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panorama

Dario Carratta

Gallipoli 1988
Vive e lavora a Roma
Studio visit di Gaia Bobò

Lo studio di Dario Carratta si trova presso il Contemporary Cluster di via Merulana, spazio che condivide con altri artisti. È stato co-fondatore dello spazio espositivo e studio d’artista condiviso SPAZIOMENSA, contesto nel quale ho approfondito la conoscenza del suo lavoro e nella cui programmazione espositiva l’artista ha restituito uno dei suoi più convincenti esiti espositivi recenti, grazie alla mostra L’ora del lupo, realizzata con Giovanni de Cataldo nel 2021. La frequentazione quotidiana, dilatata, talvolta distratta, affaccendata, e per questo quasi familiare con il suo studio presso lo spazio indipendente di via Salaria mi offre oggi un punto di vista privilegiato per tentare di sondare le possibili ‘derive’ della sua ricerca.

Il lavoro di Dario Carratta può delinearsi come un tentativo di ricostruzione di un universo onirico e perturbante compiuto per mezzo della pittura, vissuta come pratica esistenziale, rituale ed escapistica. Il suo immaginario è popolato di presenze spettrali, proiezioni mistiche che l’artista invoca con urgenza attraverso la restituzione di narrazioni fugaci, che si rivelano in una condizione di ambigua sospensione. La riconoscibilità della caratterizzazione fisiognomica dei suoi personaggi è uno degli aspetti cruciali del suo linguaggio compositivo: la figura umana finisce per armonizzarsi alle ambientazioni paranormali e magiche dell’altro-mondo da lui costruito, venendo da esse alterata e deformata, assecondando il moto ondulatorio del suo gesto pittorico. Portatore di una carica visionaria e allucinatoria, il suo ragionamento pittorico si nutre prevalentemente di immagini trovate – spesso sul web – e tra loro ricombinate, con una predilezione per i linguaggi fotografici e video. Il rapporto con questi dispositivi ottici finisce così per confermarsi nelle scelte compositive e nelle inquadrature che caratterizzano gli scenari surreali dei suoi dipinti.

Il fiorire su scala internazionale di una figurazione pittorica che proietta su un registro distopico le inquietudini e le angosce del nostro tempo, molto presente nelle manifestazioni fieristiche ed espositive mainstream del contemporaneo, offre un bacino ideale per un confronto critico, in cui il lavoro di Dario Carratta prende parte a pieno titolo. La complessità e diversificazione delle fonti nella costruzione del suo ecosistema linguistico, che si traduce in una costruzione coerente, personale e accurata, si conferma come interessante metodologia per riappropriarsi di stralci narrativi che l’artista estrapola da fotografie scattate dal vero o trovate su internet, spesso assemblate tra loro. Il tutto si coagula in una pittura crepuscolare, oscura, a tratti ipnotica, che possiede una profondità non comune a molte ricerche parallele che ne condividono gli intenti, salvo poi spesso mancare di consistenza e organicità formale.

Tra le opere recentemente prodotte, una serie di ritratti su tela di piccole e grandi dimensioni, dove la presenza simbolica della natura sembra assumere un ruolo preponderante: nella grande tela La prova del sonno (2022) una figura maschile nuda, che riporta uno squarcio sul ventre, emerge dalla calma di uno specchio d’acqua, nella cornice di un paesaggio ameno e atemporale. Ancora, Il sole (2022) ritrae un mezzobusto dallo sguardo saturnino che porta in braccio un grande mazzo di fiori, mentre nell’opera Ascoltami (2022), una figura arcaica è intenta a coprire parte del suo volto con una grande conchiglia, forse soffiandovi all’interno, mostrando così le dita affusolate oltre misura. Termometro del suo dinamismo produttivo è la copiosa presenza di acquarelli su carta di recente produzione, intesi ora come lavori finiti e ora come modelli per la realizzazione di tele di maggiori dimensioni: uno strumento particolarmente interessante per sondare le variegate pieghe del suo immaginario e consentire una panoramica approfondita dei suoi soggetti e delle sue ossessioni ricorrenti. L’artista sta inoltre affiancando alla sua produzione scultorea, realizzata prevalentemente in ceramica, nuove sculture in cartapesta ancora in progress.

Il rapporto intuitivo e visionario con l’evocazione dei suoi soggetti pittorici sembra orientato da un impeto fulmineo, un flusso che l’artista si trova di volta in volta a metabolizzare. In questo processo, tuttavia, i parametri di distillazione risultano forse poco definiti, e le maglie del filtraggio degli elementi che penetrano dentro la superficie pittorica troppo larghe e generose, laddove, invece, una maggiore radicalità di scelta potrebbe giovare a una più immediata e tagliente dichiarazione di intenti.

A questo proposito, un tentativo potrebbe essere quello di approcciare il lavoro di Dario Carratta in termini retrospettivi, tentando di ricostruire salti e passaggi-chiave metodologici e critici, ricercando una storicità del suo sguardo e l’evolversi delle sue scelte tecniche. D’altro canto, l’imprevedibilità dei soggetti e degli scenari costituisce forse uno degli elementi di sorpresa che rendono tanto divergente e plurale l’universo costruito dall’artista, che racchiude in sé un mistero che non è facile decodificare e cogliere, e che forse è il segreto della preziosità dei suoi lavori.

foto Carlo Romano
Foto Sebastiano Luciano