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panorama

Francesca Frigerio

Carate Brianza 1995
Vive a Lissone
Studio visit di Francesca Guerisoli

Diplomata all’Accademia di Brera, in Pittura alla triennale e in Scultura alla specialistica, Francesca Frigerio opera nel solco di una pratica introspettiva che dal sé arriva a toccare una condizione generazionale diffusa. La accompagna lungo il suo percorso il Pirandello di Uno, nessuno e centomila, che non cita direttamente ma che si scorge addentrandosi nei suoi lavori, declinati in vario modo sui temi della comunicazione interpersonale, l’incomunicabilità, il linguaggio, che formalizza attraverso opere dove la scrittura è al centro. Frigerio non ama utilizzare la pittura, ma sono realizzate in questa tecnica le prime opere che mi mostra, da cui si evidenzia l’evoluzione del suo percorso. Sono tele realizzate durante gli studi in accademia: utilizzando il bitume, crea scritte sovrapposte che si auto-annullano e richiamano una sorta scrittura automatica, un flusso di coscienza. In Come i fiori (2019), lettere, parole e frasi sono diffuse e nascoste nella trama della tela, in un mascheramento che sollecita una richiesta di attenzione da parte dell’osservatore. Durante il lockdown, Francesca ha realizzato una nuova versione dell’opera su lastra di marmo, Immagina un prato, mimetizzando una miriade di frasi spezzate, composte da lettere di uno o due millimetri che ricreano la trama della pietra. Solo guardando con attenzione le venature ci si accorge che sono tutte ottenute da lettere ravvicinate. Il lavoro di Frigerio sulla scrittura e sulla parola, che porta avanti dal 2015, si sta evolvendo verso la poesia concreta e visiva. Oggi ha abbandonato tela e marmo per tornare a usare come mezzo d’elezione la carta, un supporto che, a mio avviso, le consente di esprimere al meglio la pratica introspettiva che caratterizza il suo lavoro, dotato di una forte coerenza nella genesi, declinato secondo i diversi mezzi che ha sperimentato negli anni. Tornare alla carta dopo aver testato marmo, tela, video appare come una presa di coscienza del carattere più intimo del mezzo. Il suo è un lavoro sussurrato, che rifiuta lo spettacolo ‘instagrammabile’ (è perfino impossibile fotografare i suoi lavori), che ottiene comunque un effetto sorpresa, di meraviglia, ma solo per chi è dotato di quella curiosità che sollecita l’attenzione ai dettagli. Questo aspetto è evidente, in particolare, in un lavoro complesso, fatto di più passaggi ed elementi; si tratta di Lettere romantiche inabissate (2022), un progetto di scrittura al contrario, nato da un dialogo tra artisti e poeti e da una mostra che si sono tenuti al Piccolo museo della poesia di Piacenza. Frigerio è stata colpita da una poesia di Mauro Ferrari sul respirare l’acqua e ne ha tratto un lavoro, una storia autobiografica che vede il protagonista costretto a vivere sott’acqua e, nella sua disperazione e solitudine, piange, accorgendosi che con le lacrime può disegnare parole sull’acqua. Questo è l’unico modo per manifestare la propria esistenza e perciò scrive messaggi brevi che, dopo poco, trovano un osservatore all’esterno, che si innamora di ciò che legge. Il racconto è suddiviso in tavole che presentano “scritture liquide”, monotipi ottenuti con una tecnica mista che comprende olio su carta da stampa.

Recentemente l’artista ha intrapreso un’altra linea di ricerca sulla scrittura come segno grafico, analizzandola da più punti vista. Dall’uso dei caratteri mobili alla scrittura a macchina è tornata al grado personalissimo del corsivo, evidenziando proprio quei segni inutili ed errati che si tracciano trascinando la penna sul foglio, quegli elementi che infastidiscono la lettura ma che ne sono parte integrante. La sua guida è il testo di Francesca Biasetton sulla grafia, La bellezza del segno. Elogio della scrittura a mano.

La riflessione sul linguaggio e la comunicazione non si limita alla bidimensione della carta. Nel 2020, con Nicola Rossini, ha partecipato a una residenza a Non riservato, Milano, con /PANCIA,un lavoro site-specific che partiva dalle favole, in particolare da Pinocchio, per parlare in primo luogo alla sua generazione. La botola presente nello spazio era divenuta il ventre del pescecane da cui un respiro scandiva il ritmo del percorso verso l’uscita, mentre le pareti erano state riempite di parole tratte dal testo di Collodi. L’anno seguente, il lavoro è stato rivisitato per il Tempio del futuro perduto: una sala allestita con luci blu puntate verso il centro dell’installazione, che presentava un tonno di peluche che attraverso la voce del padre dell’artista scandiva pensieri tristi. Dalle fessure di una porta logora era visibile un manifesto illuminato con raggi UV che recitava: «montami sulla groppa», la frase che Pinocchio rivolge al padre per trarlo in salvo. «La nostra generazione sta portando in salvo i propri padri, sta facendo la parte del tonno» chiosa Frigerio.