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panorama

Cesare Viel

Chivasso 1964
Vive e lavora a Genova
Studio visit di Francesca Guerisoli
17 aprile 2024

Cesare Viel è laureato in lettere, con una tesi sull’Internazionale situazionista. Negli anni della formazione sono state per lui fondamentali figure quali la critica d’arte Marisa Dalai Emiliani e il poeta e scrittore Edoardo Sanguineti. Lo sguardo obliquo derivante dai suoi studi ne caratterizza la ricerca, intrisa di studi letterari. Sono stati pietre miliari Luciano Fabro e Giulio Paolini, così come Bruce Nauman e Gordon Matta Clark, e ancora Giuseppe Chiari ed Emilio Prini, che gli hanno fatto comprendere come la ricerca artistica passasse anche da dimensioni verbali e concettuali. La sua ricerca è contraddistinta dalla parola, che la mostra antologica al PAC di Milano Più nessuno da nessuna parte, a fine 2019, ha ben messo in evidenza.

Fin dall’inizio del suo percorso, sono costanti del lavoro di Cesare Viel la parola scritta e detta; la parola come suono, voce, frase che occupa uno spazio; l’intervento sulla parola e sulla sua realtà materiale. Impiega materiali poveri, fogli di giornale, grafite, penne a sfera, pennarelli. Quando utilizza il disegno parte da una traccia attraverso la scrittura come elemento dell’immagine. Tutto il suo lavoro intreccia pratica del disegno, performance e installazione. Esemplare è il progetto Frasi nell’aria (2022), in cui impiega striscioni con sue frasi agiti nel paesaggio da un gruppo di performer nel parco della Fondazione Pietro e Alberto Rossini, così come il suo ultimo progetto, Accendere una lampada e sparire (2024) in corso alla ArGe Kunst di Bolzano, una rivisitazione della sua celebre performance su Emily Dickinson, dove il disegno è divenuto fondamentale. Negli anni si è reso evidente anche l’intreccio che attua sulla linea del tempo: Viel riprende lavori passati e li rivisita in un divenire continuo che non immobilizza l’opera in un oggetto chiuso: «Il lavoro ti viene sempre a trovare ed è un dialogo continuo […]. Non è mai qualcosa di definitivo e ultimo, ma di ulteriore».

Nel suo lavoro, l’artista annette ciò che oggi è uno degli elementi di maggior timore per molti colleghi: l’errore. Accetta di buon grado l’imprevisto, l’improvvisazione, il fuori testo, il non a fuoco, tutto ciò che in genere si ritiene un ostacolo. Al contrario, Viel lo include. La scrittura delle sue frasi sui tappeti, ad esempio, ha un margine di imprevedibilità dato dall’intervento di tessitori esterni che ne fanno oggetti plurali. Per Viel la relazione è un metodo, oltre che un processo creativo: il coinvolgimento dell’altro nella fase produttiva, documentaria, performativa è parte della relazione su cui si fonda il suo lavoro. La mostra Condividere frasi in un campo allargato alla Galleria Milano (2022) era giocata su frasi fornite da amici, che nella trascrizione a mano passavano attraverso la sua soggettività. Proprio su questo aspetto Viel sferza una critica al nostro tempo, che impone una prestazione produttiva egoica, che mette al centro un io che spesso è fittizio perché non dichiara la radice plurale.

Oggi, l’artista sperimenta in modo sempre più stretto le intersezioni tra i linguaggi. Sta progettando azioni performative e in particolare sta progettando di lavorare ancora sulla voce, l’audio, la performance in relazione a un altro dei suoi riferimenti: lo scrittore Thomas Bernhard. Contemporaneamente, sta utilizzando la fotografia come traccia di percorsi nei boschi, fuori sentiero, combinando l’immagine con frasi manoscritte. Il post Covid ha dato vigore alla natura come risorsa, e la pratica del camminare diventa importante anche per il disegno che, insieme allo sguardo, al gesto è parte fondante anche nel progetto in corso alla ArGe Kunst.

Un punto d’attenzione della pratica di Cesare Viel è relativo al carattere non prestazionale della sua performatività. Spesso i suoi performer non sono professionisti, ma persone che si mettono in gioco nel compiere azioni ordinate e gesti come appaiono nella loro normale e quotidiana fluidità o che non sono frutto solo di acquisite tecniche professionali.

Se da un lato questo impartisce alla performance una forma spuria, non priva di consapevoli sbavature, dall’altro è proprio questo carattere anti-prestazionale che gli interessa. Nelle azioni emerge una “delicata potenza”, l’essere forti senza essere pesanti. La profondità di tematiche come la morte o il dolore viene percorsa senza stucchevolezza e retorica. Viel toglie peso (alla Calvino) senza essere superficiale. In questa dimensione dichiara l’eredità delle donne, dalle scrittrici Natalia Ginzburg e Virginia Woolf alle artiste Marisa Merz, Louise Bourgeois, Eva Hesse, Ana Mendieta, Maria Lai, nonché la Valie Export di Body Configurations.