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panorama

Chiara Camoni

Piacenza 1974
Vive e lavora a Fabbiano (Seravezza)
Studio visit di Angel Moya Garcia

Lo studio di Chiara Camoni si trova dopo una strada sinuosa e in salita nella frazione di Fabbiano sulle Alpi Apuane, in un contesto sociale e soprattutto paesaggistico che influenza, anzi determina la tipologia di lavori dell’artista. Circondata dal materiale di risulta delle cave abbandonate intorno al monte Altissimo e da una natura estremamente antropizzata, ma in fase di rigenerazione, le sue intuizioni si formalizzano attraverso disegni, stampe vegetali, video e sculture create tramite l’accumulo di elementi di ceramica smaltata. Le sue opere vengono spesso realizzate in collaborazione con amici e parenti, in gruppi estemporanei o attraverso seminari e workshop organizzati. Non è un caso che abbia dato vita al collettivo Centro di sperimentazione, presentato spesso come raccoglitore delle varie forme di autorialità condivisa, che, insieme ad altri artisti, abbia fondato il MAGra, Museo di arte contemporanea di Granara e il gruppo Vladivostok, o che, con Cecilia Canziani, sviluppi da alcuni anni il ciclo di seminari La giusta misura.

I suoi lavori nascono prevalentemente dall’elaborazione di materie prime raccolte nel suo giardino o nella campagna circostante e anche attraverso una condivisione di metodi e riflessioni corali. L’autorialità diffusa, la responsabilità collettiva, la rilevanza data al convivio e alle esperienze condivise, insieme a una pratica quasi artigianale, generano opere realizzate con oggetti ritrovati o materiali naturali. I flussi, le associazioni o gli accostamenti caratterizzano un’indagine artistica in cui il trascorrere del tempo, la natura e la sua potenza creatrice, il rito, gli affetti e le relazioni aprono inevitabilmente il lavoro a una componente di indeterminatezza, ambiguità e casualità, visibile come traccia nei materiali e nella processualità di creazione delle opere.

Abituati a vedere come l’ego, l’autorialità o la firma singola degli artisti siano diventati elementi prepotenti in tutto un sistema dell’arte che continua a sopravvivere, ma che stenta a essere attuale, e considerando le tendenze sempre più collettive che stanno nascendo negli ultimi anni, bisogna evidenziare come la pratica corale di Chiara Camoni abbia anticipato modalità, necessità e urgenze rispetto a quello che abbiamo visto, ad esempio, nell’ultima Documenta di Kassel.

Dalla composizione alchemica di pratiche relazionali e materia organica nasce la maggior parte delle sue opere, come la scultura Sister, a cui sta lavorando in questo momento e che fa parte di una lunga serie incentrata sulle figure di divinità eco-femministe che fungono da presenze propiziatorie, così come una nuova serie di stampe vegetali che segue un processo naturale attraverso le proprietà tintoree di erbe e fiori selvatici.

L’aspetto del suo lavoro che potrebbe rappresentare una prima criticità è l’ambiguità che si viene a creare nella linea di confine che divide i lavori singolarmente firmati da quelli che diventano opere corali, presentate come collettivo Centro di sperimentazione. Nei primi momenti di questo studio visit fatico a capire come venga determinata un’eventuale distinzione; ma la conversazione privata nel corso della mattina diviene un pranzo condiviso con Elisa Zanonini, Lorenzo Bottari e Camilla Santini, suoi collaboratori, e con la filosofa Sandra Burchi, e capisco che questa fatica è forse solo una mia prima rigidità nel comprendere, mentre osservo la loro fluidità e la normalità nel prendere un indirizzo piuttosto che un altro, un nome singolo invece di uno collettivo e come questi due aspetti si attraversino, si intreccino e si scambino con spontaneità.

La ricerca sui processi naturali, geologici, di sedimentazione e di attesa o il lavoro collettivo e condiviso, in cui si sente il rapporto con le altre persone, la dimensione artigianale e quella relazionale, orientano l’analisi verso una prospettiva che vede la forma finale solo come uno dei tanti aspetti che compongono i lavori. In quest’ottica l’attenzione si sofferma sulle passeggiate per raccogliere i diversi materiali, sulle voci che si ascoltano mentre questi vengono assemblati o sulle possibilità che si aprono, seduti sul tavolo in giardino e da cui si scorgono le montagne da un lato e il mare dall’altro.