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panorama

Claudio Martinez

Roma 1968

Vive e lavora a Roma

Studio visit di Daniela Trincia

Su una via che corre parallela a viale delle Medaglie d’Oro, sul crinale di Monte Mario, la zona più alta della città, si trova la casa-studio di Claudio Martinez. Vissuto fino all’adolescenza nella cittadina di Ariccia, si trasferisce nella Capitale con la famiglia e, dalla sua prima vacanza, in solitaria, in sella a un ciclomotore Garelli verso la Sardegna, non ha mai smesso di viaggiare, in Italia e nel resto del mondo, anche come musicista, in blues band, vivendo per un periodo pure a Londra. Ed è sempre durante l’adolescenza, già a quattordici anni, che si avvicina alla fotografia, «che mi ha permesso di non sprofondare nel tedio del divano». Dopo gli studi all’Istituto per la Cinematografia e la Televisione R. Rossellini, è sicuramente l’incontro con Vittorio Storaro che gli offre la possibilità di mettere immediatamente a frutto le sue capacità di fotografo per la realizzazione di quindici documentari di Imago Urbis. Il suo lavoro, dunque, come fotografo e come regista e direttore della fotografia, spazia dalla fotografia commerciale ai videoclip musicali; dalla regia di documentari a servizi fotografici subacquei, alla realizzazione di spot di comunicazione sulla salute con l’Istituto Superiore di Sanità, a fotografie per riviste d’arte o per servizi di moda.

Dal momento che la fotografia, sin dall’inizio, ha fatto da tramite tra l’aspetto scientifico – che lo ha sempre attratto – e la possibilità di guardare il mondo, dopo anni impegnati a fotografare l’esterno, e superata un’innata reticenza, ha rivolto l’obiettivo verso di sé. Abbattendo quel senso di disagio e pudore, nel mettere sé stesso davanti a una macchina fotografica ha, però, raggiunto la massima libertà di azione, non dovendo scendere a patti con gli eventuali protagonisti delle immagini. Il tutto è iniziato “mettendo il cappello” a un personaggio/sé stesso e dall’uso dell’infrarosso. Così, “monsieur C.” (e non G./Gilbert Garcin), senza alcuna titubanza, attraversa atmosfere dense e plumbee, irrealmente reali, nelle quali sono disseminati silenti dettagli, diretti riferimenti tanto alla cronaca, a quello che accade intorno a noi, quanto alla sua memoria e al proprio quotidiano. Fotomontaggi che gli consentono di creare scenari immaginari e surreali, a metà tra il sogno e l’inconscio, fuori dal tempo, ma mai slegati dalla realtà. Preceduto da una laboriosa costruzione artigianale dei set, ogni scatto, ponendosi su quel labile confine tra reale e irreale, gioca fortemente sulla percezione, e spinge l’osservatore a esaminare meglio quello che il suo occhio vede, per ritrovare quelle coordinate di senso e di significato.

Dopo un periodo ‘sabbatico’ dalla fotografia, in cui si è dedicato ai videoclip, molto più articolati, occupandosi di tutto (luci, ripresa, montaggio e così via), dal 2021 ha ripreso a dedicarsi a essa, impegnandosi completamente a Fallito piano B, il suo ultimo progetto, nel quale la sua riflessione artistica prende una definitiva e definita sostanza. Le atmosfere fumose e sature, in parte desolate, in cui si svolgono azioni finanche bizzarre (che ricordano Rodney Smith), con ambientazioni che evocano set cinematografici, quasi patinate (che evocano quelle di Tracey Moffat), sono le trappole che Claudio Martinez mette in campo. In ogni ricostruzione nulla è lasciato al caso; ogni elemento è ricercato, costruito, collocato con cura e attenzione. Quelle azioni, che, a prima vista, possono apparire pompose, composte, fortemente ironiche, sono il risultato di una grande pulizia formale piegata all’intenzione di creare un’immagine attraente ed equilibrata, abbondante, però, di significati stratificati nei quali perdersi.