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panorama

Federico Lissoni

Sesto San Giovanni 1980

Vive e lavora a Lissone

Studio visit di Francesca Guerisoli
26 maggio 2022

Federico Lissoni lavora a Lissone, città in cui ha sempre abitato, in uno studio che si compone di due ambienti e che dà su un cortile interno. La prima stanza è quella in cui lavora; la seconda funge da deposito e, al momento, conserva decine di tele accatastate con ordine. Lissoni si definisce un pittore; il suo lavoro comprende unicamente tele. In studio scorgo gli elementi alla base del suo operare: pennelli, tele, carte a volte macchiate, cartoni, bombolette spray, pezzi di tnt, avanzi di tela di cui alcuni sporchi. Tutti materiali di cui si serve per i suoi lavori; ogni elemento qui presente, prelevato dalla vita ordinaria, può essere impiegato e divenire parte dell’opera: «Li trovo più veri, più interessanti. Forse perché preferisco cose che non nascano da me. Se una cosa nasce da un elemento senza controllo, se lo rivedo e mi piace, lo uso». Questi elementi vengono assemblati sulla tela, composti tramite delicati equilibri, a volte aggiungendovi qualcosa. Ogni tela rivela un suo proprio carattere. Alcune hanno un effetto rasserenante; altre mosso. I segni forti sono limitati, ma ben presenti e si impongono come soggetto, a cui pochi altri fanno da contraltare. 

Le sue opere non nascono mai da un progetto, da qualcosa di predeterminato, bensì nel momento stesso dell’azione. In passato non era così, ma – dice Lissoni – «venivano fuori dei mostri. Se mi metto a pensarle, viene qualcosa che non mi piace e non mi interessa». Per questo motivo ha deciso di operare unicamente nel presente. 

Un’altra caratteristica del lavoro di Lissoni è l’errore come fattore propulsivo di produzione di significato. Osservando insieme alcune tele, sottolinea come spesso siano frutto di una serie di errori, di correzioni, presentando aree rifatte su cui è tornato più volte. D’altronde, gli errori ricorrenti si dice che non siano semplici errori ma scelte inconsapevoli. L’errore, per Lissoni, è qualcosa che non viene come se l’aspettava; quando accade, ci torna sopra, ma senza mai mascherarlo del tutto, bensì lasciandolo trasparire: l’immagine sottostante – che può essere un frammento di carta o un altro elemento aggiunto alla tela – riaffiora delicatamente, con timidezza. In particolare, ci soffermiamo su un’opera che presenta una tela di cotone grezzo su cui è stata incollata della carta che lascia trasparire la superficie sottostante e su di essa è stata realizzata una traccia spray, a sua volta parzialmente coperta. Ogni tela presenta dunque delle ‘finestre’ che lasciano intravedere i livelli sottostanti, che appaiono quasi come immagini latenti che gravitano in un limbo. Lissoni associa questa sua pratica a quella della rimozione dei graffiti sui muri cittadini: «Potrei dire banalmente che dipingo muri. Mi piace molto vedere i muri in strada dove compare la scritta dei writers cancellata, che però si vede lo stesso, perché la correzione non è fatta mai con lo stesso identico colore del fondo. Il risultato mi piace molto perché lo trovo ‘segno’. Perché la correzione non è un errore, ma è andare sopra un qualcosa da coprire che diventa, appunto, segno, gesto». Questo modus operandi contribuisce in buona misura all’attribuzione dell’effetto di non finito, di irrisolto, che accomuna tutti i lavori di Lissoni. Il discorso non viene mai chiuso, resta aperto, in divenire, come un flusso destinato a mutare nel tempo.

Osservando un corpus di opere della sua produzione precedente, che ha messo da parte, trovo una costante. Là, inseriva nelle tele singoli elementi architettonici, come colonne e capitelli, che poi ha deciso di eliminare perché ritenuti superflui, “manieristi”. In entrambe le produzioni, passata e presente, c’è il recupero di storie: mentre là si trattava di citazioni, della Storia con la “S” maiuscola, del monumento, ora, attraverso le carte, i manifesti, i residui di tela viene esaltata la quotidianità, il popolare. Queste due fasi del suo lavoro si potranno vedere nella prossima mostra a cui parteciperà, “When space becomes a place for action and thought”, una collettiva con Ludovico Bomben, Francesco Del Conte e Luca Lupi che aprirà il 30 giugno da 10 A.M. ART, a Milano, per cui la curatrice Angela Madesani ha selezionato tre opere.