Cerca
Close this search box.

panorama

Francesca Brugola

Carate Brianza 1996

Vive a Lissone e lavora a Milano

Studio visit di Francesca Guerisoli

Francesca Brugola risiede a Lissone e lavora in uno studio condiviso in area nord Milano, nel quartiere Gorla. La sua formazione, avvenuta all’Accademia di Brera, dove ha conseguito il diploma in Pittura con una tesi sul non luogo e la nullificazione dell’individuo secondo una prospettiva antropologica e filosofica, è proseguita con un master in Fine Art presso la Manchester School of Art. Il progetto con cui si è diplomata, Unintentional Legacies, è integrato dal saggio critico How to Resist a State of Forgetfulness – Art Practice as a Non-Binary Research Method, scritto sulla scia delle ricerche di Natalie Loveless, docente al dipartimento di Arte e Design della University of Alberta in Canada.

Lo studio è ancora fresco di apertura, Francesca Brugola lavora qui da appena due mesi insieme ad altri cinque artisti. Opere di pittura, scultura, fotografia e installazioni rendono l’ambiente comune ricco di suggestioni. La sua area è delimitata da arredi contenitori che danno alloggio a disegni, opere incorniciate, appunti, sculture di piccole dimensioni. Alle pareti sono allestiti i disegni su cui sta lavorando da un paio di settimane. Sono retti da nastro adesivo, elemento ricorrente nel suo lavoro che – dirà nel corso dello studio visit – impone un’attenzione e una cura particolari nel maneggiare il lavoro stesso una volta che occorre disallestirlo.

L’elemento della cura dell’oggetto, che sia esso opera, appunto visivo o sia ancora in via di definizione, emerge come una costante. Oggetti che consistono prevalentemente in materiali ritrovati o di scarto divengono elementi dell’opera sia nei supporti (fogli di carta a quadretti, cartoncini, stoffe) sia come sculture di dimensioni contenute. Nei materiali che utilizza riscontro l’attenzione a ridurre al massimo la produzione di ulteriori merci rispetto a quelle già esistenti, preferendo impiegare quelli comuni. L’etica della sottrazione alla produzione va di pari passo con un altro elemento che connota la sua ricerca: l’attenzione all’aspetto relazionale come fulcro dell’opera. Questo centro di attenzione della sua poetica si riscontra in ogni lavoro e appunto che ha allestito nello spazio. Prevalgono i disegni come pratica di studio e ricerca, che possono divenire in seguito parti di opere oppure rimanere solo bozzetti.

La genesi dei lavori di Brugola viene da teorie filosofiche declinate in una sfera intima, anche attraverso l’uso del materiale, di cui cerca sempre di mantenere le proprietà, esaltandole. Nella quasi totalità del corpo di lavoro che presenta emerge con chiarezza l’interesse per le dinamiche di coppie di soggetti, la dualità e l’equilibro tra due elementi, che ha messo in mostra lo scorso anno nella personale We’ll Work on the Other Side of Time al PS Mirabel di Manchester. Nelle sue opere ricorrono due elementi che si sostengono, si incontrano, ma non è la stasi a emergere, bensì l’ambiguità dell’equilibrio, non è chiaro chi sostenga chi. La dualità si esprime anche nello spazio: al pari della dinamica che si genera tra due elementi compresi nell’opera, vi è quella tra gli elementi e lo spazio allestitivo, nonché la relazione tra questi e l’osservatore. Natalie Loveless fa riferimento all’“investimento emotivo” e allo sviluppo della “driving curiosity” che sostengono la ricerca dal punto di vista emotivo, scardinando la modalità accademica. L’emotività apre la ricerca a un approccio non binario e alle possibilità escluse da un metodo scientifico. Brugola, attualmente, integra nel suo lavoro, in una visione unitaria, l’espressione letteraria e matematico/geometrica come strumenti per incardinare questo approccio. L’impiego dei grafici disegnati a grafite, saldamente presenti nel corpus di lavori presenti in studio, agisce una sorta di sabotaggio della logica scientifica per descrivere il rapporto tra due elementi che abitano lo spazio. La rigidità del grafico si apre dunque a un livello immaginativo.

Se in alcuni casi Brugola usa elementi matematici descrittivi di fenomeni generali per tracciare orizzonti semantici personali, in altri utilizza invece elementi intimi, domestici per tendere a una dimensione universale. Ad esempio, il ricorso alle carte da gioco napoletane riconduce alla propria dimensione familiare e al tempo stesso chiama in causa immaginari condivisi.

Lo studio presenta anche una “project-room” che in precedenza fungeva da studio di registrazione, insonorizzato, che Brugola allestisce con opere che abitano agilmente lo spazio anche se fortemente connotato. I lavori sono in continuo divenire e possono essere messi in discussione dallo spazio stesso; molti di essi non presentano titoli, che possono essere attributi in una mostra ma modificarsi in una successiva. In questo modo di operare, vedo una forte fluidità e relativizzazione, una negoziazione costante con la ricerca in divenire e lo spazio. Nel loro essere “imprendibili”, “sfuggenti”, certi lavori possono generare smarrimento. Questa ridefinizione perpetua rappresenta un dato interessante, anche in relazione alla generazione di cui l’artista è espressione, e denota una ricerca errante che non ha la necessità di portare sempre e comunque a oggetti stabili ben codificati.