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panorama

Davide Mineo

Palermo 1992

Vive e lavora a Palermo

Studio visit di Daniela Bigi

Davide Mineo è apparso nella scena palermitana diversi anni fa, mentre ancora frequentava l’Accademia e l’Osservatorio Arti Visive. Da quel momento ha condotto un percorso di ricerca incentrato soprattutto sulle relazioni tra pittura, spazio e territorio. Nel 2021, insieme a Enzo Calò e Gabriele Massaro, ha fondato a Palermo un artist-run space, La Siringe, tra i più attivi nella mappa siciliana degli spazi indipendenti.

Il suo lavoro si muove dentro una pratica difficilmente classificabile, incardinata sulle problematiche della pittura ma al contempo debitrice di soluzioni provenienti dalla scultura. L’obiettivo è quello di materializzare il pensiero, di conferirgli un’esistenza concreta, al fine di poterlo osservare, verificare. «Tradotto in “oggetto” – afferma – il pensiero risiede nello spazio, scambia informazioni con l’ambiente che occupa e con gli elementi viventi e non viventi che lo circondano, teorizzando modi di esistere e coesistere». Un pensiero che è dunque sia indagato che indagante: «Ogni curva, ogni linea, ogni piega o forma identifica un’informazione, ovvero una sintesi astratta di una realtà concreta». Come in un modello matematico, le forme ideate da Mineo, insubordinate alla logica corrente e resistenti alla smaterializzazione imperante, inventive ed essenziali, «cercano il silenzio per trovare le parole», raccontano la condizione complessa in cui il perimetro personale incontra l’area collettiva e con essa si confonde.

Nel suo processo creativo esuberante ma meditativo, in cui mette in campo istinto e controllo, le sue forme impattanti, i suoi ‘monumenti’ pittorici hanno una tensione estetica dichiarata e una ricercata ma non esibita potenza metaforica. Derivano dall’intimità dell’esperienza personale, ma riguardano sfere e dinamiche più vaste, situandosi in una sorta di interregno tra la singolarità dell’autore e la scena urbana, nel groviglio rovente di storie che perdono i connotati particolaristici per diventare esperienze condivise, aspirazioni corali, memorie solidali, offese collettive. Grovigli di storie ma anche grovigli di spessori, cioè di stratificazioni, di manufatti, di edifici, di civiltà, di bellezza.

Le ingombrati presenze di Mineo, che siano leggere e riflettenti o invece corpose e gravi, sono sempre spiazzanti e mostrano una cura del dettaglio che non è prevedibile né gratuitamente estetizzante, ma proviene da una arguta lettura dello spazio. Il suo lavoro reagisce al presente, al contesto umano e oggettuale che lo circonda, indica una direzione per l’agire, ricerca l’etica nell’estetica, affilando i propri strumenti su quei tavoli della Storia che altri desistono dall’affrontare. Il fatto che i suoi pensieri pittorici ricerchino un volume per insediarsi in spazi che non gli sono propri, magari ostili, o comunque indifferenti, significa che puntano ad affermare un diritto di esistenza altrimenti negato. I suoi congegni di metalli e tessuti (juta, tela, ecopelle, velluto, fibre sintetiche) saldati dal gesto pittorico parlano la lingua della pittura e contemporaneamente definiscono il contesto in cui allocarla.

Come accade anche ad altri che si muovono in una particolare sintonia con i segni, la storia e i significati dei luoghi, il rischio di Mineo è quello di piegare eccessivamente i contenuti del lavoro alla personalità del luogo, di rimanere imbrigliato nelle maglie delle preesistenze e della loro seduttività. Raggiungere un equilibrio credibile tra l’autonomia dell’opera e la relazione con il luogo è infatti tutt’altro che automatico.

Ma questa capacità di controllo Davide Mineo ce l’ha, deve solo tenerla sempre a mente, come ha fatto recentemente in alcuni interventi di grandi dimensioni dei quali parliamo lungamente – alcuni andati in porto, altri rimandati nel tempo ma già pronti nello studio. La loro forza risiede proprio nell’equilibrio stabilito non solo tra il senso del discorso e la relazione con i luoghi, ma anche tra il detto e il crittografato, tra la decostruzione e la ricostruzione. La dimensione in cui opera Mineo non disdegna né la decorazione, né la narrazione e neppure una certa idea di monumento, purché lette alla luce di un orizzonte concettuale in cui converge, non da ultima, anche la lettura del territorio. Al centro, e di primaria importanza, il rapporto non negoziabile con la Storia e una dedizione senza sconti a una personale idea di pittura.