artista in scalata lungo i suoi confini geologici, oggetto di una riflessione che inevitabilmente coinvolge anche aspetti politici. La dimensione esplorativa costituisce, in effetti, un aspetto portante della pratica di Bertelé, sia per quanto concerne i luoghi fisici sia il vivere in comunità. La centralità delle relazioni è alla base della nascita di realtà co-partecipate per la produzione culturale, in collaborazione con altri artisti e professionisti, di cui Bertelé si è fatto promotore negli anni, come Mobeel a Venezia e Carrozzeria Margot a Milano.

Autorialità diffusa, impatto del digitale sulla realtà fisica, riposizionamento dell’artista nel contesto di una possibile committenza civica che promuove l’incontro tra le esigenze di uno specifico territorio e la capacità dell’arte di generare valore in termini estetici e sociali, sono alcuni dei punti che rendono la pratica di Bertelé estremamente stratificata, capace di intercettare urgenze del nostro tempo anche grazie alla propensione dell’artista a muoversi tra contesti molto diversi tra loro. In questo momento è impegnato a indagare il concetto di “luogo denso”, quale sintesi spaziale ed emotiva di connessione con il tutto. Else Space è un progetto di espansione della wunderkammer in termini digitali, che innesca cortocircuiti tra la dimensione reale e quella virtuale seguendo format diversi. Nell’ambito di questo progetto, il 6 ottobre 2022 è stato realizzato al museo Madre un evento performativo dell’artista che nell’occupazione di spazi fisici e virtuali proponeva una fluidità di interazione e discussione sul rapporto tra tecnologie digitali e immaginazione sociale. Altro progetto in corso è The In/Visibility Regime, una produzione pittorica che parte da immagini dal fortissimo impatto mediatico, sottoposte a un processo di edulcorazione, in grado di dissimularne la componente più drammatica e, al tempo stesso, rendendole permanenti contro la caducità cui sono soggette dalla circolazione in rete. Infine, è in corso la preparazione di un libro dedicato a Flamingo Loophole, una palestra di arrampicata pubblica, realizzata da Bertelé a Bihać, in Bosnia, nel 2022, come parte del progetto Balkan Rope di Mediterranean Hope, operazione artistica profondamente innestata in pratiche sociali e umanitarie.

La complessità dei temi trattati e il ricorso a tecnologie che già includono possibilità di fruizione multiple possono generare in alcuni casi un senso di spaesamento che ha come conseguenza la non messa a fuoco dell’oggetto di indagine, con il rischio che il pubblico tenda a rimanere sulla superficie piuttosto che affondare nei livelli sottostanti. D’altra parte, tale processo vuole farsi specchio dei meccanismi con cui quotidianamente subiamo le immagini, con l’obiettivo di innescare una consapevolezza anche rispetto alla continua esposizione del nostro corpo a fini commerciali e politici (da cui anche la volontà dell’artista di cancellare l’immagine del proprio volto da internet). La ricerca di Bertelé, nella sua densità e trasversalità, si configura in questo senso come un’operazione implicitamente critica, tesa a risvegliare da quel torpore che rischia di appiattire le nostre capacità emotive e cognitive.