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panorama

Collettivo DAMP

Collettivo artistico costituito a Napoli nel 2017 da Alessandro Armento, Luisa de Donato, Viviana Marchiò, Adriano Ponte
Studio visit di Marcello Francolini

DAMP è un collettivo artistico campano che nello spazio, reale e virtuale, trova il suo territorio d’elezione. La peculiarità della sua ricerca è quella di spostare, ogni volta e per ogni opera, il processo di costruzione sul piano dell’eventualità. L’idea prende forma a partire dallo spazio preposto ad accoglierla, i suoi limiti architettonici, volumetrici, culturali, storici, geografici divengono elementi prelevabili all’interno del contesto morfologico. La modalità è quella del site-specifity, che s’estende naturalmente al concetto stesso di studio, che diviene mobile e trasformabile a seconda delle esigenze di ricerca che sono attigue alle specifiche contingenze del lavoro. Non a caso la formula più congeniale e praticata da DAMP è la residenza d’artista, che permette un coinvolgimento totale nel luogo culturale in cui dovrà essere inserita l’opera. Per quanto il collettivo agisca nello spazio, la sua prerogativa è quella di generare ‘luoghi’. Ciò lascia intendere che i suoi interventi, non funzionando di per sé, non si sorreggono sulle proprietà aspettuali, si pongono invece come dispositivi dialogici e si sorreggono sulle proprietà semantiche. Volendo usare una terminologia cara alla scultura, DAMP opera a togliere, riduce la presenza dell’opera, giacché piuttosto che operare sul piano dell’immagine opera sulla possibilità di-produrre immagini. Questa disponibilità alla correlazione, all’analogia investe direttamente l’esperienza dell’osservatore e quindi s’allontana dal primato estetico della sua comprensione, o meglio, il concetto e l’immagine sono sempre calibrati per risultare in una estrema sintesi figurale, come quel “divenire nulla”, dell’opera Ediacara nella metropolitana di Milano (2021). Composta da materiale biodegradabile e quindi intrinsecamente destinata a combaciare con l’aspetto linguistico, l’opera funziona come un’operazione mentale proposizionale, che è poi del tutto simile all’addizione i cui addendi sono prestabiliti apriori e il tutto funziona nella produzione di un terzo addendo. È a questo punto inevitabile parlare della ricerca di DAMP senza parlarne attraverso il meccanismo di funzionamento delle opere, che muove dalla costruzione di connessioni analogiche che lasciano sì che una certa qualità del simbolico pervada l’attualità oltre lo scientifico, il finanziario, il tecnologico della società attuale. Un’esigenza da intendere come uno zeitgeist condiviso da gran parte degli artisti della nuova generazione italiana, che nella dimensione ambientale, trova le risposte alternative a una culturalizzazione dell’economia che scade sempre più nella brandizzazione dei valori. Nello specifico, questa riflessione per la natura temporanea delle cose, fa sì che la ricerca del collettivo si intersechi spesso con i mondi della fisica, della biologia e dell’informatica, in un processo di estensione e al tempo stesso di connessione diretta tra cose lontane, tra opposti, nel tentativo che nello scarto tra i due si generi un processo di rivedibilità dei saperi: presente-passato; funzionale-casuale; luogo-non-luogo; natura-artificio e via così, lungo una catena imprevedibile di coppie di correlazioni. Ciò si manifesta attraverso le peculiarità del paradosso in cui il non-essere di alcune qualità o significati si apre a divenire spazio possibile della riflessione. Così è per Tautologia (2021), costruita all’interno di una teca pubblicitaria per non mostrare dell’immagine che la sua sorgente linguistica. Stringhe di HTML, che stanno per le immagini a cui rinviano, innescano un processo di riflessione diretto sull’immagine mediale a partire dalle sue controparti reali. Un po’ come, in un’altra storia, disse Artur Danto di Andy Warhol per il suo Empire rispetto a ciò che poteva dire sul cinema in assenza di movimento; d’altronde, la stessa opera di DAMP ha implicitamente a che fare con l’occupazione dello spazio delle teche informative dei cinema, chiusi durante il lookdown (Exit Strategy a cura di Lucas Memmola, 2021). Questa metodologia correlativa del paradosso permette al collettivo di fare descrizione narrativa di ogni aspetto della realtà dimostrando di generare inattese possibilità di interazione tra la performatività dell’opera e il sistema produttivo, come nel caso di Vacuo (Materia viva, a cura di Maria D’Ambrosio, 2021) in cui l’azione meccanica della pressione segna solo l’impronta vuota di qualcosa, e tutto rimanda al di là dell’azione, nella non-azione, come quel vuoto che Heidegger intendeva come proprietà essenziale del vaso ancor prima della sua funzione di contenitore di liquidi. Le opere di DAMP si pongono come strumento profondo di autoriflessione del sé, tornando ad auspicare quel ruolo dell’arte che le è fondante da sempre, come la morte di Gonzago fu per Claudio.

Collettivo DAMP
Collettivo DAMP, particolare dello studio-temporaneo di Casa Morra, Napoli 2022, courtesy DAMP