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panorama

Daniele Costa

Castelfranco Veneto 1992
Vive e lavora a Venezia
Studio visit di Osservatorio Futura (Francesca Disconzi, Federico Palumbo)
9 marzo 2024

Come evidenzia Stefano Coletto nel suo studio visit, al cuore della ricerca di Daniele Costa c’è una grande fascinazione per le immagini in movimento in relazione alla dimensione corporea. In modo particolare, vi è l’interesse per il corpo nella sua estensione vitale che porta celata in sé la finitudine, implicando un’importante riflessione sulla temporalità. Soprattutto nella prima parte di produzione ciò si accompagna alla volontà pratica di scoprire meccanismi oggettivi di matrice medico-scientifica; studi che, per quanto a volte indaghino funzionalità organiche che possono apparire scontate, rivelano considerazioni e narrazioni inedite. Questo interesse è tuttavia ben bilanciato da una dimensione soggettiva e poetica, poiché parte fondamentale della processualità di Costa prevede una stretta relazione con le persone con cui intraprende una collaborazione, nonché la considerazione della pluralità delle loro storie. Si tratta di un vero e proprio avvicinamento di corpi in grado di attivare processi di scrittura che coinvolge l’artista con il suo dispositivo e si sviluppa nel rapporto con l’altro, condensandosi in una certa performatività. Questo elemento porta a risultati inediti e aperti senza che venga assecondata la necessità stringente, tipica della narrazione documentaristica, di partire da un punto visivo per arrivare a un altro. Stefano Coletto evidenziava come «Meno efficaci paiono quelle produzioni di Daniele che sembrano esercizi di montaggio, dove le suggestioni tecnico-meccaniche di dispositivi e congegni costruiscono un visivo troppo prevedibile», pensiamo però che questa maggiore freddezza sia sintomo di una forte consapevolezza legata al mezzo utilizzato e conseguentemente declinato in base alle specifiche necessità espressive.

Costa guarda con ammirazione ad autori cinematografici come Lanthimos e a grandi maestri come Bergman e Fellini; ha inoltre una fascinazione per il lavoro Omer Fast, ad artisti visivi italiani contemporanei come Diego Marcon e Giulia Cenci, sia da un punto di vista formale sia teorico e al lavoro performativo di Michele Rizzo. Tuttavia, questi spunti non si traducono in un’appropriazione a livello formale.

Riteniamo il lavoro di Costa significativo poiché inserito in un momento storico in cui il linguaggio predominante è proprio quello delle immagini in movimento, «Tutto questo è attuale, nell’epoca dei social, in cui tutti vogliamo diventare qualcosa e dirlo al mondo, illuderci di non essere nella stanza triste di Trapezia, ma dove alla fine torniamo», sottolinea, d’altronde, ancora Coletto. Infine, risulta interessante la riflessione rivolta alla corporeità e alla temporalità in un momento storico in cui questi si accompagnano a una dimensione di superficialità e controllo.

In questa fase l’artista è intenzionato ad allungare il minutaggio dei suoi lavori, avvicinandosi così a tempistiche filmiche. Nello specifico, nell’ultimo anno sta lavorando a due progetti. Il primo, iniziato nel 2018, è intitolato Sulla morte; l’idea è quella di riprendere un corpo che deperisce, all’interno di una struttura che si occupa di accompagnare i malati terminali verso la morte, in collaborazione con un apparato di ricerca strutturato e specializzato. L’intenzione è quella di proporre una visione altra del decadimento corporeo rispetto al modo in cui la cultura occidentale veicola il tema della morte. Il secondo progetto è invece dedicato al body building eanche in questo caso l’attenzione è posta sul processo che porta a una trasformazione corporea.

I processi lunghi e complicati, nonché l’idea di dover avere uno schema preciso e meno soggetto all’imprevedibilità dell’elemento performativo, potrebbero rappresentare dei punti sui quali ragionare in futuro.

La fragilità delle immagini e la possibilità di far emergere caratteri di vulnerabilità raccontano invece un’attenzione all’aspetto poetico che riteniamo di valore. Anche l’analisi sul corpo, che diventa pretesto per nuove narrazioni, e i protagonisti scelti (mai neutri) sono sintomi di ragionamenti solidi e maturi.