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panorama

Fabio Giorgi Alberti

Netherlands 1980

Vive e lavora a Cannara

Studio visit di Marco Trulli

aprile 2022

Lo studio di Fabio Giorgi Alberti è uno spazio postindustriale che si trova a Cannara, non lontano da Foligno, ed è utilizzato in condivisione con Adelaide Cioni. Giorgi Alberti si stabilisce in Umbria dopo aver maturato un sentimento di non corrispondenza nei confronti della città di Roma. Vivere e lavorare in Umbria gli consente di avere il tempo e lo spazio per concentrarsi sulla ricerca in maniera peculiare, restando connesso comunque a Roma ma anche alle realtà e agli artisti di riferimento della scena umbra. In questo senso Giorgi Alberti e Cioni hanno pensato al proprio studio anche come a un luogo di condivisione con la comunità artistica, attraverso l’organizzazione delle Feste franche, eventi espositivi che hanno visto il coinvolgimento di numerosi artisti e curatori.

Nello spazio luminoso dello studio, gli ambienti presentano una stratificazione di opere appese ai muri, angoli dedicati a lavorazioni più impegnative, tavoli pieni di boccette di soluzioni, polveri e miscele. Giorgi Alberti parte spesso dall’analisi della realtà, da elementi condivisi e riconoscibili, per realizzare lavori che, seppur attraverso linguaggi espressivi differenti, intendono soffermarsi sull’esperienza delle cose, in bilico costante tra illusione e straniamento visivo.

Il primo lavoro che mi mostra è Concrete Poetry, un film girato in pellicola che è ancora in fase di elaborazione e che, di fatto, è una sequenza di oggetti ed elementi della realtà ripresi con sguardi fugaci. La poesia delle cose sta non tanto nella loro forma, quanto in ciò che a ciascuna persona quell’oggetto racconta, ricorda, alle combinazioni di significati e memorie che i diversi contesti e oggetti fanno scaturire nello sguardo di chi osserva. Si tratta di una sorta di vocabolario del mondo, un lavoro che nasce da una radice testuale, in origine pensato come sequenza fredda e concettuale, realizzato invece come antologia intima della realtà. Il film è un flusso continuo di frammenti di un discorso intorno all’esperienza delle cose, a come sulle cose (un ponte, un cane che corre sul prato, un semaforo) rimangano incollate le nostre storie, le sensazioni di un momento preciso, dunque alla molteplicità di significati condivisi che un semplice oggetto porta con sé, come in Funes o della memoria di Borges. Sono lavori che generano una sensazione al contempo familiare e straniante, in quanto, spesso, le immagini sono generate da errori di percezione indotti dall’artista per instillare un dubbio, un sentimento perturbante. La manipolazione di elementi di uso comune, come anche l’utilizzo ricorrente di specchi, derivano dalla volontà dell’artista di concentrarsi su una dimensione sfocata, in cui realtà e illusione si scambiano i piani, si sovrappongono e non sono chiaramente distinguibili, diventando così spazi di possibilità molteplici.

Una delle costanti del lavoro di Giorgi Alberti è l’interesse per la presenza dell’opera nello spazio. La scultura è un fatto sociale, relazionale, occupa uno spazio e genera un’esperienza, per questo spesso i suoi lavori, anche quando apparentemente bidimensionali, vengono presentati come oggetti nello spazio tangibile, nel tentativo di condividere un luogo e un tempo di empatia con il pubblico. In questo senso gli specchi di recente produzione delineano uno spazio di comunicazione con l’osservatore, rappresentano dei vuoti in cui ognuno può guardarsi mentre scruta il profilo di forme che ricordano vagamente dei volti. «Guardare queste forme è un po’ come guardare le nuvole da bambino e cercarvi dei volti o delle forme riconoscibili», mi racconta l’artista, che per realizzare queste opere ha condotto una ricerca sulla produzione artigianale degli specchi, a partire dalla tecnica di specchiatura ai sali d’argento, a testimoniare una passione quasi alchemica per la trasformazione delle cose. La sua produzione è piuttosto eterogenea e si presenta come in uno stadio di sperimentazione in un campo aperto, con tutti i rischi che comporta: apparentemente distanti tra loro, in sostanza, i lavori sembrano voler testare materiali e tecniche sempre nuove per reinterpretare e confondere le realtà. In prospettiva questa molteplicità di linguaggi e direzioni di ricerca, potrebbero convergere verso ambienti o installazioni complesse, in grado di funzionare come macchine percettive e di attivazione del pubblico, come già sperimentato in How to See (2021), dove, a partire dalla pala della Madonna di Foligno, realizza una struttura su cui dispone elementi cromatici, una torcia, uno specchio e una tavola affrescata in un insieme di rimandi e significati che alludono simbolicamente all’opera di Raffaello.