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panorama

Emilio Vavarella

Monfalcone 1989
Vive e lavora negli gli Stati Uniti e in Italia
Studio visit di Alessandra Troncone
24 aprile 2024

Con una formazione “indisciplinata” ─ riprendendo le sue stesse parole ─ Emilio Vavarella ha fatto dell’attraversamento di saperi e spazi di pensiero una propria linea guida, con l’obiettivo di sondare le potenzialità espressive di discipline anche molto distanti tra loro. Gli studi al DAMS di Bologna, poi allo IUAV di Venezia e infine all’Università di Harvard, dove sta completando un dottorato di ricerca presso il Department of Art, Film, and Visual Studies, hanno contribuito alla creazione di un campo largo entro cui muoversi, che vede procedere in maniera parallela la ricerca teorica e la produzione artistica. Tra le sue mostre più recenti si segnalano le personali del 2022 al museo MADRE, Fondazione Zegna e Casa degli Artisti a Milano, e quelle del 2023 al Broad Institute of MIT and Harvard e GALLLERIAPIÙ a Bologna. Ha partecipato a numerose rassegne internazionali e, nel 2023, al Padiglione Italia della Biennale di Venezia Architettura.

Il suo lavoro artistico prende vita nel contesto di una precisa cornice teorica, alimentata da una domanda portante: in quale modo la tecnologia influenza il nostro pensiero? A partire da una riflessione sulle possibilità offerte dalla tecnica, Vavarella si è indirizzato a indagare la trasmissione di codici e, in particolare, la traduzione del DNA umano in strutture visibili e tangibili. Ne è un esempio la serie di lavori The Other Shapes of Me, nelle quali la sequenza del codice genetico dell’artista viene tradotta in arazzi. Fa parte di questo ciclo di lavori rs548049170_1_69869_TT (The Other Shapes of Me), videoinstallazione prodotta nel 2020-2021 grazie al sostegno dell’Italian Council e ora nella collezione del MAMbo a Bologna, che include il video Genesis nel quale la madre dell’artista tesse il DNA del figlio grazie a un telaio Jacquard del XIX secolo. Altri lavori insistono sulla ricerca dell’errore, margine imprevedibile ma in qualche modo calcolato nei processi tecnici, che diventa anche una ricerca sui limiti delle macchine e dei processi. In Datamorphosis (dal 2019), per esempio, l’artista altera il codice alfanumerico dato a una stampante 3d per generare un ciclo di sculture ispirato alle Metamorfosi di Ovidio, inserendo i versetti dello stesso autore e quindi ottenendo forme ‘sbagliate’ che includono però la loro descrizione poetica.

La ricerca di Vavarella e il suo approccio metodologico rappresentano un contributo di indubbio valore per l’esplorazione di un dialogo tra discipline diverse, che intercetta temi molto attuali come la consapevolezza delle macchine e, più in generale, del non umano, proiettando tali riflessioni in un futuro non troppo lontano.

In questo momento l’artista sta chiudendo la sua tesi di dottorato e, contestualmente, la residenza ad Harvard, continuando a lavorare sulle serie The Other Shapes of Me – dunque su un’idea di ritratto non rappresentativo ma profondamente legato alla persona attraverso l’unicità del suo DNA – e The Other Shape of Things, che chiama in causa oggetti ed elementi vegetali sempre a partire dalla trasmutazione di codici.

La consapevolezza dei processi avviati non lascia intravedere errori, se non quelli volutamente cercati o previsti; ci si aspetta che nel prossimo periodo la realizzazione finale venga ulteriormente diversificata e ampliata.

La pratica di Vavarella offre numerosi spunti per indagare non solo il rapporto tra produzione manuale e meccanica, ma anche quello tra ricerca teorica e azione pratica nel contesto delle arti visive, facendo appello a un’interdisciplinarità che non è solo sulla carta ma insita in tutti i processi avviati dall’artista, nonché solida base di tutti i suoi progetti artistici.

Foto di Damiano Andreotti
Foto di Stefano Maniero