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panorama

Davide Bertocchi

Modena 1969

Vive e lavora a Parigi

Studio visit di Marco Scotti

Il lavoro di Davide Bertocchi è fatto di immagini e frammenti, di immaginari di riferimento – provenienti dalla musica, ad esempio, così come dalle ricerche scientifiche – e di distorsioni.

Dal 2016 insegna all’École Media Art di Chalon-sur-Saône, la città di Nicéphore Niépce, spostandosi regolarmente da Parigi alla Borgogna, ma il suo studio rimane nella capitale.

Siamo nella Cité Montmartre-aux-artistes, un edificio degli anni Trenta – il più grande in Europa nel suo genere – progettato da Adolphe Thiers e Henry Trésal, ispirati dal modello utopico del Falansterio, e dedicato interamente agli spazi per la produzione artistica. Ci accoglie così Bertocchi, parlando di quegli elementi aleatori, incontrollabili, presenti nel suo lavoro: «Io però faccio pochissimo manualmente. E prediligo progetti che mi permettano di creare una situazione in luogo, per me è quello il vero lavoro di studio».

Per capire il suo approccio possiamo guardare alla recente mostra Head Space, presso l’Espace de l’Art Concret, nel sud della Francia. Qui, a partire da una residenza, è stato invitato a lavorare con un’azienda produttrice di profumi: dopo mesi di immersione in questa realtà e incontri con i diversi professionisti, la ricerca si è concentrata sui cromatogrammi, le rappresentazioni grafiche delle cromatografie, che rappresentano visivamente le composizioni dei profumi. Nelle sale del museo era possibile ritrovarli incisi su tavolette di gesso, dove il tracciato – senza più segni e parole ad accompagnarlo – diventava una forma essenziale, così come le molecole delle sostanze, affiancati a filtri per gli oli essenziali disposti al suolo come una costellazione di forme piramidali (solo uno era in marmo, realizzato per l’occasione grazie a Studio Stagetti di Pietrasanta) e a un video che riproponeva trecento immagini, corrispondenti a ciascuna delle materie prime utilizzate dall’azienda. Completava la mostra un contenitore da una tonnellata, contrassegnato dalla scritta “mille fleurs”, che dentro l’azienda raccoglieva tutti gli errori e gli eccessi di produzione, materia comunque nobile che viene abitualmente riutilizzata. Un insieme di fragranze, differente ogni mese, spostato all’interno dello spazio espositivo e trasformato poi anche in un’edizione. «Per me non era un profumo, era un’idea». Tasselli di un universo sterminato.

Il 2022 è stato un susseguirsi di progetti per Davide Bertocchi: la mostra al Frac Franche-Comté, il progetto dedicato alle lampade d’artista con il collettivo MORE projects per la fiera Art-O-Rama di Marsiglia, e il progetto Top100, giunto al volume ottavo e prodotto da Dena Foundation. Un lavoro enorme, che vede Bertocchi chiedere ogni anno a cento persone del sistema dell’arte la canzone preferita in quel momento, giocando con l’ossessione per le classifiche: oggi, dal cd le compilation sono arrivate su Spotify, dopo aver collaborato con riviste come “Toilet Paper” e “Grasso”, accompagnate da una scultura raffigurante un kayak con le ruote che ha dato origine al progetto e che dalla prima edizione accompagna la serie in copertina.

Con il collettivo di artisti e curatori MORE projects Bertocchi sarà in residenza da marzo alla Fondation d’entreprise Pernod Ricard, dove già nei giorni prima di Natale sono apparsi con una versione pop-up. Per Bien a vous sono stati coinvolti settanta artisti a cui è stato chiesto di realizzare un’opera da mettere in una busta: una volta chiusa la busta il contenuto sarebbe stato visibile in mostra solo fotografato e attraverso una serie di raccoglitori posti sui tavoli, e in vendita al prezzo di 150 euro e in forma totalmente anonima, con il nome dell’autore rivelato al collezionista solo dopo l’acquisto. Ora nello spazio parigino della fondazione, che sta venendo ultimato, li attende una nuova dimensione: «il nostro collettivo ha un carattere un po’ pirata, qui dovremo confrontarci con uno spazio dal carattere istituzionale. Sarà una sfida».

Lo studio però ci riporta subito a una pratica che non è solo quella collettiva e allargata. Una scultura di Davide Bertocchi, Le regime, è poggiata su un grande tavolo, una composizione fatta di quattro moduli di altrettanti diversi marmi separati tra di loro, che una volta impilati – proprio come si fa con le costruzioni per bambini – svelano il gioco di parole del titolo: con l’aggiunta di una cannuccia di plastica le forme sembrano rimandare alla dieta alimentare, senza questo elemento i materiali tornano a evocare un carattere monumentale, da regime appunto. La leggerezza, spesso ironica, è una strategia per offrire a chi guarda prospettive e punti di vista, spesso spiazzanti.