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panorama

Daniele Di Girolamo

Pescara 1995
Vive e lavora a Malmö (Svezia) e a Pescara
Studio visit di Gaia Bobò

Daniele Di Girolamo sta completando il master in Visual Art presso la Malmö Art Academy, a seguito di un periodo di formazione (triennio e biennio) presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. I vari spostamenti dell’artista non sono da leggersi come dato residuale nella definizione del suo immaginario e percorso artistico, ma concorrono alla codificazione del bagaglio di riferimenti visivi, culturali ed esperienziali che riverberano incisivamente nel lavoro. Il tracciamento di una cartografia intima in evoluzione è dunque una premessa opportuna per cogliere la struttura metodologica del suo lavoro, che parte da precise coordinate geografiche, concretate in oggetti o suoni, traghettandole verso una ricercata ambiguità.

La memoria percettiva dei luoghi è, in questo senso, uno dei referenti principali di un processo artistico che rimanda continuamente a un altro o a un altrove vissuti. Ne è un esempio la documentazione del periodo di residenza a Hong Kong, coinciso con i moti di protesta del 2019, che ha costituito per l’artista un bacino cui attingere per la produzione di diverse opere.

La dislocazione semantica e percettiva è inseguita attraverso la concertazione di “rime materiali”, libere associazioni compositive che si sostanziano nello scarto materico e concettuale tra le diverse fonti d’elezione. Contestualmente, l’investigazione estensiva attorno al medium sonoro, centrale nella pratica di Di Girolamo, segna la volontà di appellarsi a un linguaggio anzitutto sensoriale, suscettibile di essere deformato ed espanso attraverso l’orchestrazione di un sistema di contrappunti. Elastico e vibrante, il medium sonoro è per lui una corda in tensione tra corporeo ed effimero: da un lato, quindi, un elemento plastico nella spazializzazione dei suoi progetti installativi, dall’altro, indagato nella sua componente propriamente immateriale.

L’indagine metalinguistica, intesa come ragionamento analitico che interroga dall’interno il codice sonoro utilizzato, allinea altresì l’artista con un atteggiamento intimista che riporta al centro il recupero del valore dei luoghi e il rapporto con la loro memoria collettiva e privata, con un focus sull’interazione tra elementi naturali e prassi sociali. L’approccio sinestetico che detta l’urgenza della visualizzazione sonora delinea uno degli aspetti più rilevanti della pratica artistica di Di Girolamo, capace di problematizzare la nozione di materialità decentrandola in una dialettica intermediale. Partendo dall’evoluzione del concetto di visualità in relazione allo sviluppo dei nuovi strumenti tecnologici, che rendono possibile rilevare l’effettiva consistenza fisica delle onde sonore, l’artista struttura sistemi di corrispondenze compositive che allineano questa consapevolezza scientifica con gli intenti di sperimentazione visuale.

Tra gli ultimi progetti realizzati si segnala l’opera Sending a Letter for Sanding Words (2022), sostanziata nel gioco di rimandi e contrasti multisensoriali tra materiali organici e inorganici, definendo un ulteriore elemento di complessità nella sua pratica. I singoli oggetti che compongono l’installazione sono protagonisti di un processo autoriflessivo che attiva un dialogo con la tradizione storica della natura morta, con particolare riferimento all’esattezza delle scelte compositive e all’intenzione lirica ad esse sottesa. Questo tableaux spaziale vive in un equilibrio in sospensione, non negato ma coadiuvato dalla variante progettuale del dinamismo cinetico e sonoro.

Un atteggiamento di più netta sperimentazione ambientale, nonché di maggior audacia nell’apposizione di una cifra personale e poetica, si rivela funzionale ad arginare il rischio, presente in alcuni esiti della sua produzione, di caduta nella dimensione dell’esercizio retorico. Infatti, al decadere di tali condizioni, l’energia impressa nella realizzazione del lavoro sembra venir meno per lasciare posto a un ragionamento che appare, diversamente, ripiegato in sé stesso e mosso da esigenze prettamente tecniche. Tale deriva ha come conseguenza il raffreddamento del momento percettivo nella fase di formalizzazione dell’opera, dato che confligge con le premesse di un processo che, al contrario, affonda le sue radici e si sostanzia nell’immediatezza empirica ed emotiva dell’esperienza sensibile.

Colpisce nella produzione dell’artista l’identificazione già matura delle sue principali linee di ossessione, delle urgenze e dei riverberi sia dal punto di vista mediale sia concettuale, che anche in intervalli di tempo molto ravvicinati vengono significativamente raffinati e arricchiti di nuove stratificazioni e livelli di complessità.