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panorama

bn+BRINANOVARA

Giorgio Brina, Simone Novara

Milano 1993, 1994

Vivono e lavorano a Milano

Studio visit di Edoardo De Cobelli

Il giovane duo milanese si dedica alla pittura nello studio di via Flumendosa. Lo studio è luminoso e colmo di dipinti. I libri di storia dell’arte moderna sono riposti nella piccola libreria a parete, ma sono anche aperti sulle tele che coprono la maggior parte dello spazio. Il dialogo con l’arte moderna è infatti il fil rouge che guida la ricerca del duo dall’inizio della loro collaborazione. Paolo Uccello, Pontormo, Moroni, sono solo alcuni dei pittori con cui si sono confrontati negli anni, focalizzandosi spesso su singole opere, analiticamente studiate e sviscerate. La Battaglia di San Romano, oggetto di un ciclo di pitture presentate a Casa Testori, è una di queste. Non solo la maglia prospettica del pittore fiorentino è suddivisa e scomposta ma, in particolare, una sola scena viene ripresa e disarticolata nei suoi elementi costitutivi. L’opera diventa, tra le mani di Brinanovara, un vero banco di lavoro. I soggetti, prelevati dal loro contesto di appartenenza, sono protagonisti di una reinvenzione figurativa e di una narrazione formale che fa implodere la tavola di Paolo Uccello in una serie di riflessioni sulla pratica della pittura.

Il rapporto con l’iconografia moderna elabora, nella loro ricerca, il continuo conflitto creativo con il linguaggio della pittura, che risulta essere il vero oggetto della loro investigazione. Nel ciclo di Paolo Uccello il tratto viene interrotto quando l’immagine, o il gesto, ancora sospeso, inizia a mostrare la sua natura e la sua essenza come forma. Il ciclo della battaglia è, di fatto, una serie di opere incompiute, un’analisi intima e psicologica dell’atto pittorico. Nel panorama di artisti italiani che si confrontano con la tradizione pittorica, i Brinanovara si distinguono per questa capacità analitica e autoriflessiva sul linguaggio e il metodo della rappresentazione. La caparbietà nello studio di un’immagine porta alla realizzazione di estese – e lavorativamente estenuanti – serie che mettono in atto l’evoluzione della pratica pittorica stessa, fino all’esaurimento del soggetto.

Nell’ultimo anno, il duo ha affrontato la celebre tavola della Deposizione di Pontormo in una serie che supera ormai le trenta tele. In quest’ultimo ciclo, la gestualità è più libera e meno studiata. Del dipinto originale rimangono solo tracce, immerse in uno sfondo astratto. Dall’immagine di partenza, il processo pittorico ha scomposto le figure in dipinti profondamente anti-iconografici e antistorici. I riferimenti pittorici sembrano quasi, in questo caso, i sintomi lacaniani di un inconscio involontario, che emerge nell’atto quotidiano del dipingere. Piedi, mani e volti deformati, si intravedono su uno sfondo convulso, che sembra aver travolto e vomitato la storia dell’arte, come nel tentativo di digerire la cultura visiva occidentale.

La produzione più recente ha intrapreso un percorso senz’altro meno manierista rispetto agli inizi, manifestando una reazione antifigurativa. Da una parte, questo pare essere la naturale evoluzione del principio di scomposizione e disarticolazione di un soggetto, che arriva fino alla sua esplosione formale, avvicinandosi a un espressionismo di matrice astratta. Dall’altra, la libertà creativa delle tele sembra testimoniare quasi una stanchezza nei confronti della figurazione, sia essa dovuta alla forma, sia per l’attenzione e la difficoltà che la tecnica, a lungo andare, richiede.

Certamente la ricerca di Brinanovara, duo di artisti peraltro molto giovani, è estremamente coerente e, allo stesso tempo, sperimentale, in un ambito in cui tutto sembra già tentato. La tecnica del carteggio, applicato a una sovrapposizione di strati pittorici gradualmente svelati, è solo uno degli esempi che si possono fare a proposito della loro capacità tecnica e pittorica innovativa.