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panorama

Eva Frapiccini

Recanati 1978

Vive e lavora a Torino e a Recanati

Studio visit di Marco Trulli

Eva Frapiccini è laureata in Arti visive presso il DAMS di Bologna, allo IED di Torino, e ha conseguito il dottorato Practice-Led in Fine Art, History of Arts & Cultural Studies presso la University of Leeds. Attualmente è docente per la cattedra di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nella sua formazione è riuscita a conciliare la laurea in Estetica con l’interesse per la fotografia documentaria, per poi distaccarsi da quest’ultima verso progetti artistici “lens-based”.

Il suo lavoro di ricerca fotografica attraversa questioni nodali della storia della Repubblica Italiana (l’antimafia, il terrorismo) e si è dispiegato in progetti di lungo corso che sono stati esposti presso musei e istituzioni internazionali. Nel 2020 ha esposto al MAXXI il progetto vincitore della I edizione dell’Italian Council, Il Pensiero che non diventa Azione avvelena l’Anima. Il suo progetto partecipativo, Dreams’ Time Capsule,è stato ospitato in diverse istituzioni e centri d’arte nel mondo.

Originaria di Recanati, vive e lavora ormai da anni a Torino pur mantenendo uno studio nelle Marche in cui passa parte dell’anno. Il suo lavoro si caratterizza per l’utilizzo della fotografia come strumento di archiviazione (ricorre anche ad altri mezzi come audio o video) utile a creare display accessibili e interattivi.

I suoi lavori si configurano spesso come architetture mobili, strutture aperte che attivano la partecipazione dell’osservatore e che richiedono un gesto di responsabilità da parte di chi guarda. L’interesse per la fisicità come elemento di appropriazione, lo studio della scala tra visitatori e opera, l’attraversamento e movimento all’interno dello spazio, sono tutti elementi che ricorrono nei suoi lavori. Il progetto condotto dall’artista sulla mafia, ad esempio, si struttura in un archivio estraibile di foto di oggetti (l’agenda di Borsellino, taccuini di appunti di Pio La Torre o ritagli di giornale con annotazioni di Libero Grassi) in scala 1:1 e fronte/retro. Ogni osservatore può scegliere un’immagine da estrarre e osservare, ognuno può scegliere in quale frammento della storia entrare. Ed è proprio la responsabilità, la dimensione etica dell’impegno antimafia che l’artista sottolinea con questo lavoro e che la spinge a realizzare risorse accessibili al pubblico.

La necessità di aderire alla realtà la conduce a fotografare anche il paesaggio post sisma nelle Marche e in Abruzzo del 2016. Il risultato è The Spirit of Resistance,in cui emerge il legame intimo e profondo con i luoghi della sua infanzia e la certezza dell’irreversibilità dell’accaduto. Le fotografie stampate su teli di pvc traforato, assumono una consistenza eterea e rimandano all’idea di transitorietà, come i teli che coprono i palazzi in restauro.

Altro aspetto ricorrente della sua ricerca è quello della mobilità dei lavori che, spesso, diventano dei corpi in grado di assumere forme diverse nello spazio e nel tempo. Dreams’ Time Capsule, ad esempio, è un progetto che l’artista porta avanti dal 2011, raccogliendo in diverse parti del mondo i sogni delle persone attraverso l’allestimento di uno spazio pop up. Una capsula gonfiabile è il luogo in cui l’artista accoglie le persone, lo spazio in cui addentrarsi per raccontare i propri sogni. Proiettato in una dimensione temporale di lunga durata e con più di 2300 sogni archiviati, il progetto ci consente di mappare gli stati d’animo delle persone in contesti geografici diversi, spesso attraversati da problemi sociopolitici rilevanti. I sogni registrati e archiviati vengono ‘restituiti’ dall’artista alle persone dopo alcuni anni. Questa proiezione nel tempo costruisce un patto con ogni persona che prende parte all’azione, una promessa che sfida il tempo e che testimonia anche la determinazione dell’artista nel condurre a termine i propri progetti oltre le prospettive di breve durata.

Per i dieci anni del progetto, Frapiccini ha realizzato Dust of Dreams (2022), ‘traduzione’ dell’archivio onirico sotto forma di installazioni video e interventi performativi in diverse istituzioni e centri d’arte italiani tra Genova e Torino. La riscrittura dei sogni in questa forma ibrida funziona come messa in scena cui seguirà una nuova versione installativa di archivio sonoro fruibile.

Di fondo si legge la preoccupazione dell’artista nell’uscire dalla dimensione bidimensionale della fotografia e reinventare l’esperienza della fruizione fotografica così appiattita dalla presenza pervasiva dei social, per ricostruirne le coordinate con l’ausilio del linguaggio installativo e performativo, definendo spazi fisici di interazione. La fluidità di questi progetti, che si trasformano nello spazio e nel tempo, costituisce allo stesso tempo un rischio e una grande sfida per l’artista, in grado di fare da regista di macchine sceniche complesse.

Foto GIovanni Di Giugno
Foto Silvia Aresca